Capitolo 16

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Penso che mi stia per scoppiare la testa. Il dottore ancora non è neanche uscito dalla sua stanza e l'aria, qui dentro, sta diventando insopportabile.
Ho pianto così tanto da avere un mal di testa fortissimo e gli occhi rossi e gonfi.
Appena si apre la porta tutti si alzano in piedi tranne me. Io resto seduta per terra, mentre abbraccio le mie gambe  e cerco di ascoltare.
<<I parenti del paziente?>>
Una donna mai vista, penso sia sua madre, si avvicina al dottore insieme a Sophia.
<<Abbiamo una buona e una cattiva notizia. La notizia buona è che abbiamo levato la pallottola e fermato l'emorragia. La cattiva è che ci è stata una piccola complicazione alla fine dell'intervento e tutta l'equipe medica ha deciso di indurre il paziene ad un coma farmacologico.>>
Chiudo gli occhi per un secondo e dopo almeno quattro ore dico una frase.
<<Possiamo vederlo?>>
Tutti si girano verso di me, forse per la voce rauca.
Il dottore mi concede la sua attenzione.
<<Solo poche persone possono vederlo. Non tutti i presenti mi dispiace.>>
Tutti inziano a parlare contemporaneamente mentre io cerco di nascondere la testa tra le braccia, per non sentire questo chiasso.
Dio che mal di testa.
<<Secondo me devono andarci: sua madre, sua sorella, Fabrizio e Ginevra.>>
Un ragazzo poco più alto di mio fratello interrompe il vociare continuo.
Credo sia un compagno di squadra di Ethan.
Tutti annuiscono e le due donne entrano nella sua stanza.
<<Tutto bene?>>
Giro lo sguardo sul ragazzo e lo osservo attentamente. È lo stesso che ha preso parola poco fa.
Annuisco distrattamente e ritorno a fissare la porta blu chiusa, dietro la quale c'è Ethan.
<<Sono il suo migliore amico, Aaron.>>
Mi porge la mano e la stringo con poco vigore.
<<Ginevra, ma vedo che sai già chi sono.>>
Sorride impercettibilmente e guarda il resto della sua squadra.
<<Nessuna era venuta a guardare le sue gare, nessuna aveva conosciuto sua sorella. Ti ritiene speciale.>>
Annuisco sorridendo.
Mi ritiene importante. Anche lui lo è per me e guarda dove l'ho condotto.
Ha rischiato la vita per me, l'ha sempre fatto inconsapevolmente dalla prima volta che è venuto a casa mia, quando mia nonna mi aveva avvertita.
Dovevo ascoltarla e allontanare Ethan da me, non per il mio bene ma per il suo.
Chiudo gli occhi per un attimo, solo per assopire il senso di colpa che mi cresce dentro.

Sento scuotermi e chiamarmi.
Apro piano gli occhi e trovo Sophia davanti la mia faccia, con gli occhi lucidi.
<<Sta bene?>>
Mi alzo di fretta, tanto che mi gira la testa per qualche secondo.
Mi appoggio con la schiena al muro e apro le braccia per accogliere Sophia.
Lei mi abbraccia per qualche minuto e poi si allontana.
<<È difficile sai? Vederlo inerme in un letto. >>
Osserva attentamente il pavimento e si porta una ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio.
<<Lo so..>>
Sussurro piano.
Lei mi osserva con i suoi occhioni chiari e mi sorride.
<<Non darti la colpa.>>
Corrugo la fronte e continuo a osservarla. È così simile a suo fratello, fisicamente.
<<Lo vedo che ti stai dando la colpa di tutto per non so quale stupido motivo. Se lo ha fatto c'è un motivo, evidentemente ci tiene a te. E conoscendolo è una cosa rara.>>
Quante persone mi ripeteranno la stessa cosa? Anche io ci tengo a lui e guarda dove l'ha portato. Peccato che non posso rispondere perché ciò comporterebbe spiegazioni che non posso dare.

Fabrizio esce dalla stanza asciugandosi un occhio con la mano.
Mi spingo con la mani per staccarmi dal muro ed entro.
Non c'è cosa più brutta e triste di vedere Ethan sdraiato su un letto bianco, circodato da una stanza anonima e da tubi e macchine che lo controllano.
Chiudo la porta e mi avvicino a lui, con calma.
Accarezzo i suoi capelli, il suo viso e, infine, gli prendo la mano. Una fascia avvolge il suo petto e io non riesco a reprimere la mia voglia di stare con lui.
Sposto leggermente i tubi senza creare danno, mi sfilo le scarpe e mi accovaccio vicino a lui.
Chiudo gli occhi per un attimo e respiro l'odore che lo caratterizza, lo abbraccio e appoggio la testa nell'incavo del suo collo e solo adesso riesco a calmarmi.
Sento il suo respiro leggero muovermi i capelli, il suo petto alzarsi e abbassarsi con un ritmo fin troppo costante, respiro il suo profumo e mi stringo a lui.
Dopo qualche minuto le mie palpebre diventano pesanti e non esito a chiudere gli occhi.

<<Signorina....>>
<<Mh...>>
<<Signorina! Lei non può stare qui a quest'ora!>>
Spalanco gli occhi e osservo l'infermiera. È una donna bassa, corpulenta che mi guarda male mentre sbatte ritmicamente il piede sul pavimento.
Assomiglia tanto a qualcuno uscito dai fumetti!
Cerco di non pensarci perché potrei scoppiarle a ridere in faccia.

<<Mi scusi, mi sono addormentata.>>
Abbasso lo sguardo colpevole e mi alzo delicatamente mettendo al loro posto i tubi che aiutano Ethan.
<<Vado via subito.>>
Mi avvicino ad Ethan e gli accarezzo i capelli lasciandogli un bacio sulla guancia.
<<È la sua ragazza?>>
Alzo lo sguardo sull'infermiera e accenno ad un sorriso alla vista del suo sguardo dolce.
<<No. Siamo solo amici..>>
Lei alza un sopracciglio e mi sorride.
<<Certo! Comunque può aspettare qui fuori, dobbiamo soltanto indurlo a respirare in autonomia e dopo può rientrare se vuole.>>
Le sorrido grata ed esco fuori dalla stanza mentre un medico si appresta ad entrare.

In corridoio non c'è nessuno, tranne che per Aaron.
<<Ancora qui?>>
Alza di scatto la testa e mi sorride.
<<Aspettavo di poterlo vedere anche io.>>
Alzo le spalle e mi siedo accanto a lui.
<<Scusa, mi sono addormentata.>>
<<Figurati! Ora però tocca a me eh!>>
Annuisco sorridendo.
Dopo qualche minuto di totale silenzio, interrotto solo dal passaggio di infermiere e dottori, Aaron riprende a parlare.
<<Ginevra, posso farti una domanda?>>
Annuisco e mi giro verso di lui per dedicargli tutta la mia attenzione.
<<Perché Ethan si è ritrovato una pallottola nel petto?>>
Chiudo gli occhi per un secondo e,  quando li riapro, lo osservo attentamente.
<<Non mi va di parlarne...>>
Annuisce pensieroso e mi regala un sorriso tirato.
Ritorniamo entrambi a fissare la porta finché da essa non esce l'infermiera di prima e mi sorride tranquilla.
Aaron si alza di scatto e si avvicina al dottore che sta scrivendo sulla cartellina.
<<Dottore. Come sta?>>
Alza gli occhiali e ci scruta entrambe.
Si alza gli occhiali e ci sorride.
<<È un ragazzo forte. Abbiamo staccato il respiratore artificiale e sta respirando autonomamente da circa dieci minuti. Per il momento lo terremo sotto osservazione, potrebbe svegliarsi da un momento all'altro. Mi raccomando entrate uno alla volta, buona serata.>> 

Sospiro di sollievo e mi passo una mano tra i capelli.
<<Che ne dici se mentre sono dentro ti vai a dare una pulita?>>
Abbasso lo sguardo sulla mia maglietta sporca di sangue, ormai asciutto.
<<Hai ragione. Vado a darmi una pulita e torno subito.>>
Aaron mi sorride mentre si avvicina alla porta della stanza di Ethan.
Alzo una mano e inizio ad incamminarmi nel corridoio silenzioso.

È passata da un bel po' l'ora di cena, quando apro il portone e annuncio che sono a casa.
Entro in cucina alla ricerca di cibo, prima di andare a lavarmi.
Ho una fame assurda.
<<Ma che cosa è successo, pesciolino?>>
Appena vedo mia nonna, seduta difronte a mio padre, tutta la rabbia inizia a manifestarsi.
<<Cosa è successo?! Ma perché, non lo sai?! Alex non ti ha detto niente?>>
La sua faccia è sconvolta dal mio modo di rivolgermi a lei.
<<Il tuo amichetto ha sparato ad Ethan.>>
Mia nonna si rilassa sulla sedia, incrocia le braccia e mi sorride.
<<Tesoruccio, ma io ti avevo avvertito! Ricordi?>>

Sono totalmente sconvolta e così anche mio padre che ormai è accanto a me.
<<Tu sei pazza.>>
Lei si alza e mi si avvicina. Sorride malefica e mi afferra una ciocca di capelli.
<<Sei uguale a tua madre. Farai i suoi stessi errori e, probabilmente, anche la sua stessa fine.>>
Mi scosto da lei mentre la voce profonda di mio padre riempie la stanza.
<<Ora basta! Ti invito per l'ultima volta a lasciare questa casa. Ora.>>
Mia nonna si alza da tavolo e, con la sua calma, sale in camera.

Mi giro verso mio padre e mi rifugio nelle sue braccia.
Lui mi stringe a sé e mi lascia un bacio sulla testa.
<<Forza, va a darti una ripulita.>>
Gli lascio una bacio sulla guancia ricoperta di barbetta e gli sorrido grata.
C'è sempre stato per me, il mio papà.

Salgo al piano superiore e mi chiudo in bagno. Mi lavo velocemente, mi asciugo e mi vesto.
Lascio i capelli bagnati perché sprecherei troppo tempo che invece posso usare per sdraiarmi due minuti.

Mi butto sul mio comodo letto e inizio a fissare il soffitto cercando di non pensare a niente.
Pian piano i miei occhi si appesantiscono e non tardo ad addormentarmi.

Sotto lo stesso mare.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora