Sola

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«Sì, esatto.» Mi loda il professore di trigonometria per la terza volta che rispondo in maniera corretta ad una sua domanda.

Dovrei smetterla di alzare la mano, lo so, però, è più forte di me.

Perché devo essere imbarazzata dalla mia intelligenza?

«I suoi compagni dovrebbero prendere esempio da lei, signorina Weatherly.» Lancia un'occhiata di sufficienza ai ventiquattro studenti annoiati e imbronciati che stanno facendo finta di seguire la lezione. «Lo studio, ragazzi miei, rappresenta il vostro futuro. Senza di esso, le persone riusciranno ad abbindolarvi facilmente, vi troverete al punto di partenza mentre i vostri amici andranno avanti con le loro vite. Mentre loro si costruiranno un futuro, radioso e magnifico, voi vi siederete ad un angolo della strada e guarderete la vita scorrere e gli anni passare senza che nulla accada. L'istruzione rende liberi. Non dimenticatelo.»

Ascolto rapita le parole del nostro insegnante e non riesco a trovarmi totalmente d'accordo con lui: a me lo studio ha portato solo dispiaceri e guai.

Fortunatamente il suono della campanella squilla liberatorio e gioioso, annunciando la fine delle lezioni per oggi. Sospiro, un poco infelice, e raccolgo i miei libri prima di alzarmi.

«Mocciosa...»

«Saputella...»

Voci maligne e inequivocabilmente femminili mi fanno sapere che il Trio si avvicina sempre più: con movimenti veloci cerco di infilare tutto nello zaino ma non riesco a causa dell'ansia e così l'astuccio mi cade a terra.

Accidenti...

Un piede fasciato in una scarpa nera ed elegante si abbatte sul mio povero portapenne che emette uno strano rumore. Alzo gli occhi e incrocio lo sguardo di Amelie, una mia compagna di classe dalla carnagione color latte e un caratterino niente male.

«Ehi, Mocciosa.» Mi saluta col suo tono odioso e irritante. «Anche oggi sapevi tutto. D'altronde non hai altri pensieri in quella testa vuota...»

Schiaccia un'ultima volta il mio astuccio sotto la sua scarpa firmata e costosissima e poi lascia l'aula con uno sbuffo sdegnato. Le altre due seguaci, Pearl e Tamara, la seguono e cercano di imitarla, ovviamente senza ottenere alcun risultato se non quello di apparire come delle caricature.

«Lo studio rende liberi...» mormoro le parole dell'insegnante, furiosa e con le lacrime agli occhi.

Mi accovaccio a terra e recupero l'astuccio. Lo apro, scoprendo che le mie penne colorate sono quasi tutte spezzate: l'inchiostro sta impegnando la stoffa, creando una tinta improbabile.

«Lo capirà quando crescerà, signorina Weatherly» commenta la forte voce del professore, facendomi trasalire.

Sollevo la testa di scatto e lo vedo incombere su di me.

Non è un uomo imponente però possiede una personalità carismatica e potente, oltre ad un paio di baffi che trovo ridicoli.

«Mi scusi... Io... non volevo...» borbotto, arrossendo fino alla punta dei capelli mentre stringo al petto l'astuccio come se fosse uno scudo.

Nell'udire le mie deboli scuse, il viso del professore si distende in un leggero sorriso e allunga una mano verso di me per aiutarmi ad alzare. L'afferro senza alcuna esitazione e mi ritrovo in piedi in un istante: non avrei mai detto che fosse un uomo cosi forte.

L'apparenza inganna, Kelly...

«Voi giovani...» Sospira lui, passandosi una mano fra i capelli scuri. «Non conoscete il significato della parola "pazienza". Volete tutto e lo volete subito. Ma il mondo non funziona in questo modo. Bisogna saper attendere e non agire d'istinto: si potrebbero commettere errori a cui, poi, sarebbe difficile porre rimedio.»

Mentre parla, il suo sguardo si fa distante come se si fosse perso in immagini lontane nel tempo, ma riacquista la sua imperturbabilità in pochi attimi.

«Cosa stavamo dicendo? Ah, sì. La pazienza.» Schiocca le dita e si incammina verso la cattedra, dove ha lasciato i suoi appunti. «Se non ne possedessi, non sarei qui a parlare con lei. Questo è poco ma sicuro.»

«Professore, io... la ringrazio però... non credo che i miei problemi si risolvano solo con la pazienza» dico con un filo di voce, abbassando immediatamente lo sguardo a terra.

È la prima volta che ho il coraggio di dire una cosa del genere ad un insegnante.

Amelie e le sue seguaci mi perseguitano da quando sono arrivata in questa scuola, solo perché ho saltato un paio di classi grazie alla mia innata propensione per i numeri.

«Una ragazza d'azione» commenta l'uomo, girandosi verso di me e appoggiandosi pigramente alla cattedra. «Mi dica, allora, come pensa di poter risolvere i suoi problemi.»

Presa totalmente in contropiede, rialzo gli occhi e li fisso su di lui: la sua postura mi indica, senza ombra di dubbio, che è davvero interessato alla mia risposta. Anzi, credo proprio che dalla mia risposta dipenderanno molte cose.

Illusa...

Non conti nulla...

Non hai mai contato nulla...

Apro la bocca per parlare ma non emetto alcun suono.

Non posso dire quello che vorrei dire, non ad un professore.

«Non devi aver timore delle persone. Ti scrutano. Ti giudicano. Ti odiano. Ma solo perché sono invidiosi e ti ammirano. Tu arriverai dopo molti possono solamente sognare. Realizzerai cose che altri possono solo immaginare.»

«P-perché...» Tento di chiedere per zittirmi immediatamente: stavo per fare una figuraccia di portata mondiale.

«Perché penso questo di te?» domanda lui, leggendomi nel pensiero.

A fatica riesco ad annuire con la testa. Nessuno si è mai interessato abbastanza a me per capirmi al volo come lui.

I miei genitori non li ho mai conosciuti e, anche se mia zia mi vuole bene, non riesce veramente a comprendermi: sotto sotto credo che abbia paura di me, della mia intelligenza, della mia perspicacia.

«Semplice, signorina Weatherly. Perché anch'io ho passato quello che sta passando lei.» Mi confida con un sussurro roco, tanto che devo avvicinarmi di un passo per riuscire a sentirlo. «Non desiderato. Deriso. Sbeffeggiato da tutti. Odiato. Finché... finché non ho capito che il problema non ero io ma gli altri. Le persone, la peggior piaga dell'universo.» L'uomo sospira e mi rivolge uno sguardo penetrante, come se riuscisse a leggermi l'anima. «Vorresti diventare più forte? Vorresti capire qual è il tuo posto in questo mondo?»

La sua voce è così ipnotica e intrisa di calore che è difficile resistere.

Perché dovrei?

«Sì... io... vorrei saperlo...»

Anomalie: l'inizio Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora