~740 dαγs αftεr~

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CLARKE 08.28 a.m.

Clarke avrebbe voluto partire il giorno stesso in cui quella sopravvissuta aveva abbattuto il suo drone a Polis, ma aveva scoperto che il rover che avevano lasciato al faro aveva bisogno di riparazioni.

In più avrebbe dovuto portarsi scorte di cibo e tutto il possibile per resistere il più a lungo esposta alle radiazioni, sebbene i parametri vitali fossero saliti al 55%.

La testa di Clarke era in continuo fermento: com'era possibile che quella bambina fosse sopravvissuta per tutto quel tempo all'aperto?

C'era un'unica spiegazione: aveva anche lei il sangue nero. Ma non era possibile! Luna era l'ultima del suo genere e non aveva figli!

Finalmente, Clarke era riuscita ad aggiustare il Rover e vi stava caricando tutto quello che credeva le potesse servire. Nel cofano aveva trovato anche diverse munizioni con i fucili, probabilmente erano lì da due anni.

La ragazza indossò la tuta antiradiazioni e caricò la radio nel cofano, poi accese il motore collegando i cavi del Rover e lasciò il suo rifugio.

Era una strana sensazione: stava riattraversando quei territori dopo tutto quel tempo e la strada, pur essendo la stessa, le sembrava così diversa.

Mentre attraversava una landa desertica, dove le ruote della macchina alzavano la terra completamente nera tutt'intorno a lei e il sole la guardava dall'alto, Clarke accese la radio.

Non sapeva cosa si aspettasse: forse essere uscita fuori avrebbe aiutato la sua antenna a captare meglio il segnale? Avrebbe facilitato il contatto tra lei e l'Arca?

"Bellamy, sono Clarke. Se puoi sentirmi vuol dire che stai bene... che state tutti bene" Clarke teneva il volante con una mano e il walkie-talkie con l'altra. Non sapeva bene perché, ma sentiva il bisogno fisico di parlare con i suoi amici. Di aggiornarli.

"sono 740 giorni che provo a chiamarti dal mio bunker. Non so perché lo faccio ogni giorno, forse è per non sentirmi sola... probabilmente però non lo sarò più! Ho inviato un drone a Polis e ho visto una bambina sopravvissuta. Penso che abbia il sangue nero perché altrimenti non si spiega come sia ancora viva.Comunque sto andando da lei ora, voglio trovarla ed aiutarla perché... perché so cosa significa essere completamente soli al mondo".

Clarke posò la radio proprio mentre si inoltrava nella foresta dalle foglie blu che aveva visto con il drone. Il viaggio era stato più breve del previsto, pensò Clarke mentre una grossa nuvola copriva il sole.

Improvvisamente si rese conto che avrebbe potuto piovere: e se fosse stata la pioggia nera? Doveva muoversi.

Entrò a Polis con il Rover rombante. Inizialmente pensò di entrare in silenzio per cogliere la ragazzina di sorpresa ma poi, ripensando a quanto sembrasse spaventata dal drone, non le sembrò un bel modo per fare amicizia. Quindi decise di avvertirla della sua presenza.

Sollevò polvere che si depositò sui detriti delle case tutt'intorno. Il paesaggio era anche più agghiacciante di come Clarke avesse previsto.

Quando arrivò alla strada disseminata di cadaveri, spense il motore e saltò giù. Il sangue le si gelò nelle vene.

Tutti quei corpi... uno su l'altro, ammassati come animali. Molti di loro erano suoi amici. Per quanto ne sapeva, tra loro poteva benissimo esserci sua madre.

Cercò di camminare con lo sguardo fisso davanti a sé senza guardare i cadaveri, ma ogni volta che posava lo sguardo su uno di essi, immaginava che fosse il cadavere di qualcuno a lei caro: sua madre, Raven, Octavia, Bellamy... tutti ammassati lì, a guardarla con le loro orbite vuote.

Mαγ Wε Mεεt Δgαiη // The100Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora