Scommettiamo che ti innamori?

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Sei troppo pestifera, Crystal.

Hai bisogno di un'educazione maggiore, Crystal.

Non puoi presentarti con l'ennesima F in matematica, Crystal.

«Sai a cosa stavo pensando?»

Un sorriso incerto si accenna sulle labbra dell'uomo accanto a me, alla guida di questa lussuosa auto che, molto probabilmente, costerà più dello stipendio che prende in un solo anno.

Quando bisogna fare le cose in grande, i miei genitori non si tirano mai indietro. Anche quando si tratta di mandare la loro fantastica figlia via di casa.

«A cosa stava pensando, Miss Strous?»

«Mia mamma deve adorare il mio nome, insomma, lo ripete ogni volta che qualcosa non va. E' come se gli portasse fortuna, come se aggiungere Crystal ad una catastrofe rimediasse puntualmente ogni cosa.»

John ridacchia, sotto i suoi baffi bianchi e brizzolati, senza rispondermi.

Devo proprio divertirlo, ogni volta che mi lamento dei miei problemi esistenziali lui non fa altro che scuotere la testa e ridacchiare. Davvero, mi prende così poco sul serio?

«John, è una questione seria!» Incrocio le braccia sotto al petto. «Non credi anche tu che mia madre sia una grande rompicoglioni? E a me puoi dirlo, non faccio la spia.»

«Sua madre vuole solo il meglio per lei, e crede che il suo trasferimento dal signorino Thomas sia un'ottima idea. Personalmente, appoggio la sua idea.»

«Thomas sarebbe un esempio da seguire? Thomas, che fino ai dodici anni bagnava il letto e mangiava cacca di piccione perché io gli lasciavo credere che fossero mandorle?»

Stiamo parlando sul serio? Come sono arrivata al punto di aver bisogno di mio fratello, quell'adorabile idiota di mio fratello, per far contenti i miei?

Mia madre: la signora Angelina Strous, costosissima donna inglese il quale il suo stesso nome vale più di tutti i sogni che puoi permetterti, ha pensato che spedirmi - perché sì, non mi ci ha mandato, mi ha letteralmente spedito, come un pacco regalo della quale non vedi l'ora di sbarazzarti - nella villa di mio cugino dall'altra parte della capita inglese fosse un'ottima idea.

Come se non bastasse si aspetta che io frequenti il college.

Io?

Un college?

Cosa sono, una persona seria?

No, non un semplice college.

Uno di quelli dove ti trattano come una bambolina e ti obbligano ad indossare una fastidiosa divisa grigia e blu che per loro è il massimo dell'abbigliamento e della perfezione.

Mai giudicare un libro dalla copertina, e poi ti vestono in modo da farti sembrare ciò che non sei.

Nel mio caso: una ragazza tranquilla, seria, disciplinata e capace di indossare una divisa senza sembrare una stupida.

«La signora Strous ha fatto molti sacrifici per mandarla qui. Non crederà mica che per una madre sia semplice stare lontano dai suoi due figli, per assicurargli un buon insegnamento e una buona entrata nel mondo del lavoro?»

Io alzo gli occhi al cielo, odio i discorsi sui genitori che fanno sacrifici e tutte quelle cose che alle persone fanno sciogliere il cuore. «E adesso? Come farà la mia bambina, la mia Gin, senza di me?»

Gin è la mia amatissima moto, non andrei da nessuna parte senza di lei.

E' una RS 125 nera che mi è stata regalata per i miei diciassette anni da mio padre. L'ho sempre detto che guadagna troppo, ma, oltre a questa bellissima moto, non gli ho mai chiesto nulla di eccessivamente costoso.

John sospira, scuote la testa e mi guarda. «L'ho fatta portare lì stamattina, signorina.»

I miei occhi si illuminano e, dimenticano gli avvisi di mia madre, abbraccio il nostro autista urlando come una ragazzina. «Ti amo, vecchio bastone!»

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