Capitolo XII

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Bois-Guilbert migliorò sensibilmente all'arco nelle settimane seguenti: uno dei compagni lo assisteva ancora nella caccia per evitare all'animale predato inutili sofferenze. Gli esercizi al bersaglio fermo invece denotavano miglioramenti più evidenti. Colui che era stato Templare si comportava ora come un fuorilegge sassone – o quasi. I compari lo avevano accolto passo passo nella loro confidenza e anche Robin Locksley aveva cominciato a stimarlo più rispettosamente. Bois-Guilbert si era presto offerto di impratichire gli uomini nell'uso della spada, aiutato dal compare Little John, ottimo spadaccino.
Rebecca si era parimenti fatta accettare dalla cerchia di mogli che dal primo giorno la assisteva. Il lutto per il padre, fatto di lacrime e lamenti, cedeva gradualmente il posto a quella rassegnazione che Bois-Guilbert le aveva preannunciato ed ella si sentiva sempre più sollevata al pensiero che anche in quel momento così delicato il cavaliere le aveva dimostrato affidabilità. Nel segreto del suo cuore era orgogliosa di essere la sua protetta. Ogni giorno aveva occasione di vederlo, di ascoltarlo mentre parlava con i fuorilegge... E più il tempo passava, più sembrava svelare aspetti della sua personalità che fino a poco prima non avrebbe immaginato di trovare in lui. L'osservare da lontano l'attenzione con cui Bois-Guilbert istruiva i compagni all'uso della spada le faceva tornare in mente la cura con cui Miriam le aveva svelato i misteri delle erbe. Quasi non pensava più che quella spada, nelle sue mani, avrebbe potuto trafiggere corpi pieni di vita e strappare l'ultimo respiro ai moribondi. Provava la stessa ammirazione sia nel vedere Robin Locksley centrare un bersaglio dalla distanza lunga, sia nel vedere Brian de Bois-Guilbert atterrare un avversario con poche mosse rapide ed efficaci. Erano certamente due mondi diversi, il suo e quello dei due uomini; ciononostante, cresceva in lei la curiosità per il mistero sotteso all'arte delle armi. Ma il suo interesse era limitato a questo? Se lo domandò un giorno, dopo essersi accorta di aver fissato il normanno per buona parte della mattina. E si era risposta che il suo interesse non andava al di là del limite dell'innocenza: semplice curiosità, quasi infantile.
Un pomeriggio insolitamente caldo, non molto tempo dopo quella mattina, accadde qualcosa di nuovo: Rebecca aveva sentito più volte le fanciulle maritate parlare di un laghetto – lo stesso laghetto che Robin aveva descritto a Bois-Guilbert al primo pranzo comune – in cui solevano immergersi in pomeriggi come quello. E difatti Marian, la moglie di Robin, le si avvicinò subito dopo pranzo chiedendole se volesse essere del gruppo. Ed accettò, pur confessando di non aver mai nuotato prima di allora.
«Il fondale è basso – la rassicurò Beth, moglie di John – Non avrai difficoltà e se non ti sentirai di continuare, potrai sedere sui massi che circondano il laghetto»
Quel pomeriggio stesso Bois-Guilbert, per cercare refrigerio dal caldo, si era avviato nel bosco con l'intenzione di esplorarlo in vista delle successive battute di caccia. Robin si accorse del suo insolito girovagare e decise di tenergli dietro a debita distanza. Il normanno, da parte sua, non sospettava affatto di essere seguito e proseguì su diversi sentieri, arrivando alla fine ad udire uno scialacquio lontano. Il suono di acqua corrente lasciava presagire la presenza di un ruscello o anzi di un torrente abbastanza importante. E ne fu contento, Bois-Guilbert, al pensiero di rinfrescarsi un po'. Si incamminò assecondando il proprio udito finché al rumore si aggiunse anche il riverbero delle onde contro gli occhi. Si spinse fin sulla riva: un torrente, come aveva immaginato, tagliava la foresta scorrendo tumultuosamente verso est. Ristette per un attimo a contemplare lo spettacolo delle rapide, poi, tra il rimbombo delle onde, poté distinguere un'eco lontana di voci femminili venire dalla direzione della sorgente: decise di risalire il corso senza nemmeno soffermarsi a pensare. Il suo petto era pervaso da una dolce sensazione di impaccio e la testa avvertiva le vertigini dei turbini dell'acqua e del sentimento. Sapeva, infatti, a chi attribuire le voci.
Non dovette percorrere molta strada prima di arrivare a un bacino dove le rapide si placavano e l'acqua, ancor più limpida, rifletteva il colore del cielo. Contò in totale una quindicina di donne intente a bagnarsi presso la sponda opposta nel fresco scorrere del torrente fattosi laghetto – quel laghetto di cui aveva già sentito parlare diverse volte. Si appoggiò a un pino e vi si riparò, per sfuggire agli sguardi delle donne. La sua ricerca fu molto breve, perché la chioma folta e nera di Rebecca era unica in tutto il villaggio. La vide immersa fino alle spalle e avvolta sott'acqua da un alone bianco che doveva essere la sua sottoveste di lino. Si sporse appena per vedere meglio, rimanendo cauto.
Di colpo sentiva una gran sete e la gola gli sembrava come chiusa, impedita da un nodo. Il suo respiro era debole – come per paura di far rumore. E la sensazione che prima si era limitata al petto ora permeava tutto il suo corpo donandogli una beatitudine inconsueta.
«Brian, amico mio, – lo raggiunse, e raggelò, la voce di Robin – Non starai spiando le nostre donne, vero?»
Robin si avvicinò con aria complice e si appoggiò all'albero vicino, contemplando a propria volta la superba visione. Bois-Guilbert sprofondò nella vergogna e istintivamente incrociò le braccia sul petto, ma Robin non sembrava affatto offeso, casomai divertito.
«Così hai trovato il laghetto delle donne...» constatò nuovamente il fuorilegge, ritraendosi per non farsi scoprire.
«A quanto pare» ammise lui, senza staccare gli occhi da Rebecca che, ingenuamente, lanciava schizzi a piene mani alle amiche.
«Se per farti la barba in questi giorni ti è bastata una tinozza di acqua calda, ho il sospetto che da oggi tornerai qui più di frequente...»
Bois-Guilbert si staccò dall'albero e mosse due passi indietro. Tuttavia, il desiderio di rimanere a guardare, ad aspettare che Rebecca uscisse dall'acqua era troppo forte. Tanto forte che ben presto tornò al proprio posto, con occhi rapiti. Talvolta la fanciulla sembrava in procinto di abbandonare i giochi per trarsi più vicina alla riva, e in quei frangenti Bois-Guilbert si aggrappava al tronco con le unghie e aguzzava la vista; puntualmente, però, rimaneva ingannato.
«Ah, Brian! – lo canzonò Robin all'ennesima volta, dandogli una pacca sulla spalla – Come farai a dormire questa notte?»
Bois-Guilbert deglutì e si separò con un sospiro da quel sogno, seguendo l'invito del fuorilegge a tornare sulla via del ritorno. Lo sguardo basso, l'espressione assorta, e un impercettibile mordersi le labbra: e un fuggire della fantasia, rapido e inarrestabile, dietro a ciò che gli occhi avevano visto. Questo era ciò che quel pomeriggio gli avrebbe lasciato.
«Chi l'avrebbe mai detto? – concluse l'arciere, sorridendo – Mi ritrovo a parteggiare per un normanno!»  

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