9.

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Pensavo che tradire fosse più complicato, credevo che il senso di colpa divorasse nei visceri fino a straziarti e farti cadere afflitta al suolo.

Invece ero felicemente sdraiata nel letto di un altro uomo, con i suoi due cani a fare rumori molesti nelle mie orecchie alle prime luci del giorno.
-Fede. Togli questi ammassi di pelo e grasso dalla mia pancia e dalle mie gambe.- lo scossi, per svegliarlo dal suo sonno profondo. -Fede!- urlai mentre Wendy cominciava a leccarmi la faccia.
Lo sentii ridere.
-Ti vuole bene.- disse con voce rauca.
-Mi vuole lavare la faccia con la sua bava! E puzza! Toglila subito.-

Si mise seduto sul materasso per poi allungarsi e spostare entrambi i cani dal mio corpo.
Grazie al cielo non mi hanno uccisa, pensai.

-Mi prepari il caffè?- chiesi appoggiando il mento sul suo petto nudo. Scosse la testa ridendo -Non sono capace.- ridacchiò prendendomi in giro.
-Sei solo uno scansafatiche.- borbottai alzandomi. Recuperai la maglietta che Federico, la sera prima, aveva lasciato cadere ai piedi del letto e andai nel bagno per ripulirmi il viso.

Andai poi velocemente in cucina, pronta a sentire l'aroma di caffè espandersi per tutta la stanza. Il mio piccolo momento di piacere mattutino.
Sentii delle mani posarsi delicatamente sui miei fianchi e il cuore iniziò a battere. Non ero abituata a gesti d'amore di quel genere.

La mattina non si scherzava, non ci si baciava quasi mai. Era tutto così monotono; fino a quel momento, ovviamente.

-Senti, ma te l'ha mai detto nessuno che quella carta da parati con le statue greche, o romane, o quel che sono, fa veramente schifo?- dissi osservando con disgusto la parete al di là del tavolo.
-Senti, ma te l'ha mai detto nessuno che sei troppo polemica?- ribattè.
-Sì, qualcuno, ogni tanto.- alzai le spalle sorridendo, sorriso che si spense quando vidi lo schermo del cellulare illuminarsi. Feci segno a Federico di non parlare e risposi alla chiamata.
-Ehi! Amore.-
-Perché non sei a casa? Dove sei?- chiese Ivan.
-Sono a fare colazione con Federico. Oggi parte per Napoli e aveva voglia di fare qualcosa di diverso.-
-Ti va di tornare all'appartamento tipo... adesso? Ho due piccole sorprese.-
-Arrivo.- attaccai la chiamata e guardai Federico negli occhi, mimando poi con le labbra un "mi dispiace".

Andai a recuperare le mie cose dalla camera da letto al piano di sopra e quando scesi lo trovai seduto sul divano mentre accarezzava Spike.
-È tutto okay?-
-Volevo passare un po' di tempo con te prima di partire, ma sono solo uno stupido amante. Il tuo ragazzo ti aspetta.- sbuffò per poi venirmi incontro. Mi diede un bacio, che io approfondii per cercare di sentire meno la sua mancanza nei successivi giorni.
Quel giovedì sarebbe partito per la partita contro il Napoli, tornando la notte tarda del giorno successivo.

Da Federico andavo sempre a piedi. Così con le cuffie alle orecchie raggiunsi il mio appartamento dove mi aspettava Ivan e la sua sorpresa.
Leonardo e Manuela, i suoi figli, mi vennero incontro appena aperta la porta d'ingresso. Si aggrapparono alle mie gambe urlando il mio nome.
Ivan comparve dopo poco alla mia vista, alzai un sopracciglio per fargli intendere che quello che stava succedendo non doveva essere nei piani.
Lui di rimando alzò semplicemente le spalle. -Volevano vederti. Leo sentiva la tua mancanza.-

Lasciai cadere la borsa che avevo sulla spalla e presi in braccio Manuela che cominciava a tirare la maglietta che stavo indossando.
-È nuova?- chiese osservandomi Ivan.
-Cosa?-
-Quella maglietta. Da quando metti maglie così larghe?- si avvicinò lentamente e, prendendo tra le proprie braccia Manuela, assottigliò lo sguardo -Non ha neanche il tuo profumo. Sa di... uomo.-

Mi meledissi mentalmente per essermi dimenticata di togliere la maglia di Federico.
-Siamo andati da Sephora e abbiamo provato delle cose e per fare lo stronzo mi ha spruzzato del profumo addosso.- presi in braccio Leo e per cercare di cambiare discorso chiesi al piccolo cosa volesse fare per quel giorno. Propose di vedere un cartone, tutti insieme sul divano, e poi andare a fare una passeggiata in centro; non aveva mai visto la città ed era curioso. Così dopo aver fatto una lunga maratona di cartoni, salimmo sulla macchina di Ivan e raggiungemmo il centro. Leonardo era instancabile, riuscimmo a stare fermi solo per pranzo, poi di nuovo a marciare per la città.

-Sai, non ti ho chiesto come è andata la scena di ieri. Mi dispiace non esserci stato per picchiare quel faccino di porcellana.- mi disse una volta a casa, mentre mi aiutava a sistemare il letto in cui avremmo dormito tutti e quattro.
Rimasi in silenzio per cercare una risposta sensata e completa, che non creasse dubbi.
-È andata, non dobbiamo ripeterla. Buona la prima.-
-Ti sei sentita a tuo agio quindi.- mi disse quasi sussurrando; sembrava frustrato, come quando qualcuno viola qualcosa di tuo, qualcosa a cui tieni troppo. E un po' aveva ragione, Federico era riuscito a portargli inconsapevolmente via ciò che di più caro aveva in quel momento, insieme ai figli e il calcio. Cercai di rimuovere tutti i pensieri che avevo in testa, almeno per la notte e il giorno successivo che avremmo passato ancora insieme.

La sera successiva preparai una cena veloce, adatta alla dieta di Ivan, ma che potesse piacere anche ai bambini. Mi piaceva cucinare, sperimentare nuove ricette e sapori nuovi. A Ivan era sempre piaciuta la cucina toscana; quando andavamo a trovare la mia famiglia a Massa, si riempiva di qualsiasi cosa, dimenticando molte delle restrizioni dietetiche. Diceva che se per una settimana avesse mangiato come tutte le persone normali non sarebbe sicuramente morto e io lo prendevo in giro, immaginandolo come la palla con cui i suoi compagni avrebbero giocato qualche partita.

Una volta terminata la cena, ci accomodammo sul piccolo divano del salotto. Leonardo si stravaccò sulle mie gambe mentre Manuela giocava a terra con delle bambole. Era da poco iniziata la partita della Juventus e sia Ivan che Leonardo mi pregarono di lasciare sul canale sportivo.
-Cosa ti interessa della Juve e del Napoli?- chiesi passando una mano tra i capelli morbidi del bambino.
-È sempre bello vedere questa partita, poi guardando le altre squadre si capiscono di più le tattiche che potrebbero usare anche con noi in campo. Tra una settimana giochiamo con i bianconeri.-

-Tata! Quello è il signore che insulti sempre quando lo vedi in televisione.- urlò Leo dopo che inquadrarono Federico seduto in panchina. Alzai un sopracciglio guardando Ivan.
-Anche davanti a loro fai queste scenate? Non ti senti un po' stupido? Mi sembri un bambino quando ti comporti così!-
-Non urlare e non dire queste cose davanti ai bambini.- disse autoritario chiedendo poi ai piccoli di andare per qualche minuto a giocare nella camera da letto.
-Proprio tu dici di non urlare o darti dello stupido davanti ai tuoi figli? Proprio tu che insulti Federico davanti a loro senza un motivo?-

Ma il motivo c'era, anche se lui non lo sapeva.

-Domani mattina tornatene a casa da solo. Io rimango qui a Torino.-
-Non fare così, Sofia, per favore.- cercò di abbracciarmi, ma mi spostai istintivamente al suo tocco. Mi sembrava come se la persona che avesse insultato fossi io, mi sentivo colpita, quando in realtà avrei dovuto solo fare finta di nulla.
In quel momento mi sembrava di stare con un mostro.
Anche se il mostro, a dire la verità, ero io.

Ciak - Federico Bernardeschi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora