Insieme al campeggio

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Il ragazzo aprì gli occhi, ma subito la stanza gli parve offuscata: dovette sbattere le palpebre un paio di volte, per riuscire a vedere finalmente un'immagine nitida. Era in una stanza d'ospedale, lo dimostrava il letto candido, la tendina verde messa a ridosso del muro, l'odore di disinfettante, ma soprattutto la canula della flebo attaccata al suo braccio.

Tentò di mettersi seduto, ma subito una fitta al fianco sinistro lo fece ributtare sul letto con un gemito. Già una volta era stato in ospedale in quella situazione, sotto le sembianze di Conan. Quel giorno Ran gli aveva donato il sangue per l'operazione. Chissà se l'avevano operato anche questa volta, oppure gli avevano solamente dovuto chiudere la ferita.

Non passò molto tempo: una ventina di minuti, mezz'ora al massimo, quando la porta della stanza si aprì e comparvero i due ragazzi che erano alla sua festa di compleanno. Heiji si avvicinò subito al letto, con un sorriso, forse contento di vedere l'amico sveglio, mentre l'altro tenendo le mani in tasca andò verso la finestra, guardando fuori.

«Kudo stai bene?» chiese Heiji, appena fu vicino al letto dell'amico.

«Insomma...- disse toccandosi la fasciatura - che cosa è successo? Io mi ricordo di essere uscito da lì e poi...»

«È stato lui a salvarti. - disse Heiji indicando l'altro ragazzo che ora guardava dalla finestra - Quando sei andato a salvare Ran, Ai era talmente preoccupata per te che mi ha chiamato, purtroppo io non potevo raggiungerti perché avevo un caso tra le mani, ma fortunatamente lui era nei paraggi del Tropical Land e ti ha visto entrare nel parco.»

Shinichi si girò verso il ragazzo e lo fisso per diversi secondi. Si ricordava vagamente di lui e cercò di concentrarsi meglio. Il primo ricordo che aveva avuto era stato quello che probabilmente era il loro primo incontro. Quel vestito bianco... Poi gli venne in mente, Kaito Kid, il ladro gentiluomo. Lui ed Heiji, come molti altri investigatori gli avevano sempre dato la caccia, ma lui ogni volta riusciva a sfuggire. Eppure durante la lotta contro gli uomini in nero se non fosse stato per lui a quest'ora non sarebbe stato più al mondo.

«Kaito...» disse con un filo di voce, come se ad un tratto fosse diventato timido.

Il ragazzo si girò verso di lui con un ghigno divertito, poi tornò serio.

«Non pensare che l'abbia fatto per te! È solo che mi dà noia perdere l'unica persona che riesce a tenermi testa!»

«È solo troppo orgoglioso per ammettere che è tuo amico anche se siete rivali... Non è forse così Kid?» intervenne Heiji e tutti e tre si misero a ridere.

Finalmente si stava iniziando a ricordare del suo passato, pian piano ogni ricordo veniva a galla. Forse non gli era chiaro ancora tutto, la maggior parte dei ricordi erano ancora annebbiati e confusi, ma pian piano si stava ricordando e questo lo rendeva felice.


Erano le cinque di pomeriggio quando la porta della stanza d'ospedale, in cui era stato ricoverato, si aprì per la seconda volta, facendo entrare Ran. Aveva la testa fasciata e i suoi occhi violetti e immensi lo guardavano con compassione. Il ragazzo non riuscì a resistere all'intensità di quello sguardo e dovette voltarsi, rigirandosi dall'altro lato del letto, come un bambino offeso che non vuole più vedere in faccia chi l'aveva fatto arrabbiare. In realtà, semplicemente, si vergognava: non riusciva a sostenere quello sguardo, perché più la guardava negli occhi, più aveva paura di non ricordarsi di lei. Sì, sapeva il suo nome, sapeva che l'aveva amata e che molto probabilmente provava ancora una certa attrazione per lei, sapeva che lei ricambiava i suoi sentimenti, eppure sentiva che quello non gli bastava. Era come se l'assenza di quei ricordi con lei lo facesse sentire vuoto e incompleto.

Ricordi di ghiaccio rossoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora