XII.

349 25 1
                                    

Oggi.

Bugie.
Non me ne aspettavo altre, non credevo che una persona potesse essere così meschina, così cattiva da ferire chi già aveva rovinato con tutte le sue menzogne...mi sono sbagliato ancora una volta.
La rabbia mi ribolle nelle vene, vorrei alzarmi e spaccare qualsiasi cosa mi capiti sotto mano, vorrei uscire e gridare con tutte le forze che mi ritrovo in corpo, vorrei smettere di stare male per lei.
La verità è che mi ha fatto male per l'ennesima volta, come ho potuto pensare che tutta questa storia potesse funzionare? Dio mio, sono un tale idiota!
La colpa non è solo sua, è anche mia.
Ci sono cascato, le ho permesso nuovamente di ferirmi, di prendersi gioco di me, mi odio per questo...
Mi metto a girovagare per il salotto, sono così arrabbiato che ho la vista leggermente offuscata.
Serro i pugni e li sbatto violentemente contro la porta d'ingresso lanciando un urlo.
Un urlo pieno di disprezzo e rancore.
Il mio respiro si fa sempre più affannoso, credo di non riuscire a reggere tutte le emozioni. Devo calmarmi, ma non sono certo di esserne in grado.
Il mio sguardo cade sulle chiavi della mia macchina, ho deciso cosa fare.
Le afferro ed esco, devo calmare i bollenti spiriti.
Guido per un pò senza una meta precisa quando ad un certo punto decido di andare in spiaggia a fare una passeggiata. Il mare mi ha sempre aiutato a calmarmi. Il rumore delle onde che s'infrangono contro gli scogli mi ha sempre donato pace.
Mi metto vicino alla riva, chiudo gli occhi e inizio a fare una serie di respiri profondi.
Dopo aver passato qualche minuto così apro nuovamente gli occhi, mi guardo intorno, non c'è anima viva.
In lontananza intravedo un piccolo parchetto, anche esso è vuoto e mi sembra il posto perfetto per sedermi e riflettere.
Mi siedo su una panchina e il mio cervello inizia ad elaborare pensieri complessi che mi incasinano ulteriormente.
Emma è un'Approfittatrice.
Una bugiarda.
Una doppiogiochista.
Mi pento di aver anche solo provato a vedere ancora del buono in lei.
Mi ha portato a letto per poi fare una scenata dicendo che è stato tutto uno sbaglio.
Mi ha preso in giro, di nuovo.
Le è mai importato davvero qualcosa di me?
È consapevole che io ci sono stato per lei quando tutti le avevano voltato le spalle?
Lei sa che l'ho amata come non ho mai amato nessun'altro?
Probabilmente non se ne è mai resa conto.
E ora sono qui, a ripercorrere i miei innumerevoli errori, a ripensare a quante volte lei si è presa gioco di me.
E vorrei dire che la odio profondamente con tutto me stessso, ma non è così non ne sarei mai capace.
Il fatto è che l'ho amata talmente tanto che odiarla per me è una cosa praticamente impossibile.
E mi distrugge ammetterlo, ma se mai avesse bisogno di aiuto è innegabile il fatto che io per lei ci sarò, anche se lei non c'è mai stata per me.
Mi sento così debole e vulnerabile con lei...è come se dipendessi da lei, ma non è assolutamente così...
La frustrazione aumenta in me secondo dopo secondo.
Sto perdendo il controllo, sto crollando.
Una fredda e solitaria lacrima lascia i miei occhi, è la prima di una lunga serie.
La verità è che le delusioni ti distruggono, ti rendono freddo, distaccato, apatico. Vorrei porre fine alla tristezza, non ne posso più di soffrire. Ogni volta che anche solo l'impressione che le cose stiano andando per il verso giusto mi coglie tutto va a rotoli.
Un tuono echeggia nell'aria, sta per mettersi a piovere, ma non ho intenzione di muovermi da qui.
Ed ecco che la pioggia inizia a cadere da quel cielo cupo e offuscato che mi ricorda tanto il mio cuore.
La pioggia scorre sul mio viso insieme alle lacrime, il vuoto in me regna sovrano.

Decido di andare a casa, ritorno alla mia macchina e guardo il mio riflesso nel finestrino prima di salire.
Tutto ciò che vedo è un uomo debole.
Odio quell'immagine di me stesso, ma è quello che attualmente sono.

Sono stufo di sentire il dolore che domima tutto il mio corpo, vorrei anche solo temporaneamente dimenticare tutta questa storia, e solo una cosa può distogliermi da tutti quei pensieri, anche se non è una cosa corretta da fare.
Mi dirigo verso il mobile degli alcolici, tiro fuori la mia migliore bottiglia di Rum e me ne verso un pò nel bicchiere. Bevo quel liquido tutto d'un fiato, la gola mi brucia.
Me ne verso ancora un bicchiere, e poi ancora uno, e poi un altro ancora.
Bevo fino a quando vedo ogni cosa sfocata. Dopo aver ricevuto quel risultato da me tanto sperato mi siedo sul divano, chiudo gli occhi e cado in un sonno profondo.

Il mio sguardo è fisso verso l'orizzonte, il mare s'infrange sugli scogli.
Raggiungo la pace dei sensi, ma qualche istante dopo viene bruscamente interrotta.
<<Tu non mi meriti>>
La bionda che non credevo capace di ferirmi mi scaglia addosso quelle parole taglienti come lame.
<<Tu non sei abbastanza, non sei alla mia altezza>>
<<Non è vero>>
<<Oh, invece lo è, e lo sai bene Killian>>
<<Vattene da qui>>
<<Oh ma io sono solo frutto della tua immaginazione, sono qui solo perchè tu mi vuoi qui>>
Un sorriso compiaciuto compare sul suo volto.
<<Killian>>
Inizia a ripetere il mio nome, la sua voce risulta ovattata, ma si fa più chiara ogni volta che pronuncia il mio nome>>

<<Killian svegliati!>>
Mi sveglio di soprassalto, Emma è qui.
<<E tu cosa ci fai qui? Come diamine sei entrata in casa mia?!>>
<<Ho ancora la mia copia delle chiavi>>
Abbasso lo sguardo.
<<Tu sei pazza...>>
<<Io sarei pazza? Se sono qui è solo perché Regina ti ha visto in giro e ha detto che non avevi una bella cera, sono venuta a vedere come stai e tu mi dai della pazza?!>>
<<Sto bene>> dico io con tono freddo.
<<No, tu non stai bene Killian. Guardati, puzzi di rum, stai male. E so che la colpa è mia, mi dispiace>>
<<Beh è il minimo, cristo! Ti sei presa gioco di me, mi hai soggiocato, mi hai fatto soffrire!>>
<<Era l'ultima cosa che volevo! Non capisco cosa voglio, è tutto complicato. Poi mi avevi promesso che non ti saresti più ubriacato...>>
<<Non sapevo come non pensare a te, quindi sentiti responsabile>>
<<Mi stai accusando? Ti rendi conto di che cosa stai dicendo? Potevi prendere una decisione più matura ma non lo hai fatto. La colpa non è mia!>>
I suoi occhi sono carichi di rabbia.
<<Sai che c'è? Sei un idiota, non dovevo venire qui, vai al diavolo Jones!>>
Emma esce dalla stanza come una furia sbattendo la porta.
Non so cosa fare.

Gone•Captain SwanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora