Capitolo 8: Bende

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Svegliandomi, non sono dov'ero prima. Il mio respiro si fa pesante, trovandomi in una casa sconosciuta. L'ambiente è piccolo, scuro, e sconosciuto.

La prima cosa a cui penso non è chi mi abbia portato qui, se io sia sola o dove mi trovi.

La prima cosa a cui penso è: Jeff sa che sono qui? Mi sta cercando?

Mi metto a sedere e mi rendo conto di avere la ferita coperta, passandomi una mano sulla guancia. Il tessuto morbido di un grosso cerotto la copre, e credo che sotto vi sia del cotone o qualcosa del genere.

La porta della stanza è chiusa. Mi guardo attorno. In questa stanza ci sono decisamente troppe cose. Una libreria è ammassata di libri, fumetti e fogli di ogni genere, sulla scrivania ci sono migliaia di cose, partendo da ogni genere possibile di trucco, una serie di riviste di non so cosa fino a un gattino di peluche. Su un muro sta il poster di non so quale band e il terreno è disseminato di magliette.

Alla maniglia della porta è appeso un reggiseno.

Potrei fuggire dalla finestra. Scrollo la testa e stendo le gambe, per svegliarmi per bene. Non mi interessa di essere stata curata.

Forse Jeff mi starà cercando, si arrabbierà non trovandomi dove mi aveva lasciata.

Poi, la porta si apre.

Mi volto e riconosco la ragazza bionda che ho incontrato ieri al supermercato. Solo che non indossa abiti succinti ma una lunga maglia grigia e il suo viso non è coperto da strati di trucco.

- Ti sei svegliata - dice con naturalezza.

Non so perché, ma resto paralizzata. Forse non mi sono esattamente resa conto di quello che è accaduto. Ma ora l'ho vista.

Mi ha curata e ospitata.

Non so come sentirmi. Non voglio essere riconoscente. Voglio tornare da Jeff.

Eppure in pochi, oltre il mio amato, hanno mai aiutato Madge.

- Ero venuta per vedere come stavi - dice lei - Quel taglio è bello grosso, bisogna stare attenti a non farlo infettare.

Perché ha fatto così? Non voglio la sua gentilezza, non voglio essere costretta dovere qualcosa a qualcuno. Io devo essere grata a Jeff e a lui solo, tutti gli altri devono odiarmi o ignorarmi. Così tutto è più semplice.

E poi Jeff, diamine, sarà furioso quando scoprirà che mi sono fatta aiutare.

- Io devo andarmene - dico, alzandomi in piedi, ma la ragazza si piazza davanti a me.

Non sembra forte. Eppure, alzandomi, tutto il mio corpo è stato scosso da un dolore profondo. Troppi sono stati i colpi ricevuti ieri. I miei muscoli si sono irrigiditi. Sotto i miei abiti devono esserci ovunque macchie viola.

Non credo di essere nelle condizioni di picchiare qualcuno.

- Vuoi andare dalla polizia? - mi chiede la ragazza, guardandomi con grandi occhi di un azzurro limpido.

Credo che la piccola Jo le sarebbe somigliata, se fosse cresciuta.

- La polizia?

- Sei rimasta coinvolta in una rissa o qualcosa del genere? Insomma... non vuoi fare una denuncia? Ieri non ho sporto denuncia a nessuno perché non so cosa ti sia capitato, ma ecco... dovresti.

Chi diamine si crede di essere questa? Denunciare? Questa è la mia giusta punizione. Quando camminerò e ad ogni passo sentirò dolore mi ricorderò di non disobbedire più a Jeff.

Certo, non posso dirle la verità. Non posso neanche dirle che è stato il mio ragazzo.

- Non sono fatti tuoi. Ora fammi uscire.

- Posso riaccompagnarti a casa, farai fatica a camminare - insiste, e io inizio a trovarla decisamente troppo irritante. Vorrei davvero essere in forze e darle un certo numero di botte - Ma se qui senti di stare più al sicuro... so come vanno queste cose, e che a volte in casa...

- A volte in casa non succede un bel niente - dico - Fammi passare.

- Almeno fammi togliere il bendaggio...

Sospiro, e mi siedo. Del resto, Jeff non dovrebbe assolutamente vedere che sono stata curata.

Anche solo il movimento necessario a sedermi mi provoca un dolore che quasi mi toglie il fiato. Cazzo, se fa male.

- Mi chiamo Ingrid - dice lei, togliendo delicatamente il cerotto. Le sue dita sono morbide, ma odio averle sulla pelle.

Per un attimo resto colpita dal suono del suo nome, nordico. Non è un brutto nome.

Ma lei non può toccarmi, nessuno può toccarmi, solo Jeff.

E non mi interessa il suo nome.

- Non te l'ho chiesto - rispondo, e lei sospira appena.

- La ferita era molto profonda - dice - ci metterà tempo a guarire. Cerca di tenerla pulita, e di cambiare il bendaggio se puoi. Così non ci sarà rischio di infezioni.

Presto prova a mettere altro cotone ed un altro cerotto, ma io le dico seccamente di no.

Il cotone vecchio è sporco di sangue.

Perché si preoccupa? Doveva lasciarmi lì a morire. Solo ora mi chiedo come abbia fatto a portarmi dal vicolo fino a casa sua.

- Non mi hai portata all'ospedale - affermo. La cosa mi solleva, ma non capisco perché.

- Non ce n'era bisogno. E non amo quel tipo di posto.

Spalanco gli occhi. Come lo sa? Voglio andare via di qui, questa ragazza non mi piace.

- Tu come ti chiami?

- Non ti serve il nome di qualcuno che non vedrai mai più - rispondo.

Stavolta, alzandomi, non vengo bloccata da nessuno. Voglio solo tornare da Jeff.

- In realtà vorrei poterti aiutare se qualcosa non va. Non sembri messa bene, credo si noti.

- Non importa - la supero, e mi allontano da lei. Non voglio più vederla - Io sto benissimo.

Jeff and Madge - Toxic [Wattys2018]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora