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Aprile incominciò con una brutta notizia. La luminosità della cometa era molto debole e il nucleo non osservabile. Il 3 fu l'ultimo giorno in cui venne scorta ad occhio nudo a New Haven, nel Connecticut, nonostante fosse già "difficilmente distinguibile".

Caldecott, il 6 aprile, provò a montare sul telescopio un rifrattore focale, ma non riuscì a vedere nulla. L'11, alla stazione di F.T. Rusden, vicino a Gwydir Falls nel Nuovo Galles del Sud, si riuscì solo ad intravedere "l'ultimo luccichio della Grande Cometa".

Il 19 aprile vi fu l'ultimo avvistamento da parte di Maclear.

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19 aprile 1843

Ero a passeggio nei dintorni della mia casa quando vidi Estella sul sentiero. Camminava indossando l'abito dalla gonna vaporosa che Molly le aveva confezionato.

Non guardava fisso davanti a sé, altrimenti mi avrebbe visto. Spostava la testa nel modo frenetico dei passeri, buttando lo sguardo su tutto ciò che vedeva. Non era di fretta, come l'avevo colta di recente, e non fuggì quando si accorse della mia presenza. Si fermò, attendendo che la raggiungessi.

Quasi un mese prima avevamo dormito insieme senza che accadesse nulla. Avevo smembrato quel ricordo per i giorni in cui eravamo rimasti separati. Alcune volte mi maledicevo perché avrei dovuto agire, costringendola a deviare dal suo percorso e prendendo per me il suo sangue. Altre mi sembrava di aver scampato un impatto: se l'avessi presa, anche con il suo tacito benestare, non avrei più potuto continuare nei panni dell'uomo che ero. Ero certo che la mia mente avrebbe trovato altri appigli per rendermi la vita complicata.

Ci abbracciammo come vecchi amici e ci baciammo per ciò che eravamo: amati l'uno dall'altra. Riprendemmo a camminare. Io non avevo meta, lei nemmeno. Sopra le nostre teste, in un luogo che conoscevo per dati scientifici e non perché fossi in grado di vederla, la Grande Cometa benediceva la nostra passeggiata.

Ci fermammo molto lontani da casa. Uno sbiadito tramonto autunnale circondava la landa con la sua luminosità da lampada a olio. Comparve qualche stella nel cielo.

Lei estrasse dalla tasca alcune praline di cioccolato, che riconobbi essere i dolci venduti del tedesco gioviale che gestiva l'emporio di Melbourne. Me le mise in mano, avvolte da una carta argentata. Le scartai togliendo ogni vezzo. Furono la nostra cena.

«È indistinguibile, ormai» bisbigliò Estella, mentre io tenevo la testa sulle sue gambe, nella nebulosa bianca dell'abito.

«Non mi hai mai voluto rivelare da dove vieni» le dissi.

«Da lassù» rispose lei, lo sguardo perso fra le stelle.

La Grande Cometa del 1843Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora