10 - Vediamoci, ti va?

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«Oggi ti ho visto. Eri fuori dalla segheria Sullivan, vero? Ecco perché ti ho scritto quel messaggio.»

Ancora non ci credo. Ultimamente sembrano le mie parole ricorrenti. E ancora una volta è come se tutto si fermasse e un'eco risuonasse nella mia testa. Boom. Boom. Boom.

«C-come dici scusa? Ripeti.» Dico incredulo come fossi al rallentatore.

David si avvicina ancor di più allo schermo che quasi sembra volerlo oltrepassare. «Ti ho visto.»

«Ma... ma come mi hai visto? Siamo on line, tu chissà dove sei, come puoi avermi visto fuori dalla segheria Sullivan. Me lo spieghi?»

«Abito vicino alla segheria. Stavo uscendo di casa dopo una piccola discussione con mia madre e volevo schiarirmi le idee. Quando volto lo sguardo chi vedo? Quello non è il tipo della chat, mi sono detto. Mi sono avvicinato per guardarti più da vicino per capire se eri davvero tu o se  avevo preso una botta in testa...»

Il rumore dei tasti accompagnava quella scritta vorticosa di parole. Una melodia che in qualche modo andava a sostituire il suono della voce.

«Mi prendi in giro? Se è uno scherzo non è affatto divertente. Che motivo hai? E poi se davvero eri tu perché non ti sei avvicinato?»

Comincio a girare per la stanza in preda all'agitazione. Perché proprio io? Perché tra tutta la gente che potevo trovare in rete mi sono andato a trovare quello che abita a due passi e che per di più mi ha pure seguito. Pure il maniaco mi sono trova? Di nuovo, non ci credo.

«Ci ho provato, ma te ne sei andato. Non era il caso di correrti dietro, non mi sembrava un buon momento. Dico bene?»

Faccio un sospiro rumoroso. Forse più del necessario. Credo che anche stasera ciò che avevo in mente andrà a farsi benedire. 

«Ehi, so che è strano. Che non te l'aspettavi. Ma non è una bella cosa? Che siamo vicini , dico. Non sai le volte che ho passato le serate a parlare con gente che era all'altro capo del mondo senza avere mai l'occasione di poterla conoscere davvero. Ehi, ma che fai?»

Mi blocco. Sono un'idiota, lo so. Ma questa cosa non me l'aspettavo, cioè... non c'è niente di male a sapere che il tipo con cui ti sei quasi masturbato due giorni prima non è così lontano come pensavi, no?

«Scusami, è che questa cosa mi ha sorpreso,» dico sedendomi di nuovo. «Beh, venendo a noi... spero di non aver fatto brutte figure. Sarebbe il massimo visto che non ti conosco nemmeno.»

Nono so neanche quanti minuti passo a dire sempre le stesse cose, a scusarmi per quello che ho detto e che ho fatto. Adesso che so che mentre avevo la luna storta per la giornata a lavoro, non riesco a non pensare a cosa possa aver pensato David di me. E poi perché dovrebbe importarmene?

Finiamo col parlare di cosa ho combinato alla segheria, ometto la parte in cui Aaron mi ha sbattuto al muro, visto che quasi sicuramente conoscerà anche lui, forse meglio di me. Il suo volto mi calma, e in poco tempo riesco a farmi scivolare dalla mente l'incazzatura della giornata. Le sue parole, anche se appaiono sullo schermo di un computer, mi rilassano ed è quando realizzo tutto questo che penso a quanto sia diverso. Diverso quello che sto dicendo, diverso il modo con cui si rivolge a me, la lunghezza delle sue frasi non necessariamente intervallate da richieste di foto dove mi tengo in mano il cazzo o robe simili. Forse è davvero differente.

«Senti ma... che ne dici se ci vediamo?» Se ne esce ad un tratto.

«Eh? Vederci?»

«Sì, vederci. Quale altro senso potrebbero avere le mie parole? Abbiamo passato la serata a parlare, quindi non vedo perché non possiamo vederci di persona.»

In affetti il discorso avrebbe pure un senso. Sono venuto per staccare la spina ok, ma qualche amico farebbe pure comodo, no? E David, o meglio Wood83, mi sembra un bravo ragazzo, quindi accetto. Cos'avrò mai da perdere? Meglio che star qua a schiantarsi gli occhi su uno schermo... meglio farlo davanti a una birra, no?

«Ti propongo una birra se sei d'accordo. In questo posto ci sarà pure un pub dove la gente si ritrova, no? Qualche giovane dico... poi non so possiamo andarci a fare un giro in macchina.»

«Tu sei un pivellino, scusa se te lo dico,» scrive sfoderando un sorriso dalla dentatura immacolata che provoca lo stesso effetto su di me, «Conosco io un posto carino. Il pub che abbiamo qua non è granché, se ti fidi riesco a farti vedere di meglio.»

Beh, di fronte a uno che ti dice così non ti resta che abbassare il capo. Dice che c'è una Roadhouse a poca di stanza da qui, raggiungibile in un quarto d'ora. Restiamo d'accordo per vederci presto, così almeno nessuno dei due ha il tempo di ripensarci, anche se lui lo vedo parecchio convinto.  Magari ci scappa pure qualcosa sul sedile posteriore dell'auto. La cosa non mi dispiacerebbe affatto visto che non faccio sesso da un po' di tempo.

«Allora è deciso. Ci sentiamo per l'ora e il giorno. E... così vediamo se davanti una birra scura ti si scioglie la lingua al punto tale da raccontarmi come mai sei uscito dalla segheria tenendoti la schiena...»

Colpito e affondato.

«Ma come hai... fatto a... No, lasciamo perdere, non voglio sapere o finirò per credere che sei davvero uno stalker. Però le sfide mi piacciono, mi fido di te.»

La connessione salta. Il suo viso si cristallizza sul display per poi andare in pezzi. Una cosa però resta. Restano i suoi contorni, il contorno della sua bocca socchiusa.

E la mia idea che ho di lui e di quello che potrebbe esserci.

Una serata tranquillaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora