~134 dαγs αftεr~

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[Cιαrkε 4.50 ρ.m.]

"...sono passati 134 giorni dal Praimfaya e ancora non sono mai uscita all'esterno".

Clarke stava parlando da quasi un'ora alla radio, seduta nella sua "cucina" con lo sguardo rivolto verso l'alto, quasi come se tra lei e i suoi amici non ci fossero miliardi di chilometri.

"l'abitabilità esterna è ancora troppo bassa".

Clarke guardò con occhio critico le lampadine a led che aveva istallato qualche settimana prima sul soffitto: erano proprio storte, ma almeno illuminavano.
Le aveva trovate tra le cianfrusaglie di Becca e non aveva esitato ad usarle.
'Sta a vedere' aveva pensato 'che adesso mi toccherà anche ringraziare Becca per essere sopravvissuta'
Clarke scosse la testa.

"sai Bellamy, l'altro giorno mi sono ricordata una cosa.
Ti ricordi quando mi hai insegnato a sparare in quel bunker? Allora non sembravo più una principessa, no? E neanche quando ho ucciso Finn o quando ho ucciso gli abitanti di Mounth Weather e poi sono scappata come una vigliacca. Ho commesso un sacco di brutte azioni per il bene del nostro popolo e mi sono resa conto che tu... tu sei sempre stato al mio fianco. Non hai mai smesso di guardarmi come se fossi una principessa nonostante tutti mi chiamassero Wanheda".

Clarke appoggiò la radio sul tavolino dove erano allineati tutti i fertilizzanti che aveva prodotto.

Non sapeva perché non ci aveva mai pensato prima, ma era vero. Bellamy c'era sempre stato per lei e Clarke non capiva come si potesse essere il centro del mondo di qualcuno senza nemmeno accorgersene.

In quei mesi aveva pensato tanto e Bellamy appariva sempre in tutti i suoi pensieri. Si stava accorgendo di aver bisogno di lui e improvvisamente capì come mai aveva scelto sempre Bellamy per accompagnarla nelle sue azioni più difficili: bastava solo una sua parola, un suo sguardo, un suo cenno e Clarke si sentiva bene. Ora, che non lo vedeva da 134 giorni sentiva come se qualcuno le avesse portato via una parte davvero importante di lei, come un arto o un polmone.

Si chiese perché con Lexa o con Finn non aveva mai provato qualcosa di simile, ma non riuscì a trovare una risposta precisa. Forse dipendeva solo dal fatto che loro ormai occupavano il suo passato, ma Bellamy era con lei in continuazione, nel suo presente.

Lui si fidava ciecamente di lei, l'appoggiava incondizionatamente e Clarke non l'aveva mai ringraziato per questo. Non se n'era neanche accorta prima, a dire la verità.

Ma com'era possibile che un semplice ragazzo come Bellamy potesse procurarle tutte quelle emozioni contrastanti?

"beh, io ti volevo dire grazie, Bell, anche se un po' in ritardo" Clarke fece una risata amara "e dirti che mi manchi".

[Bειιαmγ 05.12 ρ.m.]

Se c'era un lavoro che Bellamy odiava fare era coltivare le alghe.

Ormai, con il passare del tempo e grazie ai molti fertilizzanti creati da Raven e Monty, avevano arricchito i loro pasti con frutta e qualche verdura, ma le alghe continuavano ad occupare il fulcro del loro sostentamento, e passare le ore a guardare quei filamenti blu e verdi che crescevano era davvero stressante.

Bellamy si stiracchiò sulla sua poltrona.

Erano passati diversi mesi da quando lui e Raven avevano avuto quella conversazione all'Oblò e le cose erano cambiate. Lui era cambiato, o almeno, ci provava.

Tutti i suoi amici erano felici e sicuri di loro, mentre lui era sicuro solamente di essere diventato bravissimo a fingere di esserlo.

La loro vita era cambiata, era più movimentata e sembrava che a nessuno importasse più di come stessero le cose sulla Terra. O le persone.

Monty aveva smesso di controllare la radio e non entrava quasi più nella sala di controllo; Raven non aveva neanche dato cenno di voler iniziare a raccattare materiali per costruire una navicella con cui fare ritorno. Tutti erano così entusiasti di essere ancora vivi che si erano scordati che, probabilmente, molti altri non lo erano.

Bellamy però non si lamentava, preferiva che tutti credessero che stava bene, piuttosto che vedere le loro facce angosciate ogni volta che lui appariva.

-ti stai annoiando?- domandò Echo dal lato opposto della stanza.

Ah, già. C'era anche lei. Bellamy si era così perso nei suoi pensieri che aveva dimenticato di non essere solo.

-sì- ammise -ma non dirlo a Raven, potrebbe ammazzarmi per averlo anche solo pensato.

Echo rise. Sembrava molto più a suo agio adesso e cominciava ad abbandonare le sue abitudini da terrestre.
Aveva abbandonato la sua espressione perennemente arrabbiata e, con quei vestiti normali, sembrava molto più carina del solito.

-a che stai pensando?- chiese avvicinandosi -a Clarke?

Lui scosse la testa: -no. È solo che sembra che a nessuno importi di voler tornare indietro, un giorno. Voglio dire, non potremmo certo rimanere qui per sempre e, quando la Terra tornerà abitabile, torneremo lì, giusto?

Echo si mise in piedi davanti alla sua poltrona, gli occhi bassi e i capelli corti che le coprivano il viso. Se li era fatti tagliare da Harper qualche giorno prima, ma stava meglio così.

-Bellamy, finalmente viviamo in pace e serenità, senza più guerre tra clan per il controllo di territori e senza più virus che vogliono controllarci il cervello. Dovresti rilassarti.

Bellamy scosse la testa: -è difficile. Mia sorella è laggiù e Clarke...

-Clarke è morta, Bellamy, è ora che tu la smetta di illuderti.

Il ragazzo la guardò raggelato: -non è morta, io lo so!

-ti ha parlato? Ti ha mai risposto in quella tua stupida radio?

Vedendo che Bellamy rimaneva in silenzio a testa bassa, Echo si inginocchiò davanti a lui per avere gli occhi alla stessa altezza dei suoi.

-Bell, devi andare avanti. Se vuoi liberarti dai tuoi demoni, devi liberarti dal tuo passato. E Clarke fa parte del tuo passato.

Per quanto facesse male, Bellamy sapeva che Echo aveva ragione. Si era illuso per tutto quel tempo perché non voleva fare i conti con la realtà e la realtà era che per Clarke non c'era più speranza: -hai ragione.

Echo sorrise e si sporse in avanti premendo le sue labbra contro quelle di Bellamy e lui, mentre ricambiava il bacio, avvertiva dentro di sé che c'era qualcosa di sbagliato, ma represse quella sensazione stringendo Echo a sé: chissà, magari avrebbe potuto innamorarsi di lei e tornare ad essere felice.

Mαγ Wε Mεεt Δgαiη // The100Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora