Era notte fonda e loro stavano cantando su una spiaggia solitaria. Quella notte sembrava non dovesse finire mai. Era un po' come un sogno che stava durando da quasi ventiquattr'ore ed Ermal non voleva svegliarsi. Guardava Fabrizio e si sentiva felice. Stare lì con lui lo faceva sentire bene, gli donava una sensazione di pace e tranquillità, che non aveva mai provato prima, se non in rare occasioni. Gli dava la consapevolezza di non aver sbagliato a compiere tutte le azioni che aveva portato a termine in passato, perché significava che ognuna di loro l'aveva condotto dritto a quel momento, al quale lui apparteneva. Momento in cui si sentiva davvero vivo. Pregò che la voce non lo abbandonasse proprio in quel lasso di tempo, perché avvertiva gli occhi bruciare per le lacrime - o era la stanchezza? -.
Appena sotto la superficie dell'epidermide, c'era lui, Fabrizio, con la sua risata bassa e contagiosa. E forse, era tutto quello che aveva di lui, perché non era interamente suo, per varie ragioni. La verità era che, però, lui non lo voleva in quel modo, perché una persona non è di tua proprietà se la compri o la incateni. Anzi, una persona non è di tua proprietà e basta, è solo libera. Però, avrebbe potuto scegliere di collegarsi a lui, di legare un filo rosso all'estremità delle proprie dita e delle sue, per non perdersi fra la folla. Se voleva connettersi esclusivamente a lui, doveva farlo per propria scelta e perché non voleva regalare la sua anima a nessun altro, se non a lui. Non aveva mai avuto niente, nella sua vita, non per davvero, ma adesso aveva lui e gli bastava. Non riusciva a desiderare più di tutto quello che non avesse già: una chitarra, il rumore delle onde nelle orecchie e Fabrizio che lo stringeva a sé, per proteggerlo dal freddo pungente di febbraio.
Smisero di cantare, perché a lui faceva male la gola, mentre Fabrizio aveva la voce così roca, che il giorno dopo non sarebbe più riuscito a parlare, probabilmente. Ermal si guardò le mani, che gli bruciavano per il freddo e pensò a quanto fossero stati stupidi a scappare da tutto e da tutti, solo per rimanere lì da soli a congelare.
<< Pazzesco, vero? >> disse, mostrando i polpastrelli vermigli, sotto il chiarore della luna, a Fabrizio.
<< Non hai dei guanti? >> chiese. Ermal scosse la testa, in segno di diniego. Non pensava che gli sarebbero serviti, quindi non li aveva portati. << Aspetta, ti presto i miei. >>
Fabrizio tirò fuori dalla tasca del cappotto un paio di guanti neri, che non avevano le dita e glieli porse. Ermal gli sfiorò le mani, fredde e pensò che quel piccolo sacrificio valeva per lui come un gesto d'amore immenso. Prese i guanti e fece per infilarseli, ma qualcosa lo bloccò.
<< Sai, ci potrei scrivere una canzone. Su questo momento, intendo. >>
Fabrizio si lasciò andare in uno sbuffo divertito.
<< Ma che dici, Ermal? >>
<< Sì, insomma, guarda qua. >> disse, aprendo le braccia, come per mostrargli la vastità del mare che li attorniava, l'orizzonte infinito del cielo, la distesa di quella spiaggia in cui regnavano beatitudine e quiete. << Potrei scrivere di una grande vittoria, del rumore delle onde in una notte senza luna e del mio amico che mi offre un paio di guanti per non farmi congelare. >> spiegò, stringendosi di più nella sciarpa, facendo sprofondare le mani nelle tasche del cappotto, lasciando i guanti da qualche parte.
Fabrizio alzò le spalle, un mezzo sorriso di stima ad increspargli il volto.
<< Sei davvero un cantastorie, Ermal. Non importa se queste storie che racconti siano vere o inventate, profonde o divertenti, tu sei nato per questo, per raccontarle. >> disse. Ermal avvertì le guance accalorarsi un po' ed il rumore delle onde che sbattevano contro il limitare della sabbia si fece più intenso per qualche secondo.
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In due tempi | MetaMoro
FanficQuesta storia si sviluppa su due piani temporali: la vicenda si svolge da una parte durante la settimana di Sanremo, mentre dall'altra nel tempo presente. Ermal si risveglia un giorno senza ricordarsi cosa sia accaduto la sera prima e per quale mot...