Introduzione

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Prima di lasciarvi alla lettura, mi sembra necessaria una piccola introduzione per inquadrare i fatti. 

Chi ha già letto "Ivanhoe" o conosce la storia scorra verso il fondo pagina

Innanzi tutto, essendo un sequel, bisogna conoscere almeno un po' la storia di partenza: nel romanzo originale, Rebecca e Bois-Guilbert non sono (come dire?) amici. Per cominciare, lui sta ben piazzato dalla parte dei "cattivi", anzi si può dire sia l'acerrimo nemico del protagonista "buono" Ivanhoe: arrogante, pieno di sé, violento, ambizioso... Non uno stinco di santo, se aggiungiamo che, in quanto Cavaliere Templare, dovrebbe rispettare i voti di un monaco, ma non lo fa e non lo nasconde. Alle sue spalle una storia dai contorni non chiari in cui entra una fanciulla che, dopo avergli promesso il suo amore, di punto in bianco lo rifiuta, dopo averlo spinto a partecipare alle Crociate. Ecco spiegato perché Bois-Guilbert abbia un pessimo concetto delle donne in generale e punti a sfruttarle per il suo proprio piacere, senza scendere a compromessi.

D'altro canto, Rebecca è un'ebrea virtuosa, contraddistinta dalle qualità che qualsiasi eroina le invidierebbe: caparbietà l, coraggio, intelligenza e devozione al padre e alla fede, oltre che una bellezza ineguagliabile. Ahimè, la sua sfortuna è incappare per caso nel Templare, il quale (colpo di fulmine!) si innamora perdutamente di lei e decide che sarà sua. A qualunque costo. Ma Rebecca è già perdutamente innamorata di Ivanhoe, il quale a propria volta è innamorato di Lady Rowena, e da lei, buon per lui almeno, ricambiato.

Nel corso della storia Bois-Guilbert e Rebecca alla fine devono incontrarsi, ma l'incontro non è dei migliori: imboscata su un sentiero, Rebecca rapita e di fatto già condannata a subire una violenza, quando, nel castello di Torquilstone, piuttosto che concedersi al suo aguzzino è disposta a gettarsi dalla torre in cui è stata rinchiusa. Il gesto, che manifesta la virtù della fanciulla oltre ogni dubbio, ma anche il suo straordinario coraggio, colpisce il cavaliere più della stessa bellezza fisica di lei. Da quel momento Bois-Guilbert capisce che l'unico modo che avrà per possederla sarà quello di convincerla, di sedurla, e impiega tutte le energie per questo scopo.

La faccenda si complica: il castello viene assediato (per motivi che non concernono direttamente la relazione tra i miei due personaggi e su cui non mi dilungo). Bois-Guilbert sa che non resisterà a lungo e rapisce nuovamente Rebecca, portandola via dal castello in fiamme in groppa al cavallo, diretto alla precettoria di Templestowe, la sede del suo ordine più vicina. Qui, pensa lui, gli sarà facile vincere le ultime resistenze della ragazza e potrà coronare il suo desiderio. E invece no! Perché durante la sua assenza è arrivato nientemeno che il Gran Maestro dell'ordine, un tipo piuttosto severo e bigotto di nome Beaumanoir, uno a cui non piacciono tutte le scappatelle che i suoi monaci si concedono. Trovata Rebecca, la accusa di aver compiuto stregonerie sui cristiani (Rebecca infatti conosce l'arte medica) e di aver stregato lo stesso Bois-Guilbert che, consigliato da un suo fratello d'ordine, Albert de Malvoisin, sceglie l'ambizione contro il sentimento e si associa in un primo tempo alle accuse. Ma il sentimento ha la meglio anche durante il processo in cui Rebecca si trova allora implicata: Bois-Guilbert non solo non conferma più le accuse che le vengono mosse, ma addirittura le offre il modo per salvarsi, ossia un'ordalia. Un'ordalia è una sorta di duello sacro in cui lo sconfitto è automaticamente riconosciuto colpevole, una sorta di giudizio divino. Rebecca ha quindi tre giorni di tempo per trovare un campione di torneo che combatta contro lo stesso Bois-Guilbert che, incastrato da Malvoisin, parteggerà per l'ordine.

Chi potrà mai essere questo campione? Ovviamente Ivanhoe il quale, mezzo morto dopo le vicende che lo hanno interessato in precedenza, arriva giusto in tempo per impedire che si dia fuoco alla pira su cui Rebecca è condannata ad essere arsa in quanto strega. Combatte e... Vince! Ma Bois-Guilbert è morto... o almeno, la storia originale dice così.

Ora è il momento in cui mi serve l'attenzione di tutti voi, anche di chi ha letto "Ivanhoe" e non aveva bisogno del mio riassunto

Perché noterete una grossa differenza tra l'epilogo di Scott e l'epilogo che, nella mia storia, diventa l'inizio di tutto.

Scott fa morire Bois-Guilbert di un colpo apoplettico, brevemente spiegato come l'esito di tutte le passioni (brama di potere, amore eccetera...) che lottavano nel cuore del Templare. Questa morte non lasciava molto spazio al discorso che io volevo portare avanti: perciò ho preso spunto dalla versione televisiva del romanzo prodotta nel 1983, con attori del calibro di Sam Neill (Bois-Guilbert) e Olivia Hussey (Rebecca). Ho mantenuto come riferimento le loro fattezze per descrivere i miei personaggi e, affinché possiate fare lo stesso, vi lascio due immagini.

 Ho mantenuto come riferimento le loro fattezze per descrivere i miei personaggi e, affinché possiate fare lo stesso, vi lascio due immagini

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Insomma, nel film Bois-Guilbert muore, ma muore colpito al petto da Ivanhoe

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Insomma, nel film Bois-Guilbert muore, ma muore colpito al petto da Ivanhoe. E non muore perché inferiore all'avversario (avrebbe potuto tranquillamente vincere il duello). Si fa praticamente uccidere: guarda Rebecca, capisce che con la morte di Ivanhoe sarebbe spacciata e decide che la vita di lei ha la precedenza su tutto. E così muore questo Bois-Guilbert, sicuramente più romantico e molto più struggente (senza nulla togliere all'idea di Scott, che ha tutto un altro significato).

Non mi resta altro che spiegare il titolo: ci troviamo nel castello di Torquilstone, Rebecca è sul cornicione della finestra della torre, minaccia di buttarsi. Bois-Guilbert indietreggia, alza le mani bene in vista e dice: "Giuro sulla terra e sul cielo, non ti farò del male [...] Giuro su questa croce e sulla spada al mio fianco, non ti farò alcun male [...] Ho infranto più di una legge e più di un comandamento, ma mai la mia parola!". Rebecca, a questo punto, scende. E Bois-Guilbert continua: "Molto bene. Ci sia pace tra noi. Io... Io non sono sempre ciò che hai visto qui". I due parlano in francese, da cui ecco il mio titolo: Paix entre nous.

Paix entre nousDove le storie prendono vita. Scoprilo ora