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Nel 1910 si assistette al ritorno della Cometa di Halley e all'apparizione di quella che venne chiamata Grande Cometa diurna di gennaio. Fu scoperta il 12 del mese, destinata a diventare la più brillante del ventesimo secolo.

Avevo più di novant'anni nel 1910. Ero una mummia, nonostante il tempo fosse stato clemente con me e con i miei fratelli. Eravamo tutti vivi.

La osservai col mio vecchio telescopio, un sopravvissuto quanto me. La cometa comparve sui principali quotidiani e riviste; telegrafata da un capo all'altro del mondo, fotografata nella sua nudità. Era un lauto antipasto inaspettato prima che la Halley si mostrasse di nuovo. Capitò che alcuni le confondessero.

In quel periodo tutta l'informazione che desideravo era immediata, ma non mi interessava granché. Continuavo a pensare a quanto fosse bello l'alone di segreto inaccessibile che ammantava le prime comete.

Uno dei miei nipoti che studiava astronomia, il 14 di gennaio, mi chiese il vecchio quaderno dove avevo annotato i dati sulla Cometa del 1843, che in famiglia era conosciuta come la "nostra" cometa quasi fosse un dazio che dovevamo pagare in tutte le generazioni.

«Perché?» domandai.

«Perché voglio discuterne con il mio professore» replicò lui, ragazzo intelligente e dalle risposte dirette.

«Voglio dire, perché proprio quella del Quarantatré? Ce ne sono altre degne di nota. Ad esempio: la Magnifica dell'Ottantadue.»

«Perché ci riguarda da vicino. Siccome siamo considerati dei patiti delle comete, mi sono sempre domandato quale fosse il motivo per cui fino al Quarantatré abbiamo quaderni e quaderni di dati e da lì in poi il nulla o quasi. I tuoi appunti si fanno più confusi e scarni. Alla stranezza, nonno, aggiungo che quella cometa fu visibile a lungo nell'emisfero australe dove tu e gli zii vivevate all'epoca, mentre in America le osservazioni furono discontinue e difficoltose. Il mio professore sarebbe interessato alle conclusioni a cui sei giunto.»

Gli diedi il quaderno con una raccomandazione.

«Non usare leggerezza quando discuti di comete, soprattutto di quella cometa. Ha marchiato la nostra storia, soprattutto la mia. Ho raccontato ai miei nipoti la vicenda perché voglio che abbiano figli a cui tramandarla finché la Grande Cometa del 1843 non ritorna. Uno dei vostri discendenti la vedrà, lo so per certo.»

«Ne parli come se fosse una creatura in carne e ossa. Quasi una donna piacente» disse lui strizzandomi l'occhio e afferrandosi alle sue bretelle in una posa maliziosa.

«È un privilegio incontrare una cometa» ribattei io. «Perché non sempre sussistono le condizioni ottimali per la sua osservazione o la sua venuta. Ci sono molti fattori...»

«Lo so: l'attrazione esercitata dai grandi pianeti gassosi che sporca la loro orbita, le incertezze sugli anni del ritorno, la frammentazione del nucleo, la vicinanza alla Terra... potremmo continuare in eterno.» Prese il quaderno. «Avrò cura io della tua cometa. Nessuno ha raccolto così tanti dati come hai fatto tu nelle cinque settimane in cui hai vissuto con lei. Magari le daranno il nostro cognome.»

Sorrisi, scettico. «Non accadrà. Ha sempre avuto ragione mio fratello Jamie; siamo nati per essere astronomi dilettanti. È l'occupazione del nostro tempo libero.»

Mi trascinai fino al mobile della biblioteca sotto i suoi occhi curiosi.

«Leggi ancora quel libro, nonno? Lo saprai a memoria» disse lui.

Grandi Speranze di Dickens. Passai una mano sulla copertina.

«È quello in cui la ragazza ha un cuore di ghiaccio e non fa altro che maltrattare il protagonista, un uomo con cui finisce per rimanere amica per il resto della vita.»

Prima di andarsene, si fermò un attimo a riflettere.

«Non è che ti piace perché ne hai incontrata una anche tu? In fondo le comete sono frammenti di roccia e ghiaccio che il sole surriscalda e scioglie rendendole polveri, formando le meravigliose code che noi uomini non possiamo far altro che ammirare.»

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La Grande Cometa del 1843Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora