Capitolo 17

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Era una brutta notte di pieno inverno, il cielo era ricoperto da grosse nubi che lasciavano cadere una forte quantità di pioggia e fulmini. I tuoni erano assordanti e le luci momentanee dei lampi proiettavano sul pavimento e sulle pareti strane ombre, ma io, a differenza della maggior parte dei bambini, non ne avevo paura.
Amavo i temporali e l'area elettrostatica che ne derivava.
Quella notte mi alzai dal mio lettino perché avevo sete e mia madre si era dimenticata di mettermi il bicchiere di latte sul comodino.
Poggiai i piedini scalzi sulla moquette soffice e grigia, scendendo dal mio letto con un piccolo saltello.
Scesi le scale un passo alla volta, stringendomi nel mio pigiamino rosa con gli unicorni perché quella notte faceva più freddo del solito.
Silenziosa come un gatto, mi avvicinai all'ingresso della cucina e fui sorpresa di vedere mia mamma lì, in piedi, e con le braccia incrociate.

"Hai sete? Vuoi bere?" disse accondiscendente.

Anche se eravamo al buio, capii che stava sorridendo.
Più tranquilla sul fatto che non mi avrebbe sgridata per l'ora tarda in cui mi ero alzata, feci per risponderle ma qualcun altro mi precedette.

"Io ho sempre sete, sopratutto se si tratta di te, dolcezza."

La voce era di mio padre, ma aveva un tono diverso da come parlava con me.
Non sembrava più il mio dolce papà e ne ebbi paura. Così mi nascosi nell'angolo e senza sapere bene il perché, mi misi a spiarli.

Ovviamente non vidi niente, loro erano nascosti dal buio e io stetti ben attenta a non farmi vedere, ma li sentii bisbigliarsi parole incomprensibili per me.
Alla fine di quella strana situazione, io avevo ancora molta sete e decisi – dato che erano svegli entrambi – di far sapere che ero sveglia e che, come papà, anche io avevo sete.

"Mammina? Mi fa sete..." dissi, dondolandomi appena sui piedi.

Mia madre quasi urlò, sorpresa di ritrovarmi in cucina.

"Eiliv! Nostra figlia è sveglia." disse la mamma, con voce tremante.

"Scusa se ti ho fatto paura, mammina. Ho tanta sete però!" mi giustificai.

Mio padre si allontanò da lei e dopo essersi strofinato la manica della maglietta alla bocca, mi prese in braccio e mi fece bere.

"La metto a letto io, non ti preoccupare." le disse papà, dandole un bacio sulla bocca.

Quando fui nuovamente sotto le coperte, mio padre mi dette il bacio della buonanotte e allungò la mano per spegnere la luce.

"Papino, ti sei fatto male?" domandai allarmata da una grossa macchia rossa sul braccio.

Lui rise, di una bella risata cristallina e contagiosa.

"Ma no, topolino. È solo una macchia di pomodoro. Adesso dormi, da brava."

Mi accarezzò i capelli e se ne andò.

Però che strano, pensai, quella sera non avevamo mangiato il pomodoro.


Apro un occhio solamente per abituarmi gradualmente alla poca luce che filtra attraverso le imposte.
Cerco di cambiare posizione ma un paio di braccia me lo impediscono.
Sorrido e nonostante la vicinanza e una specie di semi nudità, mi sento bene.
Sto bene, tranne per il sogno assurdo che ho fatto e che mi ha svegliata.
Da quando sono invischiata in questa storia, non faccio altro che fare sogni assurdi che mi lasciano una sensazione di inquietudine addosso.
Lentamente mi volto verso l'uomo che dorme di fianco a me, con la voglia di guardarlo dormire ma quando mi rigiro, lo trovo intento ad osservarmi.

Love me before the full moonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora