Capitolo 4 - Ovunque tu debba tornare

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Pioveva. Pioveva, mentre lui guidava, pensando distrattamente a due sere prima. Aveva chiesto di prendere un'auto e di essere lasciato in pace per un po', dato che quello era praticamente il suo giorno libero. Aveva bisogno di schiarirsi le idee. Adesso ricordava, ricordava tutto e gli si stringeva il cuore, ogniqualvolta si faceva largo in lui la consapevolezza di aver rovinato tutto. L'alcool aveva smesso di offuscargli la vista, ma forse, sarebbe stato meglio se avesse continuato. Avrebbe preferito non aprire i cassetti della memoria che lo riportavano a Sanremo, settimana da cui non si era mai separato veramente. Era ancora fermo lì, era ancora bloccato a quella notte, come in un loop temporale. Si erano detti Quello che succede a Sanremo rimane a Sanremo, ma lui aveva infranto quella promessa. Avevano preso ad evitarsi, perché i loro sentimenti si erano messi in mezzo e non dovevano più farlo. Però, erano tornati comunque, prepotenti, dentro di lui e lo avevano costretto a sbottare contro Fabrizio.

L'acqua continuava a bagnargli il vetro del parabrezza, imperterrita. Stava ascoltando Le luci di Roma, anche se non ne conosceva il motivo. Fu in quel momento che gli venne un'idea, un'idea pazzesca e distruttiva, ma che stava già seguendo, inconsciamente, mentre la macchina si dirigeva verso l'imbocco dell'autostrada. Quarantott'ore prima stava piovendo, mentre loro si lasciavano, per questo motivo aveva scritto su quel foglio dei versi tratti dal testo di 9 primavere e lo spartito musicale. Ma ora, lui lo rivoleva, così, sotto la pioggia, se lo sarebbe ripreso.

Per tanto tempo, aveva pensato Non ti appartiene, leggendo gli articoli della smentita che aveva dovuto fare sulla loro relazione. Per tanto tempo, aveva cercato di mettere da parte ciò che provava, ma adesso non ne poteva più. Certo, forse Fabrizio non l'avrebbe mai perdonato, quella possibilità esisteva ed Ermal lo sapeva bene - la temeva -, ma doveva pur sempre provarci.

Fu così, che quel pomeriggio uggioso si ritrovò a guidare, da solo, in autostrada, nella direzione di Roma, dove si trovava Fabrizio.

***

Non aveva ben capito come fosse successo, fatto sta che erano le quattro di notte e loro stavano cantando delle cover sulla spiaggia di Sanremo, seduti vicini per cercare di ripararsi il più possibile dal freddo. Fabrizio aveva avuto la brillante idea di recuperare la chitarra dal taxi e di farlo andare via, dato che Tanto sarebbero tornati a piedi in albergo più tardi. Sì, già, Fabrizio era davvero un genio. Ermal cantava con il sorriso perennemente stampato in faccia, senza avvertire più il freddo del vento che gli sferzava sul volto, con il cuore che gli scoppiava dalla felicità e la leggera consapevolezza dell'aria che circolava nei polmoni, perché solo il fatto di trovarsi lì insieme a quella persona che amava molto riusciva a donargli ossigeno.

Rubò la chitarra dalle mani di Fabrizio e decise che era arrivata l'ora di suonare una canzone che rifletteva un po' il suo stato d'animo in quel momento. Dapprima, l'amico non riconobbe le note, poi, una volta che Ermal cominciò a cantare, gli tornò tutto alla mente. Si chiese il motivo che l'aveva spinto a scegliere proprio quella canzone, ma quando cominciò a disporre le parole in musica, decise di lasciar perdere. Contava solo quel piccolo angolo di Paradiso in cui erano racchiusi loro due e le onde del mare. Quell'orizzonte sconfinato, oltre il quale sperava ci fosse un posto per loro.

Era una vita che ti stavo aspettando.

Non si era accorto che Ermal aveva smesso di cantare e che lui lo stava fissando. Lo stava guardando imbambolato, come se avesse improvvisamente visto un angelo - o magari un alieno - scendere sulla terra.

<< Stai bene, Fabrì? >> chiese Ermal e la sua voce era bassa, ma squillante nel silenzio.

Lui annuì, sbattendo un paio di volte le palpebre.

In due tempi | MetaMoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora