Capitolo V

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O almeno, questo pensava Rebecca: non appena Isaac ebbe fatto ritorno a casa Bois-Guilbert lo fece chiamare e quello, con un po' di titubanza, lo raggiunse in camera. Sapeva che l'uomo era disarmato e per di più debole, ma gli incuteva comunque un certo timore. Inoltre, la richiesta di un colloquio era piovuta talmente inaspettata che il povero Isaac non aveva la più pallida idea di quale sarebbe stato l'argomento da dibattere.

Trovò il cavaliere seduto sul letto con un'espressione cupa in volto. L'ebreo non fece in tempo a porgere nemmeno un blando saluto, perché il normanno cominciò subito a parlare: «Mi rendo conto che la mia presenza vi dia non pochi imbarazzi – disse, con tono schietto e nessuna intenzione di farsi contraddire – Tuttavia devo rendervi note le mie ragioni. Vostra figlia Rebecca mi ha spiegato i vostri piani di partenza e ho sentito con piacere che attenderete la mia guarigione, se non completa, che almeno mi permetta di cavalcare. Io però non sarò mai sufficientemente guarito per separarmi da lei. E poiché in queste circostanze un uomo libero del mio popolo si reca dal padre della donna che intende sposare per chiederne la mano, ecco, io lo faccio con voi»

Isaac ascoltò inorridito il preambolo del Templare e appena gli fu possibile sbottò:«Voi, signore, prima avete condotto lontano da me la mia unica, adorata figlia, l'avete minacciata, l'avete esposta al pericolo di perdere la vita in un modo atroce... Appartenete a una religione che da secoli perseguita il mio popolo... Siete così arrogante da abusare della nostra ospitalità dopo ciò che avete causato... E osate pure chiedermi la mano di mia figlia?! Un uomo consacrato, a cui il matrimonio è impedito, voi vorreste che io vi concedessi mia figlia come una concubina?»

«Voi fraintendete il senso delle mie parole – lo interruppe Bois-Guilbert seccamente – Ma i vostri occhi sono chiusi dall'odio. Ho avuto modo di riflettere a lungo in questi giorni e la mia scelta è salda. Mi aspetto una risposta che le corrisponda»

«Siete abituato ad ordinare e ad essere servito. Qui, però, si tratta di mia figlia e sono io ad avere la potestà paterna su di lei. Non contestate dunque la mia decisione e lasciateci in pace!»

Bois-Guilbert scosse il capo e alzò la voce: «Non cederò così facilmente. È vero, io sono solito dare ordini; ed è vero che in questo momento voi avete tutta la libertà di negarmi ciò che chiedo. Lasciate allora che vi dica una cosa: non rinuncerei a Rebecca nemmeno se le costruiste attorno una fortezza d'avorio»

Isaac trattenne il respiro e distolse gli occhi: «Perché dovrei accondiscendere, ditemi? Il vostro nome non ha evocato che paura e sofferenza in questa famiglia. Il vostro emblema... La vostra fede... Tutto ciò che voi professate vuole il male del mio popolo. Non posso affidare mia figlia a un uomo come voi»

Bois-Guilbert sussultò e calcò la mano sinistra sulla ferita che ancora, talvolta, lo infastidiva: «Voi giudei siete davvero di dura cervice! Non c'è da stupirsi che il Signore vi abbia abbandonato – ringhiò – Ma io tengo a Rebecca e le devo molto più di quanto possiate immaginare. Quindi, vi prego, riflettete sulla mia proposta»

«Non capisco di cosa stiate parlando – ammise Isaac, animato da un fervore insolito – Ma voi non confonderete la mia mente. Devo confessarvi che non ho alcuna intenzione di tenere in conto questo colloquio. Rebecca ed io ci stiamo preparando a lasciare l'Inghilterra e mi impegnerò affinché voi non possiate seguirci»

«Lasciare l'Inghilterra?! – trasalì il Templare – E dove, ditemi, dove andreste?». Nella sua voce c'era una vena di smarrimento che dava una luce totalmente diversa al suo sguardo. Isaac aguzzò gli occhi e cercò di leggere nel turbinio della sua anima; ma non era mai stato bravo a decifrare i sentimenti, né i propri né quelli degli altri, perciò desistette e fece per andarsene.

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