15

74 27 29
                                    



Il 20 aprile mia sorella tornò dalla città con Jamie

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Il 20 aprile mia sorella tornò dalla città con Jamie. Udii il cavallo lanciato sul sentiero ad una velocità inusuale e il nitrire dovuto a un tiro senza riguardi.

Molly si precipitò in casa. Ero seduto al tavolo, riscrivendo in bella copia gli appunti delle notti di veglia.

«Kennet, le finestre della casa di Estella sono chiuse!»

Alzai la testa e abbassai le palpebre.

«Chiuse come prima che venisse ad abitarci. Voglio controllare cosa è successo, ma ho paura ad andare là da sola» mi disse, e io lo trovai strano considerando che la prima volta era entrata senza di noi e senza fare tante storie.

Andammo tutti e tre a vedere. Le ante delle finestre del cottage erano serrate. Ricordai Estella che spariva oltre la porta quando l'avevo accompagnata a casa, la sera precedente. Avevo udito distintamente i giri della chiave.

Jamie e Molly girarono attorno alla casa. Io andai alla porta e vidi la grossa chiave appoggiata a terra. Quando usciva di casa Estella la portava sempre con sé, in tasca, avendo preso molto sul serio le raccomandazioni del suo affittante.

«Credo che sia partita» dissi a Jamie e a Molly quando ebbero finito di muoversi, belve intorno al cottage, tigri marsupiali o dinghi non faceva differenza.

«Te l'aveva comunicato?» domandò Jamie.

«Me l'aveva accennato.»

Per Jamie la questione era chiusa. Mi guardò senza espressione. Nessuno disse una parola. Quello che c'era stato fra me e lei – loro lo sapevano – sarebbe rimasto un dominio privato.

Tornammo, dovevamo finire le incombenze che avevamo incominciato in giornata. Molly si recò al cottage più volte, quel giorno, per controllare.

Lavorando, riuscii a resistere finché il sole scomparve sull'orizzonte occidentale. Dissi ai miei fratelli che, dopo cena, sarei andato al fienile. Presi il piccolo telescopio. Deviai verso il cottage, ma niente era mutato nel suo aspetto.

La cometa era ora un bagliore indistinguibile fra altre stelle opache. Lo era ancor di più nelle lenti d'iride dei miei occhi. Galleggiava nella falsità delle distanze del telescopio. La mia testa era così crivellata di pensieri da essere quasi morta. Resisteva ancora una misera speranza. L'unica cosa alla quale potevo aggrapparmi era la cometa, ma la mia speranza sopravvisse un giorno solo.

Il 20 aprile anche lei non fu più visibile. Era andata via, quasi accompagnando la mia amica.

Rimasi per lungo tempo intrappolato in un pantano di dolore. Ne riemersi senza forze e, per molto tempo, mi fu difficile occuparmi della vita.

La Grande Cometa del 1843Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora