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La camera è grigia. Grigie le pareti, grigio il pavimento. Dalla minuscola apertura sul muro, che una volta era una finestra, ma che ora è per quattro quinti murata, entra un sottilissimo e inconsistente raggio di luce. Grigio. È una stanza triste, squallida, monocromatica. C'è un letto, o meglio, una branda. Grigia. Un tavolino traballante. Grigio. In un angolo, una lampada a stelo. Spenta. Grigia. Uno specchio ovale, l'unica cosa che non abbia spigoli vivi. Non è grigio. È ossidato, inutilizzabile. Un paio di stivali neri della milizia accuratamente abbandonati ai piedi di una sedia. Sulla sedia, un'uniforme. Un timido scintillio. I gradi e le medaglie al merito. Cap. Farrell.

Lieve scricchiolio da una porticina. Il bagno. Ne esce una figura sinuosa.

Guarda come dorme... si sente sicuro...

L'ombra si avvicina alla branda e con una mano sfiora i biondi capelli del capitano.

Capitano, oh mio capitano... povero illuso... un'altra vittima immolata alla causa.

Un sibilo freddo, quasi silenzioso.

La figura misteriosa sorride. Un bacio sulla guancia dell'uomo.

Non preoccuparti. Non sentirai dolore... non ne avrai il tempo... non ti sveglierai più.

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Ora di punta al Rats and Parrots. Se di ora di punta si può parlare.

Il pub è il luogo di ritrovo dei miliziani che hanno appena smesso le ore di servizio. Posto buio, luci al neon fioche a causa delle sanzioni sul consumo di energia. Affollato, stretto. Soldati rissosi attorno ai tavoli del biliardo, gioco antico e mai passato di moda. In due tavoli si gioca a dadi, scommesse e manciate di denaro. Fiumi di birra... sarebbe proibita, ma infondo gli androidi preferiscono comandare uomini ubriachi piuttosto che ribelli sobri e pericolosi. Fumo, tanto fumo. L'aria nel locale è soffocante, una coltre grigia riempie gli spazi tra le persone.

In un angolo appartato siede una figura. Con le gambe allungate su una sedia di fronte a lei, Kristal Kirwan osserva la situazione in silenzio, cercando riposo dopo le estenuanti ore di pattuglia. Ha lasciato l'Accademia delle Armi da poco tempo e già si ritrova a lottare nella mischia: smascherare, seguire, arrestare i ribelli. Torturarli, se necessario. Ucciderli, invece, è indispensabile. Mantenere l'ordine. Questo è il suo lavoro, per quanto faticoso e crudele possa essere. Sono i farabutti che cercano guai, i miliziani difendono l'equilibrio e la giustizia.

Kristal si lascia andare a un profondo respiro e si allunga un po' di più sulla sedia, appoggiando stancamente la schiena al muro. Nella fitta penombra, la sua pelle diafana sembra risaltare e riflettere quel poco di luce che giunge attutito dal pesante fumo. Gli occhi verde-azzurri vigili, ora fissi su un punto ben preciso. Un ciuffo dei lunghi capelli rossicci scivola sul volto dai tratti statuari. Viene allontanato bruscamente e ricacciato dietro l'orecchio.

Giornata difficile. Ci vorrebbe un po' di riposo, ma il crimine non dorme. Mai. E poi fra un'ora sarà già tempo di riprendere il servizio.

Turni massacranti...

Una figura scende teatralmente le scale. Movenze sinuose, studiate, provocanti. L'abito leggero, scuro, tutto lacci, stringhe, code di tulle, segue ondeggiando la camminata quasi altalenante della ragazza: una cantante di cabaret.

La sgualdrina di cap. Farrell, così sussurra qualcuno tra gli uomini.

La vamp si avvicina a Kristal. Voce sottile, odiosa, stridula.

«Posso sedermi?»

Kristal toglie le gambe dalla sedia senza fiatare, ma con una smorfia di disappunto. Con tutti gli altri posti liberi, l'ochetta doveva proprio scegliere questo... ma non importa, non mi riguarda.

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