Chapter 35 - Minacce

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Dopo qualche minuto che Carl se ne fu andato dalla stanza per lasciarmi riposare, fece il suo ingresso Enid, che prese una sedia da un angolo della stanza e la sistemò vicino al letto dov'ero distesa, sedendocisi successivamente sopra. Mi rimisi a sedere a gambe incrociate, sbarrando gli occhi e rimanendo a guardarla stupita: che cosa voleva? Perché era venuta da me?
"E quindi eccola qui, la famosa Gwendolyn Stone, paladina della giustizia come lavoro e ruba vite nel tempo libero." Fu lei la prima a spezzare il silenzio che si era creato tra noi, colmato solamente dalla tensione e le scintille che esplodevano come un filo invisibile.
"Come scusa?" Riuscii solo a dire, sentendomi stranamente la gola arida all'improvviso, per questo vi portai una mano sopra, strofinandola un po'.
"Hai sentito bene che cosa ho detto, soprattutto la seconda parte." Si limitò a rispondermi, poggiandosi in avanti sulle ginocchia e guardandomi con sguardo minaccioso e ferito; deglutii, preparandomi a sentire il suo sfogo. "Sei arrivata in questa comunità da neanche una settimana, e già ti acclamano come un'eroina: hai salvato me e Aaron da Ocean Side e sei entrata e fuggita dal covo dei Salvatori due volte, ma questo non fa di te qualcuno di importante, tantomeno ti dà il diritto di fare ciò che hai fatto." Le vedevo le lacrime agli occhi, sarebbe scoppiata di sicuro a piangere a momenti. "Mi hai portato via Maggie, che era come una madre per me, e adesso non fa altro che preoccuparsi per te: "Chissà come starà adesso Gwen", oppure "Speriamo non le stia accadendo nulla". Non ha fatto altro che sentirla parlare delle sue preoccupazioni per te mentre eri in mano ai Salvatori, mentre io stavo soffrendo a causa della rottura con Carl. E a proposito di lui..." Mi rivolse un sorriso strano, a metà tra il divertito e l'addolorato, come se sperasse che questo fosse solo un sogno da cui voleva svegliarsi al più presto. "Lo sapevi che mi ha lasciato? Ovvio che te l'avrà detto, hai le labbra gonfie e rosse." Mi toccai d'istinto le labbra, mentre lei scoppiava in una piccola risata isterica. "Io lo amo, è tutta la mia vita, non faccio altro che pensare a lui da quando ci siamo messi insieme, e adesso tu me l'hai portato via!" Le ultime parole si erano alzate di volume mentre si era slanciata dalla sedia verso di me, finendomi sopra e bloccandomi le braccia ai lati della testa, mentre con le gambe teneva fermo il resto. "Mi hai portato via tutto ciò che io consideravo casa, strappandomi e lacerandomi il cuore quando hai preso anche l'ultima parte che mi dava ancora un motivo per vivere: l'unica persona che amassi veramente con tutto il mio cuore e la mia anima. Tu mi hai rovinato la 'vita', se così si può chiamare, e io ora farò altrettanto con la tua." Se fosse venuta da me in quello stato -completamente in crisi, disperata, con le lacrime che le rigavano il viso come un fiume in piena-, avrei fatto di tutto per aiutarla, consolarla e cercare di mettere le cose un po' a posto, ad esempio parlando con Maggie e Carl; ma in quel momento non era solo venuta a parlarmi, ma bensì minacciarmi, bloccando ogni mio gesto in modo che non potessi difendermi o muovermi in alcun modo. Tentai di sottrarmi alla sua stretta, cominciavo a perdere sensibilità ai polsi da quanto stava stringendo forte, ma non riuscii in nessuna maniera a liberarmi.
"Le persone sono libere di scegliere, io non ti ho rubato proprio niente." Ribattei finalmente alle sue parole, trovando la forza di farlo dopo aver ascoltato con attenzione ciò che aveva da dire. "La vita te la stai rovinando tu ora, perché a tutto si può sempre rimediare." Tentai di farla ragionare, ma non serviva a niente; infatti scoppiò in una risata divertita, scuotendo poi la testa.
"La mia vita era già finita nel cesso, Maggie e Carl stavano solo impedendo che io potessi premere lo sciacquone per farla definitivamente finita; ma quando tu hai eliminato quella garanzia, tutto è finito giù, risucchiato dal buco nero della solitudine." Si avvicinò al mio orecchio, sussurrandomi: "E adesso tu proverai ciò che sto provando io. Occhio per occhio, dente per dente."
All'improvviso, tutto d'un colpo, Enid si staccò da me, mentre io avvertivo un urlo strozzato e sorpreso provenire dalla sua direzione; quando mi alzai a sedere, vicino al mio letto, vidi Daryl che stava tenendo ferma Enid da sotto le braccia. Posai per un attimo lo sguardo sui miei polsi, afferrandomene uno con l'altra mano: c'erano dei segni rossi che li circondavano, come dei braccialetti. Carl si precipitò vicino a me, posandomi le mani sulle braccia e cercando il mio sguardo, chiedendomi se stessi bene; a quanto pare, aveva sentito le urla frustate e arrabbiate di Enid, quindi aveva cercato qualcuno perché lo aiutasse. Mi abbracciò, dicendomi che era sollevato che io stessi bene; ma io non prestavo attenzione a lui, ma a Enid mentre veniva portata via da Daryl, che mi osservava con sguardo minaccioso e assassino.
"Non credevo potesse arrivare a questo; forse non la conoscevo come credevo." Disse Carl, staccandosi da me, afferrandomi i polsi e massaggiandoli un po'; il rossore era molto evidente, si potevano perfettamente distinguere dita e i punti in cui avevano aderito alla mia pelle.
"È una ragazza distrutta dal dolore, sta reagendo nel peggiore dei modi, ma nessuno dovrebbe condannarla per questo." Dissi, sorprendendomi di me stessa: davvero la stavo proteggendo? Dopo che mi aveva minacciato di smontarmi e distruggermi, volevo davvero difenderla?
"Forse hai ragione, ma non aveva nessun motivo di farti del male." Tentò di tranquillizzarmi, asciugandomi una lascrima sul viso e lasciando la mano sulla guancia; avevo cominciato a piangere? Non me n'ero neanche resa conto.
"Ha detto che è per colpa mia se sta soffrendo, che le ho portato via tutto." Ammisi, sentendo un groppo in gola quando ripensai alle parole di Enid. "Un motivo per farmi del male ce l'ha, anzi, anche più di uno."
"Non è un buon motivo per farti del male lo stesso." Ribattè Carl, buttandosi sul letto e facendomi segno di andargli vicino; io mi accoccolai al suo fianco, mentre lui faceva passare una mano sotto la mia testa, come un cuscino. "Vedrai che tutto questo, tra un po' di giorni, sarà solo un brutto ricordo." Tentò di calmarmi, stringendomi forte a sè.
"Speriamo." Dissi, affondando il viso nel petto di lui e afferrando la sua camicia, sentendomi al sicuro.

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