Rebecca era coricata sul letto. Era notte fonda, ma il sonno non riusciva a vincere le sue preoccupazioni: il contratto era stipulato e già due settimane erano passate. Entro pochi giorni sarebbero cominciati i preparativi per la cerimonia delle nozze. Abraham era ancora lì, perché il re aveva chiuso le porte della città: le ricerche di possibili complici dei ribelli erano ancora in corso, nella pressoché totale segretezza. Si aveva paura a parlare a voce troppo alta, perché una sola parola, un motto o una battuta ambigua avrebbero potuto costare giorni di carcere e torture. La città era immobile. Così la casa dove Solomon e la sua famiglia erano ospitati: Rebecca non poteva uscire dalla propria camera, perché le era vietato incontrare Abraham fino al giorno del matrimonio; sua sola compagnia erano le serve del suocero che di tanto in tanto venivano a visitarla portandole dolcetti dono del fidanzato, secondo l’usanza. Lei non li toccava nemmeno e li faceva lasciare su un mobiletto cosicché, quando si trovava sola, potesse sbriciolarli e spargerli sul davanzale per i passerotti.
Brian de Bois-Guilbert era morto. Morto, morto come Isaac, morto come Rachel... Morto come tutte le persone a lei care. Vita veramente ingrata, la sua, più di quanto pensasse, perché la illudeva e poi la precipitava nell’abisso. L’abisso della disperazione da cui non voleva più risalire: avrebbe attraversato il confine degli Inferi a costo della propria felicità, non sarebbe più tornata. Non le restava più nulla, nessuna prospettiva, nessun desiderio. Tutto era morto con lui...
Uno schianto la spaventò. Tutto era buio e si poteva ben credere che si trattasse di uno scherzo della mente o, al più, dello scherzo di qualche ragazzino insolente. Pure, Rebecca si alzò. Muovere qualche passo l’avrebbe distratta dai pensieri cupi; percorse cautamente la stanza fiancheggiando la parete alla sua destra, continuò ad avanzare, arrivò alla finestra. Non c’era luna quella notte; nemmeno scostando le tende avrebbe ottenuto un po’ di luce. Volle scostarle ugualmente e per farlo si spostò indietro di un passo. Il suo piede calpestò un sasso. Anzi, non un semplice sasso: un sasso avvolto in un foglio di pergamena strappato. Il suo cuore ebbe un sussulto, Rebecca si chinò e prese la pietra tra le mani, rigirandosela tra le dita. Tornò al letto, vi si sedette e cercò di mantenere la calma; ma era pressoché impossibile. Chissà cosa voleva comunicarle quel messaggio! E lei non poteva leggere in mancanza della benché minima fonte di luce. Attendere l’alba? Le sembrava tanto sciocco farlo, tanto stupido: perché aspettare? Di certo si trattava di qualcosa di urgente. Si coricò e trasse da sotto il cuscino il fazzoletto insanguinato, lo premette contro la guancia e contro le labbra, lo baciò così tante volte da perdere il conto.
Per capire cosa diceva quel foglio di pergamena dobbiamo tornare a tre giorni prima, al castello di Lincoln. Bois-Guilbert era in piedi, rinvigorito da una dieta ricca di carne e di frutta. Richard aveva seguito i suoi miglioramenti con un certo ottimismo, tuttavia nutrendo ancora dubbi sulla sua fedeltà futura. Per questo decise, proprio tre giorni prima di quella pietra nella camera di Rebecca, di parlargli a quattr’occhi.
Si presentò nella sua stanza – una stanza chiusa a chiave, quindi una sorta di prigione – senza farsi annunciare. Bois-Guilbert in quel momento era accanto alla finestra e, alla vista del sovrano, rimase come sbalordito, indeciso su cosa fare. Perciò non fece assolutamente nulla oltre a voltare il capo nella sua direzione. Richard richiuse la porta dietro di sé e, da fuori, qualcuno la serrò a chiave, con due mandate.
Per un primo momento i due si fissarono: due paia di occhi azzurri, francesi, si specchiarono e si studiarono; forti e determinati quelli del re, diffidenti quelli del cavaliere. La tensione era palpabile e Richard era, tra i due, quello nelle condizioni di infrangerla. E lo fece indirizzandogli poche parole: «Si direbbe che la vostra bella ebrea vi abbia salvato la vita una seconda volta»
Bois-Guilbert deglutì e distolse per la prima volta gli occhi, puntandoli verso l’esterno, ai boschi che circondavano le mura. Non sapeva che il re aveva emanato l’ordine di vietare l’uscita dalla città, per cui immaginava Rebecca già lontana, sulla via di Sheffield.
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Paix entre nous
Historical Fiction[IN REVISIONE] Aprile 1194 - Bois-Guilbert è a terra, immobile, nel fango di Templestowe. Ma non è ancora la fine... Il mio vuole essere un sequel di Ivanhoe incentrato sulle vicende di Rebecca (e Bois-Guilbert) dopo il duello a Templestowe. Perché...