~730 dαγs αftεr~

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{Cιαrkε 03.05 ρ.m.}

"ehi, Bellamy. Sono Clarke e ti sto parlando dal laboratorio di Becca. Oggi è un giorno speciale: sono passati 730 giorni dal Praimfaya. Due anni esatti"

Clarke era seduta sulla sedia girevole davanti ai monitor osservando i droni che volavano nel cielo.

Sette mesi prima aveva attivato la centralina con cui poteva controllarli e, grazie agli enormi monitor del laboratorio, riusciva a controllare le centinaia di droni ammassate nel magazzino. Ne faceva uscire cinque ad intervalli di tre ore e osservava il paesaggio che registravano.

Non li aveva mai spinti più lontano di cinque chilometri perché aveva appurato che non avrebbero avuto energia sufficiente per un viaggio più lungo, anche se moriva dalla voglia di spedirne un paio a Polis per vedere la situazione. Non sapeva bene cosa aspettarsi dalla capitale: centinaia di cadaveri sparsi per le strade? O magari i suoi amici erano usciti?

Impossibile, si disse, i parametri vitali superavano a stento il 50%.

Eppure quel giorno l'avrebbe fatto: avrebbe spedito un drone a Polis.

Dopotutto, erano passati due anni esatti, due anni in cui Clarke aveva vissuto in completa solitudine, con continui dubbi ed incertezze, senza sapere se era l'ultima persona sulla Terra, o se gli altri ce l'avevano fatta.

Clarke si rese conto che quel giorno era come una sorta di compleanno: era il giorno in cui la vecchia Clarke che metteva i suoi amici prima di lei stessa era morta, mentre era nata la Clarke guerriera, la Clarke sopravvissuta.

Clarke si era promesse che, se fosse sopravvissuta, sarebbe stata una persona diversa.

Perciò era una ricorrenza da festeggiare e, dato che non poteva uscire fuori per il troppo caldo, avrebbe fatto fare al suo drone un bel viaggetto.

La sera prima era tornata nel magazzino e aveva scelto il drone più grande e resistente, o almeno così le era sembrato, lo aveva messo a caricare e aspettava solo che fosse pronto per farlo partire.

"ho intenzione di dare un'occhiata a Polis" aggiunse alla radio "se la tempesta di radiazioni non ha spazzato via tutto e ha lasciato qualche edificio, potrei anche trasferirmi lì. O magari potrei cercare di entrare nel bunker. Mi piacerebbe davvero tanto rivedere mia madre e gli altri. Quando i parametri vitali saliranno al 60% uscirò di qui e andrò a Polis. Questo è il mio regalo di compleanno" aggiunse Clarke prima di spegnere la radio e tornare a controllare i monitor.

A quanto pareva l'ultimo drone stava rientrando al magazzino dall'apertura che Clarke aveva fatto apposta per i droni: se avesse lasciato la porta aperta, probabilmente l'aria li avrebbe danneggiati, perciò aveva deciso di creare una finestra sul soffitto del magazzino, in modo che i droni entrassero ed uscissero in un modo più sicuro.

Clarke posò la radio a terra vicino al suo album da disegno. Negli ultimi mesi aveva disegnato i paesaggi che aveva visto, soprattutto i più singolari.

Si ricordò delle cascate di acqua verde smeraldo, di quegli strani uccelli con il becco quadrato e le antenne, degli alberi secchi che avevano dei piccoli germogli blu su rami e delle stelle che sembravano piccole luci di natale che scintillavano la notte.

Per Clarke, l'esistenza di quei droni, era vitale: riusciva a distrarsi e a non sentire più l'angoscia di trovarsi sola in quel gran laboratorio.

Finalmente il drone tornò al suo posto e Clarke premette il pulsante per far uscire quello che aveva preparato.

Con il cuore in gola lo osservò dirigersi verso la finestra e poi su, in alto nel cielo rossastro, diretto ad ovest, verso la capitale, verso Polis.

Mαγ Wε Mεεt Δgαiη // The100Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora