Giorno uno

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Day one

Non c'è ragione che tenga, la vidi quella sera e subito mi svegliai da quel lungo, lunghissimo coma sentimentale in cui ero sprofondata, le porte della mia prigione si spalancarono di colpo davanti ai miei occhi.
Per farvi capire, però, devo raccontarvi un po' di me.
Storia sfigata, la mia: due anni, trascorsi due anni amando in modo malato la prima persona in assoluto che riuscì a spezzarmi il cuore. Presente quella sensazione in cui davvero riuscite a sentire il vostro cuore pulsare nelle mani di QUELLA persona? E poi nulla, stringe un po' troppo e molla la presa. Ecco, esattamente così. Persi almeno 8kg quell'inverno, quando mollò la presa dopo avermi fatto a pezzi, rendendo la mia vita un vero inferno.
Mi iscrissi addirittura su un'app d'incontri, triste vero? Volevo dimenticarla, ancora non avevo capito che le persone non si dimenticano, mai. Uscii con un paio di ragazze, andai anche a letto con alcune di loro, non ne vado particolarmente fiera, soprattutto dopo che, a fatto compiuto, non le chiamai mai più. Era da poco che avevo iniziato a frequentare l'università, iscritta a lingue, che non era esattamente la facoltà dei miei sogni ma aveva il suo bel secondo posto in classifica. Quindi le mie giornate le riempivo puntualmente in modo monotono: lezioni, mensa, di nuovo lezioni, di nuovo mensa, casa, doccia e insonnia. Col passare dei mesi il dolore andava a scemare ma non era abbastanza. Mi mancava. Mi faceva schifo. Però si va avanti, no?
Arrivai alla prima sessione di esami senza aver aperto un libro, saltai i primi appelli, recuperai mesi di studio in uno solo e riuscii a dare tre esami su quattro, ero abbastanza fiera di me stessa, iniziavo a sentire di nuovo un po' di serenità, ma come ho già detto prima, non era abbastanza.
Ora ci arrivo, al fulcro, giuro.
10 giugno, il giorno prima del mio compleanno, pensavo sarebbe stato il peggiore in vent'anni, passato nella più totale disperazione della sessione che era alle porte. I miei colleghi mi avevano organizzato una festa a sorpresa, più o meno, avevo i miei sospetti ma avevo deciso di ignorarli, per cui arrivai lì e, semplicemente, mi finsi sorpresa. Erano riusciti a farsi dare le chiavi di un appartamento universitario vuoto e lo avevano riempito di gente totalmente a caso, musica e alcol. Fantastico, nonostante io non sia esattamente il tipo da festa, e alla mezzanotte sentii auguri di gente ubriaca che era lì davvero per caso, di nuovo.
Lei era lì, con le sue amiche a chiacchierare e ridere, stringeva fra le labbra una cannuccia e buttava giù un drink di scarso livello preparato da qualche mio amico che per quella sera si improvvisava barista. Gigi, forse, da architetto a bar man fu un attimo. Pessimo.
Lei non mi si avvicinò neanche per sbaglio, nemmeno alla mezzanotte, era abbastanza indifferente a tutto ciò che accadeva intorno. Per me la stanza girava, la musica era realmente troppo alta e l'alcol in circolo per dimenticare i quattro esami da dare, stava viaggiando alla grande. Era tutto un casino ma lei era perfetta, in mezzo a tutta quella gente lei era immobile nella sua tutina nera e le treccine perfettamente acconciate. Non avrei mai voluto staccarle gli occhi di dosso, ma dovetti.
Alla fine della festa, tre del mattino, di lei non c'era più traccia, era ancora solo un'estranea con un bel sedere e le labbra pomiciabili. Io e i miei amici decidemmo di continuare a fare baldoria alla discoteca dell'università, il giovedì sera è l'unico giorno della settimana in cui organizza eventi, e il destino volle che quella sera fosse proprio giovedì.
Volete sapere cos'è successo quella notte dopo le tre? Chiedete in giro, io ho un totale vuoto. Davvero, chiusi gli occhi non sapendo neanche dove e per me la serata si concluse.
Fu il primo giorno.

17 days to fall in loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora