Il 22 marzo si cominciò a notare che il nucleo "nonostante il cielo sia molto limpido e flagellato da un vento di burrasca da sud" era percepibile con difficoltà, come se la cometa avesse accelerato incrementando la sua distanza dalla Terra con immensa rapidità. La coda si estendeva per 37°.
Il 23, a Dublino, annotarono che la lunghezza era diminuita, misurandola in 36.4°. Il giorno successivo altre rilevazioni dissero 35.2°.
Alcuni astronomi continuarono a confutare le misurazioni, fino a che dovettero arrendersi ai dati di Maclean: la coda andava scemando. Lo stesso Maclean aggiunse che "attraverso normali lenti, la chioma appare ancora come un condensato di materia brillante".
Ciò nonostante, era la coda a destare i maggiori dibattiti. La cometa stava sparendo?
Il 31 marzo Caldecott disse che, nonostante i cieli fossero per la maggior parte coperti, occasionalmente era possibile scorgere fra gli strappi scorci della coda, sulla quale incombevano minacciose le nubi.
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All'indomani del 21 marzo, Estella si fece sfuggente. Le occasioni in cui potevamo vederci diminuirono. Mi capitava spesso d'intravederla, una macchia bianca fra gli alberi, mentre si muoveva in fretta come se fosse inseguita. Non mi riusciva di interrompere il suo moto, nemmeno sgolandomi a chiamarla o inseguendola.
La distanza fra noi aumentò. La certezza di non poterla costringere a starmi accanto mi fece perdere il senno. Entravo in casa carico di una rabbia irragionevole, rispondevo a monosillabi o non rispondevo affatto ai tentativi di mia sorella – di nuovo allettata per essersi scordata la medicina – di consolarmi e a quelli di mio fratello di rendermi di nuovo umano. Capitò che lo sgridassi perché aveva dimenticato, fatto quasi inconcepibile nonché insolito per lui, di portare Magellano nella stalla, lasciandolo all'aperto nel furore del vento.
Sembravo una bestia preda dei suoi istinti, incapace di concentrarmi, estraneo a tutto ciò che non concerneva la mia vicina e la cometa.
Pensavo incessantemente a una e all'altra.
L'angoscia si mutò in disperazione quando cominciai a capire che la cometa stava svanendo. Dovevo dirlo a Estella, una comunicazione d'importanza vitale. Le lasciai dei biglietti sul davanzale e sull'uscio, fermati con dei sassi. Controllavo ogni giorno che li prendesse; in effetti i biglietti sparivano ma non ottenevo risposta. La luce non s'accendeva più nella casa, la sera. Andavo a bussare, ma nessuno apriva. Non sapevo se fosse presente o meno.
Una notte, dopo avere stazionato davanti alla soglia con la schiena appoggiata alla porta, decisi che avrei fatto irruzione. Cosa mi fermò? Il fatto che feci una specie di voto. Promisi che non sarei entrato a fare una scenata se il cielo, coperto nella sua intera ampiezza da nuvole dense, mi avrebbe mostrato la cometa o almeno una parte di essa. Come accade in alcuni passi biblici, le nuvole nel cielo si scomposero aprendo piccoli fori da cui spuntò l'angolo luminoso della coda.
Abbassai la testa, come se fosse di marmo e non potessi reggerla. In realtà, per un breve attimo il mio cuore trovò la pace e la mia mente la lucidità.
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La Grande Cometa del 1843
RomanceCosa succederebbe se un astronomo si innamorasse di una cometa?