Capitolo 10

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Non so cosa mi è passato esattamente nella testa quando Ethan mi ha detto che stava partendo.
Non pensavo che viaggiare per due ore di seguito su una moto fosse così stancante.
In pratica non ho più un culo e neanche le gambe.
Stringo il suo busto con le braccia mentre svolta verso un autogrill.
Dio grazie.
Appena scendo dalla moto sospiro di sollievo.
<<Che bello! La mia circolazione funziona ancora.>>
Ethan mi guarda trattenendo una risata, mentre conserva i due caschi.
<<Forza carota, andiamo a mangiare qualcosa.>>
A sentire quel soprannome mi blocco sul posto.
Carota? Mia nonna mi chiamava così da piccola e la detestavo.
<<Evita questo soprannome, lo odio.>>
Lo supero, dandogli le spalle senza neanche sfiorarlo con lo sguardo.
Lui, da parte sua, cerca di prendermi la mano senza nessun successo.
<<Mica te la sarai presa!>>

Entro dentro la piccola panineria e osservo attentamente i panini davanti a me. Alcuni hanno il tonno, rabbrividisco al solo pensiero.
Ne ordino uno con pomodoro e mozzarella, appena arriva lo strappo poco delicatamente dalle mani della comessa e ne stacco un grande pezzo.
Che cosa buona!
<<Potevi anche aspettarmi, mi avrebbe fatto piacere.>>
Ethan mi raggiunge con un panino in una mano e due bottiglie d'acqua nell'altra.
Alzo le spalle non curante della sua osservazione e vado ad accomodarmi ad un tavolo.
Accavallo le gambe e mi godo appieno il mio panino.
<<Stavo scherzando prima.>>
Alzo gli occhi al cielo, notando quanto sia serio in questo momento.
<<Mi piacciono i tuoi capelli. Così rossi e indipendentemente lisci.>>
Sbaglio o mi ha appena fatto un complimento?
<<Bhe, grazie! Anche i tuoi capelli mi piacciono, sono così scuri e morbidi.>>
Mi poso una mano sulle labbra quando mi rendo conto di cosa ho detto.
Idiota.
<<Bhe, grazie!>>
Continuiamo a mangiare con il sorriso impresso sui nostri volti.

<<Quanto manca per arrivare a San Francisco?>>
Mi pulisco gli angoli della bocca e bevo un sorso d'acqua.
<<Un'ora più o meno.>>
Tiene lo sguardo basso, sulle sue mani che tortura senza ritegno.
<<Tutto bene?>>
Prendo una delle sue mani sul tavolo e scorro di un posto, sedendomi accanto a lui.
<<Non sono più sicuro di quello che sto facendo. Sto mettendo la tua vita in pericolo per cosa? Per chiarire con un padre che è già tanto se mi vuole vedere?>>
Aggrotto le sopracciglia e cerco il suo sguardo blu.
<<Sono voluta venire io con te. Se ti fosse successo qualcosa qui e fossi stato solo?>>
Lui mi guarda ed alza un angolo della bocca.
<<Staremo in un appartamento, il mio.
Domani andiamo a parlare con quella merda e i due giorni dopo ti faccio visitare la città, ti va?>>
Annuisco entusiasta e batto le mani come una bambina piccola, strappandogli addirittura una risata.

Dopo aver pagato, ci rimettiamo in viaggio.
Dopo un'ora di autostrada siamo arrivati nel centro città.
È così bella San Francisco!
I palazzi alti, le strade affollate, il sole, le spiagge di sabbia bianca e l'oceano.
È tutto così bello.
Mi osservo intorno con la bocca aperta e gli occhi a cuoricino.
Osservo attentamente tutto ciò che vedo attorno a me.
I negozietti, i ristoranti, le persone che passano la loro vita correndo in giro, le macchine ed addirittura i pochi surfisti in mare.
È una giornata così bella, il sole scalda tutto con i suoi raggi mentre il vento fresco primaverile li mitiga un po', rendendo questo calore piacevole.
<<Siamo arrivati.>>
Scendo dalla moto e sfilo il casco, passandolo ad Ethan.
Sistemo lo zaino sulle spalle mentre lui raccoglie il suo borsone.
<<Ti piace?>> Si guarda intorno anche lui, con un sorrisetto nostalgico sulle labbra.
Annuisco senza parole e lo seguo quando riprende a camminare.
Infila la chiave in un piccolo portoncino di vetro e mi fa cenno di seguirlo.
È un condominio abbastanza affollato, tanti entrano ed escono velocemente.
Seguo Ethan fino ad una porta scura, che dopo poco viene aperta.
<<Staremo qui, per questi giorni.>>
Avanzo incerta. È un appartamento piccolo ma accogliente, perfetto per una coppietta.
Se solo lo fossimo.
La piccola cucina viene separata dal salotto da un'isola, circondata da sgabelli alti.
Il salotto è arredato con gusto.
Al centro c'è un divano scuro posto davanti ad una tv enorme.
I colori pastello del muro riscaldano tutto l'ambiente, rendendolo accogliente e caldo.
<<Vieni ti faccio vedere la stanza.>>
Lo seguo fino in fondo al piccolo corridoio dove ci sono due porte, una difronte all'altra.
<<Questa è la stanza, spero ti piaccia. Mi trovi in giro o sul letto, dipende.>>
Annuisco e mi perdo ad osservare la stanza.
È piccola ma carina, con un letto ad una piazza e mezza al centro, un armadio bianco al lato destro e una scrivania sulla sinistra.

Decido di non perdere tempo e sistemo un pochino ciò che ho portato.
Metto in ordine i miei vestiti, l'intimo ed infine un paio di scarpe.
Non so neanche io come ci sia andata tutta questa roba, ma l'importante è averla.
Spalanco la finestra ed osservo il panorama.
Da qui si vede addirittura il famoso ponte e il golfo, non vedo l'ora di visitarli!
<<Ehi...>>
Mi giro verso quella voce e sorrido impercettibilmente.
<<Ehi...>>
Si avvicina a me, quasi correndo, e mi circonda con quelle sue braccia da nuotatore.
Sospiro e appoggio l'orecchio sul suo cuore, che in confronto ad altre volte va piano.
Lo sento rilassarsi tra le mie braccia e sono felice di sapere che di me si fida.
Se fosse stato il contrario non mi avrebbe permesso di partire con lui, di scoprire il suo passato.
Lo allontano piano e circondo il suo viso con entrambi le mani.
<<Andrà tutto bene, ci sono io qua con te. Certo, non sarò molto d'aiuto se dovrò picchiare ma sono brava ad arrampicarmi e sfuggire dalle mani delle persone.>>
Senza aggiungere altro, schiaccio le mie mani sulla sua faccia facendolo diventare buffo.
Scoppio a ridere e lui si scosta infastidito.
Lo abbraccio di nuovo ma è fin troppo rigido.
<<Cosa succede? Stavo solo scherzando...>>
I suoi occhi blu sono leggermente lucidi e non mi guardano neanche per un istante. Cerco di farmi guardare dritto negli occhi, noi comunichiamo solo così, in pratica.
<<Questo è quello che temo. Se domani la situazione dovesse complicarsi, tu scapperai. Non dovrai pensare a me, okay?>>
Mi arrampico sulle sue spalle perché non riesco a vederlo, visto che guarda dritto davanti a sé ed io sono un alga nana.
<<Non ce ne sarà bisogno. Io sarò lì e ti aiuterò, permettimi di farlo. Smettila di dicedire cosa è meglio per gli altri, so che vuoi proteggermi ma io voglio solo aiutarti.>>
Mi sono arrampicata su di lui, trovandomi infine, in braccio come i bambini piccoli quando fanno i capricci.
<<Ginevra... perché mi sei salita in braccio?>>
Alzo gli occhi al cielo e lo guardo come a dire "ma sei scemo?"
<<Perché essendo un nano da giardino e tu mi ignoravi, ho dovuto attuare le mie doti da arrampicatrice.>>
Sorridiamo contemporaneamente, guardandoci fisso negli occhi, finché le sue labbra non si posano sulla mie.
Il secondo bacio più bello della mia vita.
Ricambio, dimostrandogli la mia voglia di esserci per lui, per quando affronterà ciò che ha alle spalle.
All'inizio è un bacio dolce, calmo ma via via diventa sempre più famelico.
Mi appoggia al muro e continuiamo a baciarci finché non ci stacchiamo privi di fiato.
Il cuore mi scoppia nel petto.
Scendo dalle sue braccia ma mi tiene comunque vicina a sé, per i fianchi.
<<Scusa, non avrei dovuto.>>
Annuisco, capendo che si è leggermente pentito di avermi baciato.
Abbasso lo sguardo, alzo le spalle non curante e vado verso la cucina, alla ricerca di un bicchiere d'acqua.

Io così non posso farcela. Prima mi dice che siamo colleghi, poi fa il carino e mi bacia. Subito dopo dice di non aver bisogno di un segreto ed ora mi salta addosso alla prima occasione.
Un po' di coerenza!
Mi passo la mano tra i miei ciuffi rossi e poggio le dita sulle mie labbra, accarezzandole.
Istintivamente sorrido e chiudo gli occhi.
Sento i suoi passi per il corridoio e mi preparo ad essere il più indifferente possibile.
<<Gli amici non si baciano.>>
Mi appoggio all'isola di marmo scuro e osservo ogni sua piccola mossa.
Osservo il suo sguardo spegnersi, la mascella serrarsi e infine le sue mani che passano sulla faccia, per poi fermarsi tra i ciuffi scuri e morbidi.
<<Ti ho già chiesto scusa.>>
Mi ha già chiesto scusa. Quindi si risolve tutto con uno scusa?
Sorrido sarcastica e lo osservo con le sopracciglia alzate.
<<Questo secondo te basta?>>
Tra un po' lo picchio.
<<No. Certo che no, ma io... Non so cosa fare con te.>>
Sono scioccata. Alzo le braccia in aria e quasi rido. Sta scherzando.
<<Cosa fare con me? Cosa vorresti fare! Ho solo un segreto che tu non vuoi scoprire. Io sto facendo di tutto per farti capire che ci tengo a te, per dimostrarti cosa... lascia stare.>>
Lo supero dandogli una spallata ma lui mi afferra per il polso e mi attira a sé.
<<Per dimostrarmi?>>
Nego con la testa. Se provassi a parlare scoppierei in lacrime.
Mantengo lo sguardo basso.
<<Lasciami andare, per favore.>>
La sua stretta si allegerisce fino a liberarmi completamente.
Cammino piano verso la stanza.
<<Ti ho dato i baci migliori della mia vita.>>
Mi blocco con la mano poggiata sulla maniglia e mi volto verso di lui.
<<Anche io. Ma devi chiarirti le idee, Ethan. Non posso stare sulle montagne russe perché non sai cosa vuoi.>>
Spalanco la porta e mi chiudo dentro, appoggiandomi alla porta di legno.
Non aspetto neanche una sua risposta e sono sicura che questa sarà una lunga permanenza a San Francisco.

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