Addio Boss

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Due giorni dopo il piano entrò, finalmente, in atto. Era sera e il gruppo, che si era ritrovato poco meno di una settimana prima a villa Kudo, era tutto radunato all'ingresso del Tropical Land, proprio oltre il cancello, davanti a loro solo quelle giostre spente e tristi e il buio della notte.

«Ok ora ci siamo tutti! - disse Shinichi quando l'ultimo componente del gruppo sbucò dal cancello - Ran, Sonoko voi venite con me!» disse rivolgendosi alle due ragazze che erano vestite con due eleganti vestiti da sera neri, Ran portava anche un paio di occhiali e i capelli raccolti in una coda di cavallo.

«Voi, invece, sapete cosa fare!» continuò il ragazzo e, dopo quella frase si divisero, dirigendosi ognuno al proprio posto di battaglia.

Shinichi e le due ragazze si erano diretti all'ingresso del covo dell'organizzazione e l'uomo in verde, che aveva accolto la prima volta Shinichi, era vestito di un rosso scuro.

«Siamo i nuovi elementi dell'organizzazione, dobbiamo incontrare il boss!» disse il ragazzo deciso, cercando di non far trasparire il nervosismo che aveva addosso attraverso la sua voce.

«In fondo al corridoio: oltrepassata la scaletta, la porta bianca.» rispose lui, ingenuamente, con tono scocciato.

I ragazzi seguirono le istruzioni che l'uomo aveva dato loro e attraversarono il lungo corridoio a passo lento. Shinichi si guardava intorno in continuazione, era teso, se avessero incontrato qualcuno che lo conosceva o che l'aveva visto già una volta sarebbe stato tutto vano. Insomma, in realtà avevano un piano di riserva, ma il ragazzo sperava con tutto il cuore di non dover ricorrere a quel piano così complicato.

Fortunatamente per loro arrivarono alla scaletta senza incontrare nessuno, la scesero lentamente e si ritrovarono in una stanza circolare a tre porte. Quella che avevano di fronte era bianca e su una lamierina d'ottone vi era scritto semplicemente Boss, le altre due erano in legno scuro, in una c'era scritto Sala Riunioni, mentre l'altra non aveva nessuna dicitura.

Il ragazzo stava per bussare alla porta quando sentì una voce familiare oltre ad essa.

«Non so più cosa fare!» sentì urlare.

«Controllati Vermouth! Questo incarico è della massima importanza! Voi tre dovete prendere quel microchip a tutti i costi. Non me ne frega niente di lui, se è necessario lo ucciderò io con le mie mani, ma voglio quel chip!»

«Sì Boss!» risposero tre voci in coro, Vermouth, Gin e Vodka.

I ragazzi, che avevano sentito tutto, erano rimasti paralizzati, ma quando sentirono un rumore di tacchi venire verso la porta entrambi si nascosero nella stanza senza targhetta, scoprendo che era uno sgabuzzino. Aspettarono che i passi dei tre si furono allontanati e appena non sentirono più nessun rumore uscirono con passo felpato dallo stanzino, per poi andare a bussare alla porta del Boss.

«Avanti...» disse una voce oltre la porta e, a quell'invito, Shinichi mise la mano sul pomello, ruotandolo e aprendo l'anta.

Entrarono in una stanza con le pareti di un bianco immacolato, su di un lato dell'ufficio vi era un armadio nero pieno di cartelle e, al centro, una scrivania nera, con una poltrona girata, appollaiato alla poltrona c'era un falco. Shinichi rimase paralizzato: non aveva più bisogno che un flash gli mostrasse a chi appartenesse quel volatile, oramai tutti i suoi ricordi erano tornati al loro posto e quello che stava vedendo lo lasciò senza parole.

«Chi è?» chiese una voce maschile da dietro la poltrona.

Il ragazzo non riuscì a rispondere, rimase zitto, paralizzato. Fu Ran a incitarlo a parlare, dandogli una leggera gomitata e, solo a quel tocco, il ragazzo si ricordò perché erano lì e il piano che avevano organizzato, così parlò.

Ricordi di ghiaccio rossoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora