Capitolo 10

49 5 1
                                    


 "C-cosa?" domando con un filo di voce, appoggiandomi inconsciamente al petto di Alastair. "Dove? Quando? Adesso dov'è?"

Sento che sta per aprirsi una voragine sotto i miei piedi.

"Non mi hanno detto molto, solo che si trova al St. James."

In meno di un paio di minuti siamo già in auto, che seguiamo Erik, diretti verso Londra.
Apro uno spiraglio del finestrino e dopo aver estratto una sigaretta dal pacchetto, inizio a fumare nervosamente, incapace di parlare o ragionare. Solo le parole di Erik che mi rimbombano in testa e non mi permettono di restare lucida.

Tuo zio è in ospedale. Ha avuto un incidente.
Mi hanno cercata e io non c'ero; non ero presente quando lui aveva bisogno di me.
Non ero lì per lui.

Mi asciugo con rabbia una lacrima che è riuscita a sfuggirmi e prima che inizi a torturarmi le unghie della mano, Alastair me la afferra con la sua, molto più grande e calda della mia, stringendomela per infondermi conforto e non farmi sentire sola.
Socchiudo gli occhi per un attimo, per non farmi sopraffare dalle emozioni che, come un mare in tempesta, mi si scagliano contro violente.

Il viaggio è lungo, a tratti eterno, ed io smanio dalla voglia di sapere cosa è successo a mio zio.

"Vedrai che tuo zio sta bene. Si tratterà solo di qualche graffio."

E' la voce sicura e pacata di Alastair che mi fa ritornare presente. Mi volto per vedere se il suo sguardo è così sicuro come la voce ma lo trovo impegnato a guardare la strada, ma sono felice che la sua mano non abbia ancora abbandonato la mia.

"Io ho solo lui." esalo con un filo di voce spezzata, cercando di tenere a bada l'angoscia e il terrore.

"E continuerai ad averlo. Tuo zio non è morto, né morirà."

E' così risoluto mentre parla che pian piano me ne convinco pure io.
Mi limito, però, ad annuire distrattamente, seppellendo pensieri, paure e speranze in fondo al cuore.

Quando arriviamo all'ospedale, ci dirigiamo subito verso l'accettazione.

"Sono qui per vedere John Russell."

"Lei è?" dice un uomo al di là della scrivania, digitando i tasti del computer, senza degnarci di uno sguardo.

"Sono sua nipote."

"John Russell, quinto piano, terzo lotto, porta a sinistra."

Tutti e tre ci dirigiamo dove ci è stato detto, circondati da una tensione tangibile.
Percorriamo corridoi, prendiamo ascensori e continuiamo a camminare a passo veloce fino a che io, in testa agli altri due, non mi arresto davanti al reparto di terapia intensiva.
Sento il cuore battere come un dannato, tanto da farmi quasi male.
Non so con quale forza riesco ad entrare dentro, continuando a camminare e fermandomi solo quando incontro un dottore.

"Sto cercando John Russell, sono sua nipote."

L'uomo col camice alza gli occhi dai fogli della sua cartellina e dopo essersi tolto gli occhiali, mi rivolge uno sguardo indecifrabile.

"Prego, mi segua."

Cammino dietro il dottore, affiancata da Alastair ed Erik.
Ci fermiamo all'improvviso davanti ad una porta ma prima che io possa entrare, il dottore mi ferma.
Sicuramente ci vorrà dire di non farlo agitare o parlare troppo, solo raccomandazioni di circostanza.
Starà bene, solo qualche graffio.
Si, certo. Niente di allarmante.

"Non potete entrare." esordisce l'uomo, abbassando la cartellina e guardandomi finalmente negli occhi.

"Il signor Russell ha un trauma cranico dovuto all'incidente, abbiamo dovuto metterlo in coma farmacologico e vedere se il trauma regredisce da solo." fa una piccola pausa. "C'è dell'altro. Subito dopo l'incidente è riuscito ad uscire dall'auto ma è stato attaccato da un'animale: aveva una brutta e profonda ferita alla gola. Ha perso molto sangue ma per fortuna siamo riusciti a chiuderla in tempo ed a fargli una trasfusione."

Love me before the full moonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora