9 - Di nuovo lui

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Come primo giorno alla segheria non era andato per niente bene. Ancora mi faceva male tutto il corpo. In mezzo a tutto quel casino però qualcosa di positivo era successo. Il ragazzo della chat mi ha contattato di nuovo e il bello è che gli ho dato appuntamento a stasera. Quindi? Cosa faccio adesso? Di colpo mi torna in mente la parte in cui ci sono io che mi tocco e lui che d'improvviso ferma tutto e propone di smettere. Che cosa imbarazzante.

Mio zio entra dalla porta della cucina e mi fissa dubbioso.

«Allora? Com'è andata? Ti sei divertito, figliolo?»

Non so se dirgli la verità, cioè che il figlio del nostro vicino (quello con un culo fantastico, sì) mi ha incollato al muro, oppure inventarmi una scusa e dirgli che quasi quasi era meglio starsene a casa a non far nulla. Opto per la seconda.

«Bene!» E quasi me ne vergogno. «Davvero un bel posto, il signor Sullivan si è sistemato davvero bene. Quel posto deve valere una fortuna.»

«Sono un sacco di anni ormai. Cominciò a lavorare in quella segheria quando ancora eravamo giovani. Ricordo che uscito di scuola andava a dare una mano a suo padre.»

«Si vede che a quel posto ci tengono.»

Poi arriva la domanda dolente. La causa dei miei pensieri e... dei miei dolori.

«E con il giovane Sullivan com'è andata?»

Il volume della mia voce si azzera. Tutto attorno a me pare immergersi sott'acqua e le mie orecchie si chiudono come se qualcuno mi ci avesse spinto dentro. Tutto quanto sembrò capovolgersi e l'aderenza al suolo sembrò andare a farsi fottere.

«Non è andata per niente bene. C'è mancato poco he mi spaccasse la faccia.»

«Cosa?  Stai scherzando vero, figliolo?»

«Ho paura di no,» dico sedendomi su una sedia e versandomi del caffè «Aaron ha qualcosa, qualcosa di molto chiaro, contro tutti i ragazzi a cui piacciono altri ragazzi. Ho cercato di fare conversazione, dire due cretinate, ma non c'è stato verso di farlo ragionare. Sembra proprio che io e lui non abbiamo niente da dirci.»

«Mi dispiace parecchio. A vederlo sembra un così bravo ragazzone. Non so come faccia ad essere così diverso da me rispetto a certe cose. Come già sai a me non importa cosa succede in camera tua, mi basta che usi la testa.»

Inutile dire quanto ammiri quest'uomo, come anche sua moglie, ogni volta che gli sento pronunciare parole simili. In momenti come questo sarei quasi tentato di mollare davvero tutto e stabilirmi da queste parti. Anche se dovessi rischiare di incontrare Aaron ogni giorno, nonostante abbia un culo da paura.

La conversazione con mio zio si conclude con un nulla di fatto. Ciò che è successo stupisce anche lui, è incredulo sul fatto che il ragazzo dei vicini, che ha visto crescere, sia diventato un tipo con un cervello così piccolo da far invidia alle noci. Me lo chiedo anche io visto che siamo coetanei. Mi aspetto sempre che quelli della mia età abbiano un po' più di apertura mentale. E invece ogni volta ci sbatto la testa.

Decido così di concludere il tempo che mi resta facendo qualche telefonata. Ai miei principalmente, che se anche non mi sentono per un giorno rischio di vedermeli comparire fuori dalla porta. Chiamo ed è tutto regolare per fortuna. La vita scorre come sempre da quelle parti, sembra quasi che non sentano la mia mancanza, o peggio, che non abbiano neanche più un figlio. Forse anche loro sono della squadra di Aaron, via il figlio via il problema. Strano quindi che i miei zii siano di vedute così differenti, eppure il ceppo è quello. Mettere tutta quella distanza tra un posto e l'altro può far cambiare modo di pensare alle persone riguardo l'essere gay o etero? Allora perché sono così apprensivi nonostante tutto? Tutto il mondo è paese, forse.

I dolori muscolari tornano a farsi sentire e ancora mi chiedo come ho fatto a non reagire di fronte ad Aaron. Fosse successo a casa credo che avrei finito col passare una nottata al fresco. Sicuramente avrei reagito, magari uscendone con qualche nocca spaccata, ma non sarei stato a guardare mentre mi urlava contro quelle cose. Ho la schiena percorsa da fitte di dolore e mentre provo a sedermi su una delle panche del corridoio che portano alla mia stanza, sembra che il mio corpo si divida in due. Ho il fiato corto e  lo stomaco così attorcigliato che non ho neanche voglia di mangiare.

Mi torna in mente il messaggio della app. Il messaggio di Wood83, David. Di nuovo. Così decido di fare io il primo passo. Non è ancora sera, non so nemmeno se sia l'ora giusta visto che l'altra volta era decisamente più tardi. Ma cos'ho da perdere? Più che altro non so nemmeno se sia on line o che altro. Accedo alla app.

Ehi. Ci sei?

Vago, giusto per non far trasparire la curiosità di sapere se è davvero disponibile a parlare. Passa qualche minuto durante il quale scendo dabbasso e dico a mia zia che  per me è meglio saltare la cena.

Un trillo. E' lui. 

Ehi. Ciao. Tutto ok? Risponde in maniera semplice, come fossimo amici da una vita, come se una distanza incolmabile non ci separasse, come se non avessimo condiviso un momento imbarazzate con le mutande calate.

Più o meno. Hai un po' di tempo per me? Chiedo cercando di ignorare quella vocina nella testa che mi dice di cambiare programma.

Certo, quando vuoi. In un attimo arriva questo suo messaggio, un fulmine. Era forse lì pronto con le dita sui tasti?

Adesso.

Corro in camera e accendo il computer, ansioso stavolta di andare fino in fondo. Costi quello che costi. Anche se dovessi fare un'altra figura di merda, anche se dovessi mettermi a fare discorsi idioti. 

David è già on line, ecco come faceva a rispondere così velocemente. Meglio così, vorrà dire che faremo prima, stavolta salteremo i convenevoli e andremo dritti al sodo, perché adesso ne ho proprio bisogno. Dentro di me però c'è qualcosa che non quadra, dolore a parte, qualcosa che mi dice di andare oltre a quello che stavamo per fare l'altra volta, qualcosa che mi dice di provare a fare quattro chiacchiere con questo ragazzo anziché toccarmi per un'emozione di qualche istante. Ok allora, proviamoci.

Quando attivo la cam me lo trovo davanti proprio come la volta scorsa. Stavolta però c'è qualcosa di diverso nel suo sorriso. Un sorriso furbetto che non avevo notato prima.

«Ciao!»

Rispondo con un cenno del capo che mi provoca una fitta alle spalle e lui lo nota.

«Che hai combinato?» Dice avvicinando il viso allo schermo come per vedere meglio.

«Eh, diciamo che ho avuto una giornata abbastanza movimentata dal punto di vista lavorativo.»

«Davvero?»

«Sai, quando inizi ad avere una certa età i dolori iniziano a farsi sentire.»

Mi fissa in silenzio per qualche istante. Cristo che noia, se mi sono collegato solo per vedere un muso lungo è il caso di mollare tutto e andare a letto. Quegli occhi vogliono dire qualcosa, stanno per dire qualcosa. E la sua voce riempie la mia stanza lasciandomi ancora un volta senza parole.

«Oggi ti ho visto. Eri fuori dalla segheria Sullivan, vero? Ecco perché ti ho scritto quel messaggio.»

Cosa? 

Ho sentito bene? Lui, ha visto me?

Una serata tranquillaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora