No luck
“Harry? Harry?”
Harry era seduto sul divano del suo appartamento, e alzò la testa di scatto per incontrare lo sguardo di Zayn, che era a qualche metro da lui, vicino alla cucina.
“Amico,” disse Zayn guardandolo con un’espressione che diceva ‘che cavolo di problema hai’.
Harry si scosse, schiarendosi la gola. “Scusa, stavo pensando, che c’è?”
“Oggi dobbiamo pagare l’affitto,” disse Zayn, frugando nel frigorifero e poi aprendo un cartone di succo all’arancia.
“Merda,” sussurrò Harry, serrando i denti.
“Cosa?” chiese Zayn prima di bere il succo rimanente in un unico sorso. “Merda, non dirmi che non hai la tua parte dell’affitto….”
“Cazzo, Zayn, mi dispiace, io––”
Zayn gettò il cartone nell’immondizia prima di passarsi una mano sul viso. “Andiamo, Harry, fai sul serio? Hai lavorato ogni fottutissima notte nelle ultime due settimane, mi stai davvero dicendo che non hai niente da mettere per l’affitto?”
Harry balbettò, cercando qualcosa da dire a Zayn, qualsiasi cosa. “Li—li ho spesi tutti con Lou, quando—quando sono venute le sue sorelle.”
“Stronzate, è passata più di una settimana, e so che hai lavorato senza fermarti, più del solito, perché Niall è venuto qui ogni sera che tu non c’eri. Che cazzo stai facendo, Harry?”
“N-niente, è solo che, cazzo, non ti servono nemmeno i miei soldi. Puoi pagare tutto l’affitto di questo buco con il tuo stipendio da pornostar!” sbottò Harry, frustrato.
Zayn incrociò le braccia. “Non è questo il punto. Non me ne frega un cazzo dei soldi. Quello che voglio sapere è cosa ti sta succedendo.”
Harry si alzò, rivolgendogli un’occhiata fredda, “Non mi sta succedendo niente, ok? Sto lavorando di più perchè voglio farlo. Mi piace il sesso, ricordi? Sono una puttana, ricordi?”
“Harry––”
“Gesù, lasciami in pace!” disse Harry uscendo dalla porta d’ingresso, lasciandola aperta dopo essersene andato.
Harry si infilò le mani in tasca e cominciò a scendere per le tre rampe di scale che portavano al piano terra.
“Harry!”
“Hey, Cher,” la salutò Harry velocemente, passandole accanto sulle scale.
“No, torna qui, ti devo parlare!”
Harry sospirò, girandosi e tornando sullo scalino dov’era Cher. “Che c’è?” chiese stancamente, cercando disperatamente di mantenere un tono calmo.
“Dani vuole dare una festa domani sera, mi ha detto di invitare te e Zayn, e ovviamente anche Niall e Louis, comunque sarà divertente, sono tutti invitati, e sembra che a te possa far comodo divertirti un po’,” Cher allungò le braccia e premette le dita sugli angoli della bocca di Harry. “Sorridi, Harry. Sei bello quando sorridi,” disse alzando le dita e portando la bocca di Harry a distendersi in un sorriso.
Harry si trovò a ridacchiare e sorridere per Cher. Gli occhi le si illuminarono e sorrise anche lei. “Quindi verrai?”
Harry annuì. “Certo, vado a dirlo subito a Louis.”
Cher batté le mani. “Splendido!” disse felice, prima di scomparire per le scale, canticchiando.
Harry continuò a scendere le scale e poi uscì dal portone. Fuori faceva caldo e il sole era accecante. Harry cominciò a camminare velocemente nel caldo afoso, ansioso di arrivare da Louis.
Harry non avrebbe voluto prendersela con Zayn, ma stava diventando troppo, e tutte le sue domande lo aveva innervosito. Oltrepassato un certo limite, le bugie e i segreti diventavano troppi anche per lui. Se qualcuno poteva arrivare a capire cosa stava davvero succedendo, quello era Zayn, e il fatto che avesse già dei sospetti lo spaventava a morte.
Quando arrivò da Louis si ricompose, sorridendo raggiante mentre infilava la chiave nella toppa.
Harry era ancora riluttante a usare la chiave, anche se Louis gliel’aveva data più di una settimana prima, subito dopo che le ragazze erano tornate a casa. Louis aveva insistito perchè Harry la usasse sempre, e si era pentito di non avergliela data prima. Harry avrebbe ricambiato il gesto, se non fosse che le chiavi erano inutili a Lego House. Il portone era quasi sempre aperto, e se non lo era c’era sempre qualcuno pronto a far entrare le persone.
E così Harry si ritrovò a infilare la chiave dell’appartamento di Louis nella toppa, per la seconda volta da quando l’aveva ricevuta, girandola lentamente e aprendo la porta d’ingresso.
Dentro c’era la TV accesa, col volume al massimo, e Louis e Liam erano seduti sul divano, e stavano ridendo per qualsiasi cosa ci fosse sullo schermo. Nessuno dei due sentì Harry entrare e finchè Harry non si avvicinò al divano, non si accorsero della sua presenza.
“Harry!” esclamò Louis, saltando giù dal divano e abbracciandolo stretto, rubandogli un bacio veloce.
Harry sorrise al saluto caloroso, sentendo ondate di felicità invadergli il corpo. Erano piccoli piaceri di cui Harry faceva tesoro, in quei giorni.
“Hey,” disse piano separandosi da Louis, anche se le braccia dell’altro rimasero intorno alla sua vita.
“Che si dice?” disse Louis, guidando entrambi verso il divano, continuando ad abbracciarlo.
Harry scrollò le spalle, “Niente di che, volevo solo vederti.” Harry deglutì e, quando si sedettero sul divano, appoggiò la testa sulla spalla di Louis. Si strinse inconsciamente ancora di più al suo fianco, confortato dal suo calore.
Louis gli sorrise e appoggiò il mento sulla sua testa. “Beh, sono felice che tu sia qui.”
“Volete che me ne vada…?” chiese Liam, imbarazzato, dall’altro lato del divano.
“Oh no, non devi––” iniziò Harry.
“Sì,” lo interruppe Louis.
Liam roteò gli occhi e Harry schiaffeggiò giocosamente il petto di Louis, ridacchiando.
Liam non si fece pregare, e se ne andò dopo qualche minuto.
“Ora sei tutto mio,” sussurrò Louis, seducente, catturando le labbra di Harry.
Louis stava per approfondire il bacio quando Harry si allontanò, ricordando uno dei motivi per cui era andato da lui. Louis protestò con un gemito ma Harry lo zittì premendo l’indice sulle sue labbra. “Mi sono appena ricordato, Dani ci ha invitato a cena domani sera, per una delle sue feste, vieni?”
Louis sorrise e annuì velocemente, baciandolo di nuovo. “Certo.” E poi ripresero da dove si erano interrotti, e dopo un po’ si ritrovarono stesi sul pavimento del soggiorno, nudi e ansimanti.
Harry si raggomitolò contro il fianco di Louis, l’unico posto al mondo in cui si sentiva completamente al sicuro.
***
Il giorno dopo passò veloce, prima che potessero rendersene conto era arrivata la sera, e la coppia si ritrovò a varcare la soglia dell’appartamento Peazer-Calder e ad unirsi ai loro amici che erano già lì. Danielle era occupata in cucina, e Liam era accanto a lei, aiutandola a preparare la cena. Lei gridò un saluto ai nuovi arrivati, sporgendosi dal bancone della cucina.
Louis e Harry lasciarono la mano l’uno dell’altro, e Louis si avvicinò alla porta della cucina, sporgendo la testa all’interno della stanza. “Ti dispiace passarmi qualcosa da bere?” disse a Liam, indicando il frigorifero con le testa.
Liam roteò gli occhi e si allontanò da Danielle, avvicinandosi al frigo. Si chinò, frugando all’interno per un po’, prima di riemergere con due bottiglie d’acqua.
“Acqua, fai sul serio?” chiese Louis, alzando un sopracciglio.
Liam fece scivolare le bottiglie sul bancone, passandole a Louis con un sospiro. “Tu non puoi bere,” gli ricordò. “Se Harry vuole qualcosa di alcolico saròfelice di darglielo.”
Louis roteò gli occhi ma prese le bottiglie, stappandone una e facendo un sorso, e avvicinandosi a Harry per dargli l’altra. “Tieni,” disse piano, rannicchiandosi al fianco di Harry, sedendosi sul divano accanto a lui. “Se vuoi qualcos’altro devi andare a chiederlo a Liam perchè il coglione non si fida di me con l’alcol,” ghignò Louis, scuotendo la testa.
Harry ridacchiò e fece un sorso dalla sua bottiglia. “No, non ti preoccupare, sto bene così.”
I due si sistemarono sul divano, ascoltando la conversazione tra Josh, Sandy, e Matt, quando la porta d’ingresso si aprì di colpo, e una serie di fischi e di urla risuonarono nell’appartamento. Tutti si girarono verso la porta, dalla quale stavano entrando Zayn e Niall, abbracciati e trasportando una serie di alcolici.
“Sono arrivati i Ziall!” esclamarono in coro, e tutti alzarono gli occhi al cielo.
“La smettete di chiamarvi in quel modo?” grugnì Eleanor dalla poltrona su cui era rannicchiata. “E’ ridicolo.”
Zayn le fece una smorfia, arricciando il naso e mostrandole la lingua, prendendola in giro. “Oh, sta’ zitta, El, smettila di fare la guastafeste.”
Louis si morse il libro per soffocare una risata, mentre Eleanor distolse lo sguardo, innervosita. Harry guardò velocemente Louis, anche lui cercando di trattenere un sorriso. “Qualcuno dovrebbe portarle un po’ di caffè,” sussurrò Harry sarcastico, e questo bastò a spingere Louis oltre il limite, ed entrambi scoppiarono a ridere.
Gli altri non fecero molto caso ai due ragazzi, tornando alle loro conversazioni, e Niall e Zayn attraversarono la stanza e si diressero in cucina, passando le bevande a Liam. Quando Louis e Harry smisero di ridere, si unirono alla conversazione del gruppo, e tutti continuarono a chiacchierare finché non fu pronta la cena.
Harry cercò di rimanere nel presente, cercò di concentrarsi sulla conversazione, cercò di non pensare troppo. Ma a quel punto Sandy e Josh stavano parlando tra loro, e stavano nascendo altre conversazioni isolate, Zayn stava parlando con Matt, Cher con Rebecca e Eleanor, e Niall si era girato a parlare con Louis. Stavano tutti parlando, e lui rimase seduto lì, ad ascoltare senza ascoltare davvero. Mormorava risposte senza nemmeno aver sentito la domanda, chiudendosi lentamente in se stesso, nella sua testa. Strinse la presa sulla bottiglia d’acqua, e chiuse gli occhi per una frazione di secondo, facendo un respiro profondo, cercando di calmarsi.
Era vagamente consapevole della voglia pizzicante che gli stava attraversando il braccio, e stava salendo su, scavandogli la pelle e insinuandosi nelle vene, e arrivando dritta al cuore, diffondendosi come un veleno. Batté rapidamente le palpebre, respirando velocemente, supplicando nella sua testa,non ora, ti prego non ora, non farmi questo ora.
Quello che era successo la settimana scorsa si era ripetuto due volte, entrambe dopo serate particolarmente orribili con Steven. Harry faceva del suo meglio per non pensare a quelle cose durante il giorno, quando era con i suoi amici o con Louis, ma ora la sua testa lo stava tradendo, arrendendosi ai pensieri che lui cercava così disperatamente di soffocare. Era pericolosamente vicino a scoppiare in quel momento, mentre tutti quei pensieri orribili attraversavano la barriera che lui aveva innalzato nella sua testa, quando Liam e Danielle richiesero la loro attenzione, arrivando in salotto con vassoi di antipasti. Harry alzò la testa di scatto, deglutendo, grato per la distrazione, e Danielle disse loro di cominciare a mangiare.
“I piatti sono sul bancone, le bibite in frigo, sentitevi liberi di prendere qualsiasi cosa, conoscete le regole,” disse Danielle agitando una mano e sedendosi su una delle poltrone con Liam.
Harry si alzò velocemente, “Prendo i piatti,” mormorò a Louis, prima di dirigersi verso la cucina. Niall lo seguì con Cher, Rebecca, e Josh, e tutti presero piatti extra per quelli che erano rimasti in salotto. Harry rimase dietro, prendendosi il suo tempo, rovistando nel frigorifero in cerca di un’altra bottiglia d’acqua finchè non furono tutti tornati in soggiorno. Una volta solo, fece un sospiro profondo, appoggiandosi al bancone, stringendo il bordo al punto che sue nocche divennero bianche, chiudendo gli occhi. Una serie di ricordi oltrepassarono il suo blocco mentale, ricordi che non erano nemmeno più freschi, ricordi che erano di molti anni prima, ricordi a cui Harry non avrebbe dovuto pensare. Immagini di un Harry molto più piccolo risalirono in superfice, attraversandogli il corpo, scuotendolo. Un Harry più piccolo, con una vita completamente diversa da quella che aveva ora, ma comunque familiare. Un Harry più piccolo, privato del suo valore. Un Harry più piccolo, che non aveva mai avuto una possibilità.
Si morse il labbro tremante, aprendo lentamente gli occhi e scacciando le lacrime.
“Hazza.”
Harry sussultò, e due braccia gli avvolsero la vita da dietro. Esalò un respiro tremante, chiudendo gli occhi per un attimo prima di girare la testa di lato per guardare Louis.
“Stai bene?” chiese Louis dolcemente, appoggiando la testa nella curva del collo di Harry.
Harry deglutì prima di annuire. “Sì,” disse con un po’ di tremore nella voce.
“Sei sicuro?” insistette Louis, non convinto.
Harry si trasformò subito, mentre il suo cervello ripeteva: impegnati di più, non ti crede.
Harry si sforzò di distendere le labbra in un sorriso, cercando di farlo sembrare spontaneo, nonostante lo sforzo che aveva dovuto fare per compiere un gesto così semplice. “Davvero,” disse piano, girandosi completamente tra le braccia di Louis e rubandogli un bacio, sugellando la bugia.
Louis si allontanò un po’, soddisfatto, accettando le parole di Harry senza fare altre domande. Intrecciò le loro dita e tirò gentilmente la mano di Harry. “Andiamo, Dani ha cucinato roba buonissima! Anche se sono sicuro che niente supera i tuoi piatti,” aggiunse Louis con un occhiolino.
Harry si perse per un attimo negli occhi di Louis, mentre il sorriso contagioso di Louis lo induceva a sorridere a sua volta. Mentre Louis lo guidava nuovamente in salotto, lui si rese conto del sorriso che gli aveva disteso le labbra. Amava il fatto che Louis riuscisse ancora a farlo, riuscisse ancora a scacciare alcuni dei pensieri peggiori dalla sua mente. Louis era la sua luce, contro l’oscurità del resto della sua vita.
***
La cena continuò tranquillamente. Tutti chiacchieravano e ridevano, Zayn e Niall si imboccarono a vicenda col dessert, Liam si ubriacò un po’ e cominciò a baciare il collo di Danielle, e Josh e Sandy si ubriacarono molto e misero su uno spettacolo di strip tease per gli altri. La serata era divertente e spensierata, e i pensieri che avevano assalito Harry furono dimenticati, mentre lui e Louis lanciavano soldi a Josh e Sandy.
“Andiamo, fateci vedere cosa sapete fare!” gridò Harry, e Louis saltò sul divano insieme a loro.
“Harry, credi che anch’io potrei essere uno spogliarellista?” scherzo Louis, mettendosi una mano dietro la testa, mettendosi in posa.
Harry si coprì la bocca col dorso della mano, chiudendo gli occhi e scoppiando a ridere.
“Facci vedere cosa sai fare, Tomlinson!” gridò Zayn, staccandosi dalle labbra di Niall.
“Ha bisogno di un nome!” esclamò Danielle.
“Lou Lussurioso,” suggerì Niall.
Harry ridacchiò e scosse la testa. “Nah. Gli si addice più Tommo il Tentatore,” rispose, catturando lo sguardo di Louis e sorridendogli.
“Ooohoohoo!” esclamarono in coro Josh e Sandy. “Tommo il Tentatore. Sei un tentatore, eh?”
Louis arrossì, ma scoppiò a ridere. “Suppongo di sì,” disse scrollando le spalle.
Danielle si alzò da dov’era seduta in braccio a Liam e si diresse verso lo stereo dall’altro lato della stanza. Mise della musica da discoteca, prima di avvicinarsi ballando ai tre ragazzi in piedi al centro della stanza. “Volete farci vedere di cosa siete capaci, o no?”
Josh e Sandy si diedero il cinque e cominciarono a muovere i loro fianchi insieme, togliendosi lentamente le magliette a vicenda. Louis spalancò gli occhi e sussultò, rivolgendo lo sguardo verso Harry, in cerca di aiuto. Harry gli scoccò solo un’occhiata divertita e scosse la testa, spingendolo a continuare.
“Gesù,” sospirò Louis, chiudendo gli occhi e togliendosi la maglietta.
Era passato molto tempo dall’ultima volta che aveva ballato in una discoteca. Erano passati mesi dall’ultima volta che era stato in un locale, e allora era sempre ubriaco o fatto, quelle sostanze gli davano sicurezza. Ma ora era lì, in un piccolo salotto, circondato dai suoi nuovi amici, e stava ballando senza maglietta a ritmo di una canzone da discoteca…sobrio. Si lasciò sfuggire una piccola risata al pensiero. Non avrebbe mai immaginato di trovarsi in una situazione del genere. Quando aprì gli occhi, incontrò quelli di Harry. Harry era seduto sul divano, e lo guardava con occhi scuri, e con un piccolo sorriso soddisfatto sulle labbra. La musica si fece più forte, e tutti si alzarono, cominciando a ballare. Tutti tranne Harry.
Harry non si mosse dal divano, chiamando Louis con gli occhi. Vieni a prendermi. Come una calamita, Louis avanzò verso di lui, avvicinandosi sempre di più finchè Harry non lo prese, appoggiando le mani sui suoi fianchi e tirandolo a sé.
Louis si abbassò e catturò le labbra di Harry, prendendo una delle mani che gli stringevano la vita. Louis intrecciò le sue dita con quelle di Harry, e poi tirò un po’ la sua mano, facendolo alzare. Quando si separarono, le braccia di Harry avvolsero la vita di Louis, e loro cominciarono a muoversi insieme, con le fronti che si toccavano e lo sguardo perso l’uno negli occhi dell’altro.
Dall’altra parte della stanza, Danielle stava mostrando le sue doti di ballerina esotica su Liam, Josh e Sandy stavano praticamente facendo sesso vestiti, e Niall e Zayn stavano riproducendo uno dei numeri di danza di Grease. Cher stava volteggiando per la stanza insieme a Rebecca, e Eleanor stava ballando con Matt…o meglio, stava ballando intorno a Matt.
Ma Louis e Harry non si accorsero di niente, i loro occhi erano intensamente fissi l’uno sull’altro, quasi come se le loro vite dipendessero da quello, come se se avessero distolto lo sguardo sarebbero morti entrambi.
Ma in un certo senso era così, almeno per Harry. Mentre ballavano, lo sguardo di Harry rimase fisso su quello di Louis, i loro respiri divennero sincronizzati, i loro corpi si muovevano come uno solo. La presa di Harry sulla vita di Louis si strinse, e le sue dita si avvolsero attorno al bordo dei suoi pantaloni. Era uno di quei momenti, uno di quei momenti in cui il mondo smette di girare, e Harry si rese davvero conto di quanto il ragazzo dagli occhi azzurri significasse per lui.
Non avrebbe mai potuto dirglielo. Non avrebbe mai potuto dire quelle parole. Ma glielo disse con gli occhi. Gli indirizzò quelle semplici parole che non riusciva a formulare, verde a blu, blu a verde, comunicavano attraverso gli sguardi, rabbrividendo entrambi sentendo ogni sentimento, ogni emozione, attraversare i loro copri.
Era un momento perfetto.
Ma il mondo prima o poi ricomincia a girare.
E il momento finì quando la dura realtà della sua vita colpì Harry. Bastò solo una semplice vibrazione nella sua tasca. Ma la sensazione lo colpì come un fulmine, lo fece sussultare, distogliendo velocemente lo sguardo da Louis, e fu quasi doloroso, ma non aveva più tempo per prolungare quel momento. Quel momento era già volato via, era scivolato dalle loro mani, lasciandoli per sempre, mentre Harry infilava una mano nella sua tasca.
Louis lasciò le sue mani sui fianchi di Harry, guardandolo frugare freneticamente nelle tasche dei suoi pantaloni. Quando finalmente Harry trovò il suo cellulare, lo aprì velocemente, portandolo all’orecchio destro e coprendo il sinistro con l’altra mano, bloccando la musica. “Pronto?” sussurrò velocemente, tirandosi via dalla stretta di Louis e dirigendosi verso la porta. Louis rimase lì, e il resto dei loro amici non vide Harry uscire dalla porta e fermarsi nel corridoio del palazzo.
Dall’altro lato della porta, Harry era fermo nell’androne del quarto piano, con la schiena appoggiata al muro, mentre una voce velenosa dall’altro lato del telefono gli dava ordini.
Incontriamoci ora. Al Babylon. Non farmi aspettare. Porta i soldi.
Le parole riecheggiarono nella mente di Harry e sembrarono passare secoli prima che riuscisse a rispondere. Harry non voleva andarsene. Non voleva lasciare la festa. Si stava divertendo. Era addirittura felice. Ma soprattutto, non voleva lasciare Louis. Non in quel momento, non quella sera. Non se lasentiva di andare da Ralph. Non se la sentiva di essere colpito, preso a calci e molestato. Non se la sentiva di sentirsi dire che era una persona inutile. Non se la sentiva di tornare a casa tardi e incidersi la pelle per cancellare il ricordo dalla sua mente. Harry era stanco. Harry voleva dire no a Ralph. Ma sapeva che non era una sua scelta. Sapeva che non c’era scelta. E così gli disse che sarebbe stato lì in dieci minuti.
Harry rientrò silenziosamente nell’appartamento, dove tutti stavano continuando a ballare, tranne Louis. Louis attraversò velocemente la stanza quando lo vide, raggiungendolo sulla porta.
“Hey, che succede?” disse Louis piano, ma Harry riusciva a sentire la preoccupazione nella sua voce.
Continuava a preoccuparsi per lui, non importava quanto Harry cercasse di evitarlo. Harry sospirò, preparandosi ad un’altra bugia. “Devo andare,” disse, e fu quasi sorpreso da quanto la sua voce risuonasse bassa.
“Cosa?” chiese Louis, allontanandosi un po’. “Ma…la festa….” Balbettò, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
Louis si stava sforzando di mantenere un’espressione neutrale, ma Harry riusciva a vedere la delusione. Louis non era mai stato bravo a nascondere i suoi sentimenti. “Mi dispiace,” sussurrò Harry, e si lasciò quasi sfuggire un singhiozzo, prima di ricomporsi velocemente. Non poteva piangere. Non poteva crollare davanti a Louis. Doveva rimanere composto. E doveva dare a Louis una motivazione. Una buona. Si morse il labbro, sapendo che quello che avrebbe detto avrebbe ferito Louis, ma doveva farlo. “Avevo dimenticato di avere un appuntamento con Steven. È un po’ arrabbiato con me ora, ma devo andare.”
Gli occhi di Louis si riempirono subito di panico, e lui allungò velocemente un braccio, stringendolo attorno al polso di Harry. “No!” gridò. “Ti prego, ti prego non andare da lui!” La sua voce disperata frantumò il cuore di Harry, facendolo sentire in colpa, perchè era lui ad aver causato la disperazione di Louis.
Lo sguardo di Harry si addolcì, “Devo andare per forza,” gracchiò, soffocando un singhiozzo.
“No, non è vero,” ripeté Louis, scuotendo la testa. “Non devi più farlo, ti prego!”
La voce di Louis si stava alzando sempre di più, e Harry guardò gli altri, nemmeno la musica era in grado di coprirli del tutto e Danielle li stava guardando dall’altro lato della stanza. Harry fece un passo indietro, allungando una mano dietro di sé e girando la maniglia della porta.
“Devo andare,” disse Harry di nuovo, aprendo la porta ed uscendo, con Louis ancora aggrappato al suo braccio.
“No,” gemette Louis mentre la porta si chiudeva dietro di loro. “Ti farà del male.”
Harry esalò un respiro veloce, mentre i suoi occhi cominciavano ad inumidirsi. “Starò bene,” disse piano. “Promesso.”
“Non devi andare,” ripeté Louis, con gli occhi bassi, ma lasciò la presa sul braccio di Harry, e con un enorme sforzo Harry gli diede velocemente le spalle e si affrettò a percorrere il resto del corridoio fino alle scale.
Louis rimase lì per un minuto prima di decidere di seguire Harry. Cosa lo spinse a farlo, non lo sapeva. Ma un minuto prima era in piedi nell’androne, con la testa bassa mentre le sue lacrime cadevano sul pavimento, e quello dopo stava scendendo veloce le quattro rampe di scale ed era fuori dalla porta.
Harry non era molto più avanti, Louis poteva vederlo camminare velocemente sul marciapiede, con le mani infilate nelle tasche. Louis lo seguì a distanza, nel caso Harry si girasse. Ma non lo fece. Continuò a muoversi, senza mai voltarsi indietro. Quando Louis lo vide girare in un vicolo familiare, realizzò dove stava andando. Babylon.
Louis aspettò qualche istante prima di seguirlo nel vicolo. Fu subito colpito da uno strano senso di déjà-vu. C’era una macchina ferma alla fine del vicolo, come la sera in cui Louis e Harry si erano incontrati. I lampioni illuminavano l’inizio del vicolo, e Louis pensò a come quelle luci avevano avvolto Harry quella sera, facendolo quasi sembrare un angelo. Ma ora non c’era nessuno spacciatore nel vicolo. Nessun ragazzo picchiato a sangue. Non c’era niente che potesse fermare Harry. E così Harry si avvicinò alla macchina.
Ma poi il momento di déjà-vu si interruppe, quando Louis notò la macchina. Era una macchina. Nera, con i vetri scuri. Louis ricordava che Steven aveva una sottospecie di furgoncino. Ovviamente avrebbe potuto avere due macchine ma––qualcosa sembrava fuori posto. E poi uscì un uomo, e Louis era sicuro che quello non fosse Steven. Da quello che aveva sentito su di lui, Steven era un uomo sulla trentina, alto, muscoloso, con i capelli bruni e corti. Ma l’uomo che uscì dalla macchina non era affatto così. Era vecchio, forse sulla cinquantina, con i capelli ingrigiti, e un corpo fuori forma. Iniziò a parlare con Harry, e i due scomparirono dalla sua vista per qualche secondo. Quando tornarono, Harry avevano una mano premuta contro la guancia e stava entrando in macchina, silenzioso. Louis pensò per un attimo di tornare a Lego House, prendere la macchina di Liam o quella di Zayn e seguirli, ma sapeva che loro sarebbero stati troppo lontani a quel punto. E quindi rimase lì, e guardo impotente mentre l’uomo avviava l’auto, prima di allontanarsi.
Louis rimase lì per un momento, stordito da quello che aveva visto, e poi il mondo ricominciò a girare, e i sentimenti lo assalirono, mischiandosi tra loro. Una parte di lui era turbata perchè quell’uomo aveva ferito Harry. Un’altra parte di lui era sconvolta al pensiero che lo avrebbe ferito ancora. Poi c’era una sensazione che non gli piaceva, il pensiero che Harry gli aveva mentito, e che lo aveva fatto senza difficoltà. E questo gli fece pensare, quante altre bugie Harry poteva avergli detto, senza che lui lo sapesse? E poi qualcos’altro si mosse nel suo stomaco, qualcosa che non gli piaceva affatto, ma era un mostro che cresceva sempre di più, divorando logica e ragione…era la gelosia.
Non avrebbe dovuto essere geloso, ma all’improvviso lo era. Non era mai stato geloso prima, aveva sempre accettato il fatto che Harry andasse a letto con altri uomini, che loro non significassero niente per lui. Ma improvvisamente si sentiva geloso di ogni uomo che fosse mai andato a letto con Harry. Geloso che loro potessero marchiarlo con le loro labbra, geloso che quando Harry non era con lui, era con loro. Louis avrebbe dovuto impedirsi di pensare in quel modo, avrebbe dovuto fermare il mostro prima che arrivasse al suo cervello, ma non ci riusciva. Una parte di lui sapeva che era stupido, una parte di lui sapeva che a Harry non piacevano davvero, una parte di lui sapeva di significare ancora qualcosa per Harry. Ma il mostro ignorava quei pensieri. Il mostro aveva catturato il suo cervello e stava rivoltando e distruggendo tutto.
Senza rendersene conto, Louis si trovò di nuovo al quarto piano di Lego House, fuori all’appartamento di Danielle. Era ferito, arrabbiato, e confuso. Non voleva più sentirsi così, voleva solo annegare tutte quelle sensazioni, stordirsi, solo un po’.
Lentamente, Louis girò la maniglia e rientrò nell’appartamento. La musica si era fermata molto tempo prima, ed erano tutti seduti davanti alla tv, chiacchierando tra loro. Alzarono tutti lo sguardo quando la porta si chiuse dietro Louis, ma lui non ci fece molto caso, la sua mente era lontana anni luce.
“Dov’è Harry?” chiese Danielle, e la sua voce interruppe i pensieri di Louis.
“Se n’è andato,” rispose Louis con voce cupa. “Aveva un appuntamento,” aggiunse avvicinandosi al divano.
Danielle batté le palpebre, prima di annuire lentamente. “Oh…ok….”
Louis diresse lo sguardo verso la televisione, fingendo di concentrarsi, mentre tutti gli altri riprendevano le loro conversazioni. Danielle scoccò a Louis un’altra occhiata, attraversata da un lampo di preoccupazione, prima di voltarsi di nuovo verso la TV.
Accanto a Louis, Liam e Zayn stavano chiacchierando, e Niall era appoggiato alla spalla di Zayn. Louis stava ascoltando la conversazione solo per metà, ma sembrava che Liam stesse parlando del Paradise, il locale in cui lavorava.
“Perchè dovrebbero venderlo? Quel posto ha un’ottima posizione, e fa sempre buoni affari!” esclamò Zayn.
“Lo so, l’ho detto anch’io. Ma non lo vendono, lo affittano. Il proprietario, Tom, ha deciso che non vuole più il locale e vuole partire per l’Italia o qualcosa del genere,” disse Liam.
“Qualcuno l’ha preso?” chiese Niall, premendo il mento sulla spalla di Zayn.
Liam scrollò le spalle. “Non si sa ancora. Tom ha appena annunciato che lo vuole vendere, quindi non ne ho idea. Non succederà prima di due mesi, ma a quel punto non avrò più un lavoro. E quel posto paga bene.”
“Quanto chiedono?” domandò Zayn, e Louis smise di ascoltare, distogliendo lo sguardo dalla televisione e spostandolo sul pavimento.
Josh e Sandy erano abbracciati e stavano guardando la TV, e Louis aveva finalmente realizzato che stavano tutti guardando X Factor. Cher era seduta a terra proprio davanti alla TV e stava facendo un tifo accanito, con gli occhi illuminati dalla luce dello schermo. Rebecca era seduta dietro Cher, e stava giocando con i suoi capelli. Matt ed Eleanor era seduti insieme su una delle poltrone, e nessuno dei due stava prestando molta attenzione alla televisione, e Danielle era seduta su un’altra sedia, ad ascoltare il suo ragazzo. Sembravano tutti abbastanza distratti, e così Louis fuggì in cucina per prendere una bottiglia d’acqua.
Solo che quando aprì il frigorifero trovò molto più che l’acqua. Un altro liquido trasparente attirò il suo sguardo, e lui prese la bottiglia prima di rendersene conto. Sul bancone di fronte al frigo c’erano un pacchetto di sigarette e un accendino, probabilmente di Zayn. Prese anche quelli, infilandoli nelle tasche, prima di uscire velocemente dalla porta d’ingresso.
Sapeva che qualcuno lo avrebbe seguito, prima o poi, ma a Louis non importava più a quel punto. Voleva solo che la sua testa si fermasse. Aveva fatto il bravo ragazzo abbastanza a lungo. Ma ormai era arrivato al punto in cui respiri profondi e meditazione non bastavano più. Aveva bisogno di qualcosa di più forte.
Louis non si era mai accorto che si potesse salire sul tetto di Lego House. Ma continuò a salire le scale finchè non si trovò ad aprire una porta e ad uscire nell’aria calda d’estate. Si sedette vicino al bordo e guardò la città. Riusciva a vedere le luci intermittenti del Babylon, il luccichio dei lampioni e delle macchine. Si sentiva separato dal resto del mondo. Guardò la bottiglia che aveva in mano, e fece un respiro profondo.
Poi svitò il tappo e piegò la testa all’indietro, prendendo un lungo sorso.
Il liquido bruciò quando gli scese in gola, e il calore si diffuse all’interno del suo corpo. Chiuse gli occhi e scosse la testa, cercando di far scendere l’alcol.
Era bello sentire di avere di nuovo il controllo, il controllo sui mostri nella sua testa. Ora poteva stordirli. Poteva controllarli.
Fece un altro sorso, questa volta bruciò di meno. E poi un altro, e un altro, e un altro, finchè non smise completamente di pensare.
Poi tirò fuori le sigarette.
Sapeva che non avrebbero fatto molto, se non eliminare qualche sensazione, ma era abbastanza. Con mani tremanti prese la sigaretta tra le labbra e alzò l’accendino, coprendolo con la mano, accendendo la sigaretta.
Quando il fumo uscì dalle sue labbra fu un enorme sollievo. Una piccola parte di lui si maledisse perchè si stava godendo così tanto quella sensazione, ma mentre il fumo si allontanava, disperdendosi nella notte, portava con sé anche un po’ della sua confusione e della sua tristezza. Una strana calma stava cominciando ad invaderlo, mentre l’alcol cominciava a fare effetto, quando la porta si spalancò, catturando la sua attenzione.
Non si preoccupò nemmeno di nascondere la bottiglia e la sigaretta, guardando le due figure che avevano interrotto il suo momento di solitudine. Erano avvinghiati insieme, distratti dal loro abbraccio, e nessuno dei due aveva ancora notato Louis. Louis li guardò con interesse distaccato, con la mano sospesa a mezz’aria, continuando a mantenere la sua sigaretta.
Quando la coppia si separò dopo altri baci sdolcinati, entrambi sussultarono alla vista di Louis.
“Cristo!” gridò Sandy, poggiandosi una mano sul cuore. “Louis?”
Si avvicinarono esitanti al ragazzo seduto sul cornicione.
“Che stai facendo quassù?” chiese Josh quando Louis continuò a guardarli senza reagire.
Louis scrollò le spalle e si portò la sigaretta alle labbra, facendo un lungo tiro.
“Non è che tu…non dovresti fumare?” chiese di nuovo Josh, sedendosi accanto a Louis, e Sandy lo imitò sedendosi accanto al suo ragazzo.
Louis scrollò nuovamente le spalle, e né Josh né Sandy insistettero ancora, tirando fuori anche loro delle sigarette.
“Stai bene?” chiese Sandy dopo un po’, mentre il loro fumo si mescolava, fuggendo nella notte.
Louis guardò dritto davanti a sé, lo sguardo rivolto alle luci lontane, la mente che vagava, chiedendosi dove fosse Harry in quel momento. In quale edificio? Con chi? Stava bene? Era felice? Ferito?
La domanda di Sandy rimase senza risposta, così come tutte le altre domande che si aggiravano nella testa di Louis.
“Louis?” insistette Sandy dopo qualche minuto di silenzio.
Louis deglutì e si rivolse a Sandy, non riuscendo a concentrarsi del tutto su di lui. “Sì. Sto bene.”
Sapeva che la sua voce non era molto convincente, ma per fortuna i due ragazzi non se la sentirono di insistere, e così rimasero in silenzio, tornando alle loro sigarette e ai loro pensieri.
***
Il corpo di Harry crollò pesantemente sul pavimento dell’appartamento tetro dell’uomo che detestava. Ralph lo sovrastò, con il volto contorto dalla cattiveria, con i pugni stretti lungo i fianchi.
“Dammi i soldi.”
Quelle furono le prime parole che ruggì.
Gli occhi di Harry si spalancarono nel modo in cui si spalancavano sempre quando era attorno a quell’uomo, per la paura. Infilò velocemente le mani nelle tasche, pronto a dargli i soldi che aveva guadagnato nell’ultima settimana di lavoro, i soldi che non aveva dato a Zayn per l’affitto. Ma quando le sue dita non trovarono altro che il tessuto del suo pantalone, il panico cominciò a scorrergli nelle vene.
Aveva dimenticato i soldi.
La consapevolezza si frantumò attorno a lui come vetro; nella fretta di scappare da Louis, Harry aveva completamente dimenticato di fermarsi al suo appartamento per prendere i soldi. E ora non aveva altro che delle tasche vuote e un Ralph pericolosamente furioso.
Harry deglutì, cercando con tutte le sue forze di non mostrare il panico che lo stava invadendo. Sussultò al suono della voce adirata di Ralph. “Beh?”
“Ho–” Harry esalò un sospiro tremante, rivolgendo gli occhi a terra. “Ho dimenticato i soldi,” sussurrò così a bassa voce e velocemente che era sicuro che Ralph non lo avesse sentito.
Il colpo che ricevette alla guancia provò che non era così.
“Che cosa?” chiese Ralph, con una calma innaturale nella voce.
“Andavo-andavo così di fretta che ho dimenticato i soldi,” balbettò Harry tra respiri tremanti, preparandosi a quello che sarebbe successo, tutto per un suo stupido errore.
Non fu affatto sorpreso quando sentì una mano stringersi attorno alla sua gola, spingendolo contro il pavimento. “Niente soldi?” chiese Ralph, e il suo alito caldo bruciava come acido nelle orecchie di Harry.
Harry si lasciò sfuggire un gemito, cercando con tutte le sue forze di respirare col naso.
“Sai cosa significa, vero, Harry?” Ralph disse il nome con un tono pieno di cattiveria, ma impastato con un’innaturale dolcezza. Harry rimase il più possibile immobile, rifiutandosi di guardare l’uomo, rifiutandosi di parlare. Sapeva cosa significava. Non importava quello che faceva, non importava quanto provasse a compiacerlo, alla fine tutto conduceva alla stessa cosa. “Punizione.”
Ralph strappò i vestiti da dosso a Harry e lo girò, schiacciando il viso del ragazzo contro il pavimento mentre si introduceva nel suo corpo, in un rituale a cui Harry era ormai anche troppo abituato.
Harry sopportò l’abuso senza combattere. Cercò di rimanere silenzioso, assicurandosi di ridurre al minimo i suoi gemiti; a Ralph non piaceva quando si lamentava o protestava. Quando fu tutto finito, Harry rimase sul pavimento, esausto, aspettando la prossima mossa di Ralph.
“Domani sera devi portarmi quei soldi, sporca puttana,” sputò Ralph, alzandosi e colpendo velocemente le costole di Harry con un piede. “Domani sera ti verrò a prendere di nuovo e tu mi darai i soldi, no no, ora anche duecento dollari extra, per avermi fatto aspettare.”
Duecento dollari extra. Dove cavolo avrebbe preso quei soldi in meno di venti ore? Ma Harry non disse nulla, in qualche modo ci sarebbe riuscito.
“E se mi deludi di nuovo, non sarai l’unico a subirne le conseguenze,” ringhiò Ralph.
A quelle parole la testa di Harry si alzò di qualche centimetro, e la sua guancia sudata si staccò dal pavimento sporco. Ralph notò il movimento e scoppiò subito in una fredda e sonora risata.
“Esatto, Harry, quelle persone a Lego House, i tuoi amici, saranno i prossimi a pagare per i tuoi errori.”
Il respiro di Harry si fece irregolare, il suo sangue ribolliva mentre Ralph minacciava tutte le persone a cui lui teneva. Era arrabbiato, non riusciva a sopportare l’idea che Ralph potesse anche solo toccare uno dei suoi amici. Voleva scagliarsi su Ralph e colpirlo fino a fargli perdere i sensi, ma sapeva che non avrebbe avuto alcuna speranza. E il panico cominciò a scorrergli nelle vene, mentre la paura gli attanagliava lo stomaco. Ralph sapeva dove viveva. Non ne aveva solo una vaga idea, sapeva esattamente dove viveva. E questo portava alla domanda, quanto aveva visto quell’uomo della vita di Harry? Aveva passato giorni a seguirlo? A guardare Lego House da lontano? Aveva visto Harry con Louis?
Louis.
L’unica persona che Harry non poteva permettere che quell’uomo toccasse. L’unica persona a cui teneva più di ogni altra cosa. L’unica persona che avrebbe protetto a qualsiasi costo. Qualsiasi.
E così quando Ralph si abbassò e attorcigliò le dita attorno ai capelli di Harry, tirandogli la testa verso l’alto, chiedendo, “Siamo intesi?” Harry non poté fare altro che annuire, e sforzarsi di dire uno strozzato “Sì.”
***
Dopo l’episodio sul tetto, Louis barcollò fino all’appartamento di Harry, crollando sul letto del suo ragazzo, non volendo chiedere un passaggio a Liam e rischiare che l’amico si accorgesse del suo stato.
Era profondamente addormentato quando Niall e Zayn entrarono nell’appartamento, e nessuno dei due ragazzi si accorse della presenza di Louis mentre si affrettavano verso la camera di Zayn, ridacchiando tra baci e morsi.
Louis si svegliò molto prima del resto degli abitanti di Lego House, il che non aveva molto senso, considerando che era andato a dormire molto tardi…o presto, a seconda dei punti di vista. Quando aprì gli occhi erano solo le sei del mattino, e lui fu accolto da pulsante mal di testa e un forte senso di colpa per quello che aveva fatto la sera prima, insieme al senso di panico quando si accorse che Harry non era ancora tornato a casa. Barcollò per l’appartamento, massaggiandosi la testa e gemendo silenziosamente. Una volta in cucina, si versò un bicchiere d’acqua e prese due antidolorifici, sperando che il sollievo sarebbe arrivato presto.
Il suo istinto gli diceva di rimanere finchè Harry non fosse tornato, ma il suo cervello era ancora annebbiato e lui aveva bisogno di una doccia e di riposo. Rimanere nell’appartamento di Harry sembrava la cosa giusta da fare, fare una doccia, e poi crollare nuovamente a letto finché il ragazzo in questione non fosse tornato. Ma il cervello di Louis era annebbiato, e l’unica cosa che gli sembrava avesse un senso era tornare a casa.
E così, Louis uscì dall’appartamento al terzo piano, mentre Zayn e Niall erano profondamente addormentati. Scese le scale in punta di piedi, prima di uscire velocemente e silenziosamente dal portone. Mentre camminava verso la fermata dell’autobus, prese il suo cellulare, cercando un messaggio che sapeva non avrebbe trovato. Quasi sette ore senza aver sentito Harry. Sette ore da quando aveva impunemente mentito a Louis. Sette ore in cui Louis aveva messo tutto in discussione––perchè sì, nemmeno nel sonno Louis era riuscito a sfuggire alle domande che si aggiravano nel suo cervello.
Se Louis avesse aspettato ancora mezz’ora, avrebbe visto Harry entrare, con gli occhi gonfi e lividi sparsi per tutto il corpo. Ma invece Louis prese l’autobus delle 6:15, mancando del tutto l’arrivo di Harry.
Quando Harry arrivò a Lego House, avrebbe voluto entrare in modo veloce e silenzioso, in modo da poter curare i lividi sul suo viso prima di attirare domande, ma non ebbe tanta fortuna.
Zayn e Niall si svegliarono pochi minuti dopo l’uscita di Louis, entrambi deboli e senza alcuna voglia di alzarsi dal letto, finché Zayn non realizzò che c’era qualcosa di strano.
Niall protestò, avvolgendo le dita attorno al polso del suo ragazzo, ma Zayn lo ignorò, infilandosi dei boxer e scomparendo nella stanza accanto. Niall lo seguì poco dopo, e i due ragazzi si trovarono in piedi sulla soglia della camera di Harry.
“Cosa stiamo facendo?” sussurrò Niall dopo un po’.
“Non è ancora tornato,” disse Zayn con voce cupa.
“E’ andato a lavoro ieri sera,” disse Niall, come per ricordarlo all’altro ragazzo.
“Lo so,” rispose Zayn, alzando un po’ la voce. Si allontanò da Niall ed entrò nella stanza. “Ma ultimamente si comporta in modo strano, e onestamente sono preoccupato. Sicuramente non è il tipo che manca agli appuntamenti o fa aspettare i clienti…ma ha una cerchia di clienti abbastanza buona, a parte Steven, ed è sempre stato quasi felice di andare a lavorare. Ma negli ultimi mesi…non più.” Zayn cominciò a frugare nell’armadio di Harry, cercando qualcosa, qualsiasi cosa, che potesse dargli un’idea di quello che stava succedendo al suo amico. “Ma credo che in parte sia perchè si è innamorato di Louis. Ma c’è comunque qualcosa sotto. Qualcosa di più recente. E il fatto che venga picchiato sempre di più…non è una cosa che prima gli succedeva spesso. Se c’è una cosa di Harry di cui sono certo, è che è sveglio. Sa come distinguere il bene dal male, e sa come evitare il male. Non continuerebbe a tornare da uno stronzo a meno che––”
E poi lo trovò. Un rotolo di soldi infilato sul fondo del cassette di Harry. Un rotolo di soldi enorme. Il tipo di soldi che si danno a qualcuno.
“Cazzo,” imprecò Zayn estraendo il mucchio di soldi dal suo nascondiglio.
Gli occhi di Niall si spalancarono alla vista, mentre dalle sue labbra fuoriuscivano bestemmie. “Porca puttana! Che cazzo ci fa con tutti quei soldi?” chiese Niall incredulo.
Zayn esalò un sospiro tremante, “Credo…che abbia un protettore.”
***
Harry si trascinò per le scale, esausto per la nottata. Ralph non lo aveva trattenuto a lungo, ma Harry doveva procurarsi i soldi extra che voleva Ralph, e questo significava farsi adescare da una serie di estranei. Non aveva ancora dormito, tranne per la mezz’ora in cui Ralph gli aveva fatto perdere i sensi, ma quello non contava come sonno.
Quando Harry aprì la porta del suo appartamento, fu contento di trovarlo silenzioso. Sperò e pregò che Zayn stesse dormendo o fosse da Niall mentre barcollava verso la sua stanza, pronto a farsi una doccia e a curare le sue ferite. Ma prima ancora che potesse attraversare lo stretto corridoio che portava al bagno, Zayn uscì di corsa dalla sua camera da letto, con Niall che gli barcollava dietro.
“Zayn,” iniziò Harry, con voce bassa e roca.
Zayn rimase immobile davanti a Harry, sforzandosi di far uscire le parole. Invece di articolare un discorso, alla fine protese semplicemente la mano verso Harry e mormorò, “Ma che cazzo?”
Il tempo di reazione di Harry fu rallentato, e i suoi occhi ci misero secoli a guardare la mano di Zayn. Rimase a guardare il rotolo di banconote per un po’ prima che tutto avesse un senso. Poi la sua testa di alzò di scatto, e lui guardò Zayn stringendo gli occhi. “Perchè cazzo stavi frugando tra la mia roba?” scattò, allungandosi per prendere i soldi.
Zayn ritirò velocemente la mano e tenne i soldi fuori dalla portata di Harry. “Dimmi che cazzo sta succedendo.” pretese Zayn.
“Non sono cazzi tuoi,” rispose Harry, slanciandosi in avanti per raggiungere i soldi.
“Sì, sono cazzi miei. Soprattutto quando menti, non pagando l’affitto, e torni a casa conciato di merda!” gridò Zayn, indicando con un gesto le condizioni di Harry.
“Mi dispiace per il cazzo di affitto, ok?” urlò Harry, “Ma per quanto riguarda il resto, non sono davvero fatti tuoi.”
Zayn si lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, e Harry gli strappò il rotolo di banconote dalla mano. “Sì beh, sono il tuo cazzo di migliore amico, credo di avere il diritto di preoccuparmi un po’.”
L’espressione di Harry vacillò un po’, e lui era sul punto di crollare, stava quasi per lasciare che Zayn lo aiutasse. Zayn era intelligente, ragionò Harry in quei pochi secondi. Zayn era stato un gigolò, una volta. Zayn sapeva come affrontare queste situazioni, avrebbe saputo cosa fare; nonostante la situazione con Ralph non era una di quelle che Zayn avrebbe potuto capire, avrebbe comunque saputo aiutare in qualche modo. Zayn non era Louis. Louis era ingenuo e fragile. Ma Zayn aveva l’intelligenza da strada, Zayn avrebbe saputo come reagire se Harry gli avesse detto la verità.
Ma no. Come aveva appena detto Zayn, lui era il suo migliore amico. E quindi Harry era tenuto a proteggerlo, a tenerlo lontano da tutta la sofferenza e i tormenti e gli orrori che lui affrontava ogni giorno.
“Va tutto bene,” sospirò Harry, cercando di spingere via Zayn.
Ma Zayn non era Louis. Zayn non era soddisfatto con una semplice parola e un sorriso. Harry non poteva zittire Zayn con un bacio o distrarlo col sesso. “Hai un protettore, vero?” disse Zayn piano, con gli occhi puntati fissi su quelli di Harry.
Harry sapeva cosa stava facendo Zayn, se Harry avesse distolto lo sguardo lui avrebbe capito che stava mentendo. Era una cosa che facevano molto all’inizio della loro amicizia, quando erano entrambi senza casa e senza soldi e lavoravano ogni giorno per racimolare qualche soldo. Era una questione di fiducia. Guardare negli occhi dell’altro, e cercare di mentire. Impossibile.
Ma le cose erano cambiate da quel periodo. Zayn non capiva quanto Harry fosse diventato bravo a mentire ultimamente.
Harry sostenne lo sguardo, con occhi decisi. “Posso assicurartelo, non ho un protettore,” disse Harry calmo, e la sua voce era carica di convinzione. Gli occhi di Zayn rimasero su quelli di Harry per qualche altro secondo, continuando a scrutarli. Non avendo trovato nessun segno di bugia in quegli occhi, abbassò lo sguardo, e poi accennò con la testa al rotolo di banconote. “Allora perchè stavi nascondendo tutti questi soldi?”
Harry fece un piccolo sorriso, e poi giocherellò con il rotolo, facendo scivolare le dita sulle banconote. “Li stavo conservando per comprare qualcosa di speciale a Lou,” disse semplicemente, riuscendo addirittura a sembrare quasi allegro. “So che non avrei dovuto fare lo stronzo con l’affitto…è che ho lavorato tantissimo per racimolarli, e beh, ho pensato che avresti potuto occupartene tu questo mese….” disse Harry, sperando di suonare convincente.
Un momento dopo, Zayn sorrise e annuì lentamente. “Sì, va bene. Puoi rifarti il mese prossimo,” disse piano, prima di avvicinarsi e avvolgere Harry in uno stretto abbraccio. “Questo non spiega comunque perchè sei conciato una merda,” sussurrò Zayn.
Harry si tirò indietro e cercò di sorridere di nuovo. “I miei clienti hanno qualche perversione,” disse semplicemente, aggiungendo un piccolo occhiolino per dare enfasi.
Zayn si trovò a ridacchiare, accettando la spiegazione di Harry. Normalmente sarebbe stato scettico, ma Zayn sapeva come distinguere la verità dalle bugie, era bravo in queste cose, e sembrava che Harry stesse dicendo la verità. Non doveva diventare paranoico, pensò Zayn. Ora tutto aveva un senso. Ora tutto aveva perfettamente senso. Se la situazione fosse stata diversa forse si sarebbe posto qualche domanda in più. Ma pensando all’amore che Harry provava per Louis era ragionevole che non gli piacesse molto lavorare, ultimamente. E Niall gli servì da distrazione, impedendogli di pensarci troppo. E quindi permise a Harry di scomparire in bagno, e Niall e Zayn tornarono in camera da letto, chiudendosi dentro per un’altra ora di sonno.
Harry invece, aprì stancamente la porta del bagno, prima di crollare sul pavimento. Era esausto, gli faceva male tutto il corpo e il senso di colpa per le bugie che aveva appena detto, soprattutto per quella che aveva detto a Louis la sera prima, lo stavano trascinando giù, schiacciandolo e soffocandolo. Gli stava tutto ritornando in mente, nella sua testa si aggiravano parole orribili ed immagini terribili, che lo perseguitavano, e lui aveva bisogno di un sollievo.
Prima di accorgersene si trovò nella doccia, raggomitolato sul pavimento, con l’acqua che gli cadeva intorno mentre lui prendeva la nuova lama scintillante, avvicinandosela alla pelle per la quarta volta quella settimana. Ormai aveva abbandonato l’interno del suo braccio, trovando un nuovo posto accanto al polpaccio. Non poteva farlo in un posto troppo visibile, visto che era sempre nudo con Louis, e Louis lo avrebbe notato, e avrebbe fatto domande.
E solo il pensiero di Louis, proprio in quel momento, mandò Harry ancora più oltre il limite. Il fatto che Louis ci sarebbe stato male lo feriva tantissimo. Aveva lasciato che il ragazzo si affezionasse a lui, aveva lasciato che Louis tenesse a lui, ed era la cosa peggiore che avesse potuto fare. Avrebbe dovuto chiudere con lui tanto tempo prima. Avrebbe dovuto evitarlo, cercare di resistere a Louis fin dall’inizio. Perchè ora stava solo facendo del male al ragazzo dagli occhi azzurri, gli stava facendo del male con le sue azioni e bugie. Ma Harry era troppo egoista per lasciar andare l’unica persona che lo faceva ancora sentire come se valesse qualcosa.
Tagli profondi si intrecciarono sulla pelle di Harry finchè non posò finalmente la lama, tirandosi li ginocchia al petto e lasciandosi sfuggire un singhiozzo roco. Avrebbe voluto che Louis lo avesse ricoperto di baci. Avrebbe voluto che qualcuno lo abbracciasse e lo toccasse dolcemente.
Decidendo di fare visita a Louis, Harry uscì dalla doccia, si asciugò, e tamponò le ferite con attenzione. Prima di uscire guardò l’orologio, scoprendo che erano solo le otto del mattino. Louis non sarebbe stato sicuramente ancora sveglio, e in effetti Harry aveva parecchio sonno, quindi optò per un piccolo sonnellino prima di andare da Louis.
Un piccolo sonnellino si trasformò in otto ore di sonno. Il corpo di Harry aveva bisogno di riposo dopo la lunga nottata e tutti i crolli emotivi che aveva affrontato. Quando si svegliò erano le quattro di pomeriggio, e lui stava morendo di fame. Harry si alzò dal letto e barcollò fino alla cucina, dove trovò un cartone di pizza mezzo vuoto e un biglietto da Zayn.
Ho pensato che avresti avuto fame. Prego.
Harry prese un pezzo di pizza, masticandolo mentre si aggirava per l’appartamento, preparandosi per andare da Louis. Si stava infilando le scarpe, quando sentì un’ondata di nausea, che lo portò a tossire e a piegarsi sul cestino dell’immondizia. Non vomitò niente, ma si sentiva davvero male.
Non era malato, però. Era tutto nella sua testa, stava facendo tutto da solo. L’ansia lo stava facendo stare male fisicamente.
Rimase seduto sul pavimento per qualche minuto, o forse per molti, molti minuti, facendo respiri profondi per calmarsi. Andrà tutto bene, andrà tutto bene. Continuò a ripetersi quelle parole finchè non trovò la forza di rialzarsi. Si stabilizzò e continuò a ripetere quel mantra. Stai bene, Harry. Stai bene. Va tutto bene.
Quando lasciò Lego House erano le cinque, e quando arrivò al condominio di Louis erano quasi le sei. Lui ci tiene a te, tu vali qualcosa. Va tutto bene. Andrà tutto bene. Lui ti farà stare bene. Harry bussò piano alla porta, essendosi dimenticato le chiavi. Aspettò qualche secondo prima di bussare ancora. Quando finalmente la porta si aprì, fu scioccato nel vedere l’aria sconvolta e gli occhi spalancati di Louis.
Louis guardò Harry, quasi in shock, esalando un respiro tremante prima di mormorare, “Harry.”
Harry voleva evitare qualsiasi domanda, quindi si lanciò in avanti, oltre la soglia, premendo le labbra su quelle di Louis, spingendolo dentro l’appartamento. Louis si agitò nell’abbraccio di Harry, afferrando le sue spalle in un tentativo di spingerlo via. Ma nonostante i suoi sforzi, Louis si trovò a ricambiare il bacio, un bacio furioso, arrabbiato, prima di allontanarsi completamente da lui.
“No, smettile!” gridò, ritraendosi quando Harry cercò di catturare nuovamente le sue labbra. Harry sussultò per un attimo, prima di scrollare le spalle, e premere le labbra sul collo dell’altro, portandolo lentamente verso la camera da letto. Louis scosse la testa e lo spinse via ancora una volta. “No,” disse, deciso.
Harry barcollò un po’ all’indietro, incontrando lo sguardo di Louis, confuso. “Che c’è?”
Louis esalò un respirò come se qualcuno gli avesse tolto l’aria, mentre i suoi occhi diventavano scuri e sulla difensiva. “Che c’è? Che c’è?” chiese Louis, alzando la voce. “Oh, non lo so, ad esempio dove cazzo sei stato? E che cazzo ti è successo,” aggiunse Louis, indicando Harry con un gesto.
Harry fece un piccolo passo indietro, anche lui sulla difensiva. “Te l’ho detto, sono stato con Steven ieri sera, ed era un po’ incazzato, quindi ci è andato pesante,” spiegò Harry, mentendo con voce decisa.
Louis guardò Harry per un momento, con un’espressione illeggibile, prima di sbuffare e girare la testa di lato. “Stronzate,” sussurrò.
Harry deglutì, “Cosa?” chiese, girando la testa per incontrare lo sguardo di Louis.
Louis girò la testa di scatto, e quando incontrò gli occhi di Harry, il suo sguardo era freddo. “Mi hai sentito. Stronzate. Non sei stato con Steven ieri sera––”
“Sì invece!” gridò Harry.
“Non sei stato con Steven ieri sera perchè ti ho seguito e ti ho visto salire su un’altra macchina, con un altro uomo che non era Steven.”
L’espressione di Harry si riempì di tristezza e confusione. “M-mi hai seguito? Che c’è non ti fidi di me?” scattò.
Louis ghignò, una risata calda e senza alcuna traccia di allegria. “Dammi una sola ragione per cui dovrei fidarmi di te adesso? Mi hai mentito dicendomi che eri con un’altra persona, e ora non mi dici nemmeno la verità su quello che è successo.”
Gli occhi di Harry cominciarono a inumidirsi mentre Louis si allontanava sempre di più da lui. “Ti prego,” gracchiò Harry. “non posso dirti la verità, ok? Però ti prego…ti prego fidati di me.” Allungò una mano verso Louis, mentre le lacrime cadevano liberamente. “Ti prego, b-baciami. Ti prego,” supplicò, “Ho bisogno di te. Ho bisogno di questo. Ti prego.
Harry era sul punto di sentirsi male. Vedere Louis così arrabbiato, come non lo aveva mai visto prima, lo spaventava. Voleva solo che Louis lo stringesse a sé, lo avvolgesse, lo facesse sentire amato.
Ma Louis stava continuando a indietreggiare, mentre dalla bocca continuavano a uscire parole aspre. “Credi che io sia stupido? Credi che sia cieco? Qualcuno ti sta picchiando a sangue e tu continui a tornarci. Continui a permettere che succeda. E non mi vuoi nemmeno dire chi sia. Non mi vuoi direniente. Dovremmo essere una coppia, cazzo. Tu dovresti fidarti di me, io dovrei essere quello a cui dici qualsiasi cosa!” gridò Louis, frustrato.
“Lo so. Mi dispiace. Mi dispiace tantissimo Louis, ti prego,” singhiozzò Harry con voce rotta, mentre Louis metteva un muro tra loro. “Ti prego perdonami, mi dispiace tantissimo. Ho bisogno di te, tu non capisci––”
“Hai ragione, non capisco!” lo interruppe Louis. “Perchè tu non mi spieghi niente. E sai cosa, sono stanco. Stanco di essere preoccupato. Stanco di sentirmi male, aspettando di avere tue notizie, aspettando di sapere se tu sia ancora vivo ogni cazzo di sera. Non sono il tuo giocattolino, Hazza,” disse Louis, sputando il soprannome. “Non sono un giocattolo da cui puoi andare quando sei stanco di giocare a fare la troia e vuoi giocare a fare il fidanzato. E non sono nemmeno qui perché tu mi usi come distrazione da qualsiasi cazzo di cosa ti stia succedendo.”
Louis guardò le sue parole penetrare nel cranio di Harry. Guardò Harry indietreggiare, mentre nuove lacrime gli inumidivano gli occhi. E immediatamente desiderò di poter ritirare ogni parola. Ma non poteva. E le parole aleggiavano tra loro, separandoli come un invisibile campo di forza che nessuno dei due poteva attraversare.
Nella testa di Harry c’era una sola parola. Una parola che Louis non aveva mai usato prima con lui, ma che sentiva troppo spesso. Troia. Bastò quella parola a istigare tutte le voci nella sua testa, e tutte ridevano, ridevano e lo prendevano in girò perchè,
Guarda un po’, ora anche Louis pensa che tu non sia altro che una troia.
Ora chi ti ama? Di sicuro non lui.
Non gli interessa. Ora ti odia.
Gli hai mentito. Lo hai ferito. E ora ti odia.
Louis voleva allungarsi e abbracciare Harry e asciugare le sue lacrime. Voleva offrirgli un milione di scuse e sussurrargli solo parole d’amore. Ma la sua mente e la sua bocca non erano sulla stessa lunghezza d’onda. Il suo corpo non collaborava con la sua testa. E così rimase lì, stordito, guardando il ragazzo davanti a lui cadere in pezzi. “Credo sia meglio che tu te ne vada,” mormorò Louis, e gli sembrò che avesse parlato una persona completamente diversa.
Harry non pregò né supplicò. Non disse una sola parola. In cinque lunghi passi se ne andò silenzioso, e Louis crollò sul pavimento, estraendo una sigaretta dal pacchetto che aveva rubato la sera prima.
***
Solo poche ore dopo, Harry vagava per le strade di Londra, ubriaco. La sua mente era finalmente annebbiata, ma sapeva comunque che era tutto finito. Louis era stanco di lui. Louis non lo voleva più. Ma andava bene così. A Harry andava bene. Lui stava bene. Perchè era tutto finito. Non aveva più niente e nessuno. Non aveva importanza se veniva picchiato o molestato, perché lui non aveva importanza. Non aveva importanza per nessuno. Era finita. Harry Styles era finito.
Erano quasi le undici di sera quando Harry cominciò ad avvicinarsi al suo lato della città. Era un miracolo che riuscisse ancora a camminare e ad avere senso dell’orientamento, anche dopo aver ingerito enormi quantità di alcol. Ma sapeva dove stava andando. Stava tornando a Lego House per crollare sul letto e–––aspetta, no! No, no, no, Harry.
Fu un’illuminazione improvvisa (e ritardata).“Domani sera ti verrò a prendere di nuovo e tu mi darai i soldi….” Domani sera. Era domani sera. Era domani sera e Harry lo aveva stupidamente dimenticato, di nuovo.
Le sue dita frugarono nella tasca in cerca del cellulare, pronto a trovarlo pieno di messaggi. Ma non c’era nessun cellulare nelle sue tasche. Non c’era nessun cellulare nelle sue tasche perchè il suo era ancora nel suo appartamento, Harry lo aveva lasciato lì quella mattina.
Un’ondata di panico attraversò il corpo di Harry, scuotendolo improvvisamente dal torpore dovuto all’alcol. Si affrettò per la strada, correndo e svoltando per una serie di vicoli, finché arrivò sulla strada di Lego House. Ma prima che potesse correre verso l’edificio la sua testa cominciò nuovamente a funzionare, e lui si rese conto di quello che aveva davanti. Luci intermittenti e sirene in azione furono quello che vide rimanendo lì, immobilizzato sul marciapiede di fronte alla strada. C’erano urla e pianti, e fumo, tantissimo fumo.
Lego House…era in fiamme.
“Esatto, Harry, quelle persone a Lego House, i tuoi amici, saranno i prossimi a pagare per i tuoi errori.”
Le parole di Ralph rimbombarono nella testa di Harry, prima che tutto diventasse annebbiato.
Era tutta colpa sua. Harry non aveva alcun dubbio che fosse stato Ralph. Non voleva andare incontro alla scena a cui stava assistendo. Non voleva sapere chi aveva ferito con le sue stupide azioni. Harry iniziò a correre nella direzione opposta, correre e correre senza destinazione. Sapeva solo che doveva farla finita. Non poteva più rimanere lì. Louis non lo voleva più, e questo andava bene. Ma ora doveva lasciare anche Lego House, perchè rimanendo lì stava mettendo tutti in pericolo.
Non avrebbe causato più alcuna sofferenza.
***
Danielle digitò freneticamente il numero di Louis, dopo almeno dieci tentativi di chiamare Harry.
“Dani ti giuro che non era dento,” sussurrò Zayn, appoggiando una mano sulla sua spalla.
“Voglio comunque chiamare Louis––”
“Pronto?”
“Louis!” gridò Danielle. “Louis grazie a Dio! Ti prego dimmi che Harry è con te.”
“Ho-hem, ho paura di no. Perchè? Qual è il problema?”
Danielle esalò un respiro tremante.
“E’ con lui?” chiese Zayn.
Danielle scosse la testa velocemente, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.
“Cazzo,” imprecò Zayn, abbassando gli occhi al suolo.
“Danielle?” insistette Louis, con voce ansiosa.
Danielle si morse il labbro, preparandosi. “Louis, c’è stato un grande incendio, a Lego House. Non sappiamo come è iniziato ma––”
“Merda stanno tutti bene?” la interruppe Louis con voce rotta.
“Per la maggior parte, sì,” disse Danielle velocemente. “Ma Harry sembra essere…disperso. Zayn giura che non era in casa quando l’incendio è scoppiato. Ma non abbiamo idea di dove sia. E non risponde al cellulare e…siamo preoccupati. Soprattutto dopo che l’altra notte è scomparso e Zayn––”
Zayn alzò la testa di scatto e agitò freneticamente le braccia, dicendo a Danielle di stare zitta.
“Ehm––e Zayn sta diventando un po’ paranoico e speravamo fosse con te,” concluse Danielle velocemente.
“Non è qui,” disse Louis, teso. “C’era ma…se n’è andato.”
“Quando se n’è andato?”
“Ehm…più o meno verso le sei?”
“Cristo, è tantissimo tempo,” mormorò Danielle. “Hai qualche idea su dove possa essere andato?”
Louis esalò un sospiro tremante. “No,” disse piano. “Abbiamo…abbiamo litigato. E lui era parecchio sconvolto quando se n’è andato. Non lo so…forse è andato in qualche locale o qualcosa del genere?” provò Louis.
“Sì…forse…”
“Cosa?” sibilò Zayn, avvicinando l’orecchio al telefono. Danielle lo schiaffeggiò via quando Louis ricominciò a parlare.
“Esco a cercarlo, ok?”
“Anche noi,” mormorò Danielle. “Zayn passa a prendere Niall e io vado con Liam. Rimaniamo in contatto, va bene?”
“Va bene.” E poi Louis attaccò, e Danielle infilò il cellulare in tasca e strinse una mano attorno al polso di Zayn.
“Andiamo a cercare Harry, vieni.”
***
Alla fine, Louis finì per prendere l’auto di Liam, perchè non ne aveva una sua, e Liam e Danielle presero quella di Niall, mentre Niall e Zayn presero quella di Zayn. Si separarono, recandosi in una serie di posti in cui Harry sarebbe potuto essere. Dopo ogni posto controllato aggiornavano gli altri. Sandy e Josh cercarono nell’area vicino a Lego House, entrando addirittura nei palazzi vicini chiedendo di Harry alle persone. Temevano tutti che Harry fosse andato da un cliente, ma quando Sandy e Josh ne incontrarono un po’ al Babylon (compreso Steven) cancellarono quella possibilità dalla lista.
Era mattina presto quando Louis realizzò dove avrebbe trovato Harry (o almeno dove sperava di trovarlo). Si sentì quasi stupido per non averci pensato prima, ma mentre parcheggiava, pregò con tutto il cuore che Harry fosse lì.
Attraversò i cancelli, recandosi direttamente verso l’area triangolare tra le panchine, il vecchio albero, e il parco giochi. Doveva essere lì, doveva essere al parco. Il suo posto preferito per pensare, guardo le stelle inesistenti.
Louis era pronto alla delusione, era preparato al nodo che gli avrebbe attorcigliato lo stomaco, perchè non avrebbe mai potuto essere così fortunato…ma no, era lì, steso sull’erba, circondato dalla notte, una semplice sagoma nel buio. Ma era lui, era Harry, e stava bene.
Louis barcollò percorrendo il resto della distanza, finchè non fu ai piedi di Harry, e il ragazzo si mise seduto, con occhi spalancati e sorpresi.
“Harry,” sussurrò Louis, crollando sul terreno. “Gesù, Harry…stai bene.”
Harry guardò Louis, che aveva gli occhi lucidi e il labbro di sotto tremante. “Che ci fai qui?” gracchiò Harry, ancora in stato di shock.
“Dani, mi ha chiamato––l’incendio…c’è stato un incendio, e tu non c’eri e io ero così preoccupato––mi dispiace tantissimo, tutto quello che ho detto, sono stato stupido, non dicevo davvero––e oh Dio, ti abbiamo cercato tutta la notte. E io––sono così felice che tu stia bene,” balbettò Louis velocemente, allungando le mani verso quelle di Harry.
“Louis…” iniziò Harry, teso. Perchè era tutto sbagliato, Louis non avrebbe dovuto essere lì.
“So di aver detto cose davvero, davvero orribili, e tu hai tutto il diritto di odiarmi, ma ero sconvolto, ero così preoccupato per te.”
“Louis…”
“Se non vuoi parlarmi va bene, ma almeno vai a stare dovunque Zayn abbia deciso di passare la notte, voglio solo che tu sia al sicuro e––”
“Louis!” disse Harry freneticamente, tirando via le mani da quelle di Louis e alzandosi.
Anche Louis si alzò, facendo cenno a Harry di parlare.
“Me ne vado,” sospirò Harry.
Louis aggrottò le sopracciglia, confuso. “Te ne vai? Da dove?”
“Da qui. Da Londra,” spiegò Harry, abbassando gli occhi al suolo.
Nei pochi minuti trascorsi da quando Louis aveva trovato Harry, il cielo aveva già cominciato a illuminarsi, rischiarandosi sempre di più. “Come te ne vai da Londra? Dove vai? Perchè te ne vai?” la voce di Louis lo tradì, rompendosi e spezzandosi, mentre i singhiozzi minacciavano di scappargli dalla gola.
“Ho causato troppa sofferenza. La mia vita è un casino e non posso continuare a lasciar entrare le persone solo per poi farle soffrire. Parto stamattina,” disse Harry, evitando il suo sguardo.
Louis scosse la testa e barcollò verso Harry, prendendogli il polso. “No, non vai da nessuna parte.”
Harry alzò nuovamente lo sguardo, con gli occhi umidi. “Ti prego lasciami andare. Sarà molto più facile.”
Louis scosse la testa, deciso. “Non ti lascerò scappare. Non—non posso––”
Ma Harry non riuscì più a combattere, e chiuse la distanza che c’era tra loro catturando le labbra di Louis in un bacio che aveva desiderato tutto il giorno.
Questo bastò perchè entrambi si fondessero in una sola persona, ed era un bacio passionale, un bacio disperato, un bacio che diceva mille parole. Comunicarono attraverso quel bacio, finchè non ci fu più niente da dire.
Barcollarono verso la macchina di Liam qualche minute dopo, entrambi completamente esausti dalla giornata che avevano trascorso. Cominciarono a guidare verso il condominio di Louis, entrambi ansiosi di abbandonarsi al sonno. Ricordando quello che avevano concordato, Louis mandò sia a Danielle che a Zayn un messaggio, avvertendoli che aveva trovato Harry e che era tutto a posto.
Quando arrivarono a casa, Harry stava letteralmente crollando dal sonno. La sua testa era ancora in subbuglio, e c’erano ancora dei campanelli d’allarme che gli dicevano che non era una buona idea e che Louis non era al sicuro, soprattutto dopo quello che era successo. Ma era stanco, e Louis teneva ancora a lui, e, in quel momento, era l’unica cosa di cui gli importava.
Si spogliò dai suoi vestiti, mostrando il suo corpo danneggiato a Louis per la prima volta dalla notte precedente. Notò il sussultò di Louis, ma crollò sul letto prima che il ragazzo potesse dire qualcosa. Dormiva già quando Louis si infilò sotto le coperte accanto a lui, avvolgendolo tra le sue braccia.
Fu allora, in quei momenti prima di addormentarsi che Louis si accorse che Harry non si era tolto i calzini. Sorrise, trovando la cosa divertente, e si spostò verso la fine del letto per toglierli dai piedi di Harry.
Quando lo fece, però, si trovò pietrificato da quello che vide. Smise di respirare, mentre i suoi occhi tracciavano le linee che si incrociavano come un labirinto sulla pelle di Harry. Quelli non erano marchi fatti da qualcun altro. Quelli non erano tagli o lividi. Quelle erano linee fatte con attenzione. Piccolo linee strette, tracciate con la lama di un rasoio. Quelle le aveva fatte Harry.
Louis non si accorse di aver cominciato a piangere finchè una lacrima salata non cadde dalla punta del suo naso sulla pelle di Harry. Dolcemente, si abbassò e baciò i tagli, più e più volte, senza nemmeno preoccuparsi che Harry potesse svegliarsi.
“Ti amo.”
![](https://img.wattpad.com/cover/17130235-288-k450936.jpg)
STAI LEGGENDO
Lego House
FanfictionLouis Tomlinson era quasi alla fine della sua corda, intrappolato nel caos che si era creato da solo, bloccato al centro di un labirinto. A Harry Styles le cose stavano bene così com'erano. Lavorava di notte e dormiva di giorno. Racimolava abbastanz...