Capitolo 16 - Ti ricordi che ti amo

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Non è facile sostenere lo sguardo di qualcuno, soprattutto se è quello di Ermal: sembra che ti scavi dentro, mettendoti l'anima a nudo e comprenda la tua indole nel giro di pochi secondi. Pare che possa frantumare ogni tua difesa, ogni muro che hai eretto per non far passare il dolore. Lui s'insinua fra le crepe e viene a bussare alle porte del cuore. E poi, poi riversi nelle parole che dici ogni peso che gravava sul tuo petto sino ad ora, tutto quello che non hai mai confessato per non doverti sentire in colpa o inadeguato o giudicato, perché ti fidi del suo sguardo, che saprà capirti e le sue mani ti sosterranno. Quello era Ermal e Fabrizio amava i suoi occhi almeno la metà di quanto amasse lui.

<< Fabrizio, ti giuro che se lo fai, fra di noi è finita. >>

<< Me la pagherai, per quello che mi hai fatto. >>

<< Intendi farti dormire in un divano letto anziché in albergo? >>

<< Mi hai tirato un cuscino in faccia. >>

<< Stavi russando! Dovevo difendermi, in qualche modo! >> ribatté Ermal, mettendo su un broncio infantile che fece intenerire Fabrizio, ma cercò di non darlo a vedere.

<< Adesso ti prenderai le responsabilità delle tue azioni! >> esclamò Fabrizio, ma con voce bassa, perché non volevano svegliare la madre di Ermal.

Ermal fece per allontanarsi, ma aveva le lenzuola attorcigliate attorno alle caviglie, così Fabrizio l'ebbe vinta e riuscì a fargli il solletico. Ermal prese a ridere come un ragazzino e ad ogni risata, il sorriso sul volto di Fabrizio si allargava sempre di più. Era prematuro farlo, lo sapeva, ma l'immaginazione galoppava feroce nella mente di Fabrizio: dipinse una domenica mattina come le altre, in cui lui ed Ermal se ne stavano sdraiati sul letto a parlare di quale colore ridipingere le pareti o di una canzone che stavano scrivendo insieme. In un'altra situazione, probabilmente non ci avrebbe dato peso, ma quando sai di non poterti godere momenti semplici come quello, vorresti che si manifestassero ad ogni ora.

Ermal si divincolò e cercò di fuggire, ma Fabrizio lo strinse a sé e ci sarebbe dovuto essere un buon motivo per lasciarlo andare. Ermal sbuffò contro il suo petto, poi alzò lo sguardo e lo fissò, le labbra premute contro il suo mento.

<< Cosa c'è? >>

<< Ma tu seriamente facevi queste cose a quindici anni? >> chiese, ridacchiando.

<< Mi stai prendendo in giro per l'età, non è vero? >>

<< No, è solo che provo ad immaginarti a quindici anni e non ci riesco. Non so praticamente niente di chi tu sia stato, ma vorrei che me lo raccontassi. >> rispose Ermal.

Fabrizio gli lasciò un bacio sulla punta del naso.

<< Parliamone di domenica, d'accordo? >>

<< E cosa vuoi fare adesso? È ancora presto per il mio treno. >> replicò Ermal.

Negli occhi di Fabrizio passò un luccichio strano, come una stella cometa che sfreccia nel cielo durante la notte di San Lorenzo. Il cervello di Ermal non ebbe il tempo per elaborare quello che stava succedendo, perché si ritrovò le labbra di Fabrizio sul collo, che lasciavano una scia di baci caldi sulla pelle. Chiuse gli occhi le mani strette alle spalle di Fabrizio come se dovesse ancorarsi a qualcosa per non crollare. Gli era venuta la pelle d'oca, perché sentiva improvvisamente ogni punto del corpo diventare più sensibile al suo tocco, soprattutto sotto l'orecchio, dove ora si erano spostate quelle labbra. Si rilassò fra le sue braccia, senza pensare più a niente, né al treno che avrebbe dovuto prendere di lì a poco né a sua madre che stava dormendo al piano di sopra. Aveva sognato quel momento per più di un mese ed ora non riusciva a farne a meno, come se fosse tornata una dipendenza da cui si era staccato molti anni prima.

In due tempi | MetaMoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora