Capitolo IX

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Il villaggio che Locksley e i compagni avevano costruito nel fitto della foresta era in tutto degno della fama che lui e i suoi Allegri Compagni avrebbero ricevuto dalle ballate dei secoli successivi. Bois-Guilbert ristette sorpreso, ma la sua scorta lo condusse con modi non proprio delicati verso un albero a cui fu legato. Rebecca, invece, fu affidata a un gruppo di donne e introdotta in una capanna.
«Dove la portate?» ringhiò Bois-Guilbert, approfittando della vicinanza di Locksley.

«Non prendetevela così sul personale – scherzò quello – Non le accadrà niente. Semplicemente, le daremo un abito con cui sarà più comoda e ci prenderemo ciò che ci siamo meritati con una così buona sortita»

«Come sarebbe a dire?! Se aveste aspettato il prossimo pellegrino avreste potuto far ben altro bottino!»

«Noi vi togliamo solo ciò che a voi appesantirebbe il viaggio verso Sheffield. E poi, detto tra noi, non avete scelto certo il momento migliore per mettervi a girare l'Inghilterra: re Richard ha intenzione di far piazza pulita dei suoi nemici e quando scoprirà che siete vivo vi giurerà vendetta. E voi proprio ora decidete di passare di qui, territori pieni delle sue armate!»

«Voi non mi sembrate spaventato al pensiero di essere trovato a cacciare di frodo sulle terre del re!» obiettò.
«Questo perché il re ce ne ha data speciale concessione per alcuni servigi portati a dei sassoni prigionieri nel castello di Torquilstone circa due mesi fa. Ne sapete qualcosa?»

Bois-Guilbert, alla fine, ricordò dove avesse già visto quel muso sassone: all'assedio, certo! Era colui che comandava le frotte di arcieri che incessantemente facevano piovere nuvole di frecce contro gli uomini del castello.

"Il diavolo in persona", così l'aveva definito Front-de-Beuf. Ribolliva di rabbia, Bois-Guilbert, e diede due strattoni alle corde che lo assicuravano all'albero. Poi aggiunse, in un bisbiglio: «Lasciatele almeno il medaglione ammaccato che porta al collo: è l'ultimo ricordo che le resta di suo padre»

Locksley mutò l'espressione scherzosa con una seria e compunta e annuì, quindi prese congedo da lui e si diresse da tutt'altra parte, a distribuire ordini agli uomini. Da quel momento Bois-Guilbert si dedicò all'osservazione: intendeva decifrare i rapporti sociali del posto, capire il funzionamento del villaggio e tutto quanto potesse essergli utile per accattivarsi la fiducia di quelle persone. Questo passatempo lo impegnò per circa un'ora; poi la porta della capanna in cui Rebecca era stata portata si aprì e Rebecca stessa, insieme alle sue accompagnatrici, ne uscì vestita con un abito di foggia sassone e i capelli legati in una lunga treccia. Bois-Guilbert la vide subito, e subito sentì il cuore fermarsi; si rese conto – come se ne avesse avuto bisogno – che l'opulenza non aveva nulla a che fare con il sentimento che provava per lei: l'avrebbe voluta con sé
anche vestita di stracci. Notò con piacere che, appena uscita, lanciò sguardi intorno per cercarlo. Quando lo trovò, poi,  mosse istintivamente una mano per attrarre la sua attenzione. Lui le sorrise quasi senza accorgersene e il suo corpo, fino ad allora teso, si rilassò. Rebecca fu condotta altrove e non le fu permesso di avvicinarsi all'albero cui lui era legato. A mezzogiorno le offrirono un piatto di carne di cervo, mentre a Bois-Guilbert non venne dato nulla. C'erano due uomini incaricati di tenerlo d'occhio, ma probabilmente si annoiarono, visto soprattutto che lo stesso prigioniero a un tratto fu
sopraffatto dalla stanchezza e si addormentò.

Quando scese la sera qualcosa cambiò: Bois-Guilbert, che aveva passato gran parte del pomeriggio dormendo e si era svegliato in preda ai crampi allo stomaco, d'improvviso si trovò braccato e preso per le braccia. Quattro fuorilegge lo attorniavano, lo sollevavano e lo conducevano con la forza verso uno spiazzo dove era acceso un grosso fuoco, attorno al quale sedeva un buon numero di uomini. E attorno a questo primo cerchio si raggruppavano gli altri abitanti, uomini e donne insieme, in piedi.

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