"E poi arrivò Lenin." sussurrò Luke, giocherellando col suo piercing al labbro.
"Non ancora. Però iniziano le rivolte del popolo e quindi Newt e Thomas iniziano a vedersi sempre meno, poiché il soldato è sempre impegnato costantemente con i turni di guardia." spiegò Ed, dondolandosi sullo sgabello. Si stava divertendo molto a raccontare quella storia al giovane davanti a sé, un po' perché gli piaceva da morire narrare quella storia d'amore - la sua preferita fra l'altro-, e un po' perché amava osservare tutte le espressioni di Luke. In quel momento, il biondo era più corrucciato del solito.
"A Febbraio lo zar abdica. Questo me lo ricordo bene però."
"Esatto Lukey. Ma neanche suo fratello Mikhail vuole prendere il posto al trono, così si forma un governo provvisorio."
"Ma in realtà non aveva così tanto potere come sembrava, perché il comunismo aveva già preso piede in lungo e largo." continuò Luke, sforzandosi di ricordare il più possibile.
"Bravo!" esclamò entusiasta Ed, guardando il biondo battere le mani a sé stesso. "Sei proprio un bimbo." aggiunse poi, facendolo imbronciare.
Febbraio 1917, San Pietroburgo."Ti capita a volte di volerti sentire diverso, Tommy?" aveva chiesto una notte di Febbraio il giovane soldato, stringendo a sé l'altro ragazzo. Erano seduti sul pavimento delle cucine, appoggiati alla enorme credenza che conteneva più cibo di quanto ne avesse il popolo stesso russo.
Abbracciati l'uno a l'altro, si nascondevano come ladri. Newt rinunciava persino alle poche ore che aveva per riposarsi pur di stare con Thomas e per ciò il pianista non poteva fare a meno di sentirsi in colpa, anche se fra le sue braccia, il peso nel cuore si alleggeriva un bel po'.
"Sempre." sussurrò in risposta, accoccolandosi sul petto del biondo. Gli abbracci erano l'unica cosa che era rimasta loro. Il Palazzo d'Inverno, da quando lo zar aveva abdicato, era caduto nella più totale depressione. Tutti erano consapevoli che la fine dell'impero zarista era vicina e che Lenin non appena fosse tornato in Russia, avrebbe preso tutto il potere. Lo sapeva Nikolaij che usciva pochissimo dalla sua stanza, lo sapeva la zarina i cui occhi erano diventati ancora più gelidi.
Lo sapevano tutte le granduchesse, che avevano anche creato un piccolo ospedale all'interno del Palazzo per curare le vittime di guerra, o almeno il più possibile.
E lo sapevano anche Thomas e Newt che sognavano luoghi lontani e al sole, mano nella mano, lontani da qualsiasi responsabilità. Ma uscire dal Palazzo era troppo pericoloso per sognare qualsiasi tipo di fuga romantica.
"Come vorresti essere?" chiese ancora Newt, carezzandogli i capelli e stringendo con la mano con quella libera.
"Con meno ghiacciai dentro." fu la risposta pronta di Thomas, che ricevette un breve bacio sulla fronte. "E tu?" aveva chiesto poi, curioso di sapere la sua risposta. Ma Newt non rispose affatto. Restò in silenzio, per minuti interi che a Thomas parvero anni. "Non mi parli mai di ciò che provi tu." aveva aggiunto ancora, in una mezza e celata accusa.
Newt si stacco un po' dall'altro, lanciandogli un'occhiata interrogativa. "In che senso?" aveva chiesto.
Thomas si era allontanato, sciogliendo le loro dita intrecciate e rispondendo alla domanda del soldato. "Newt io mi sto aprendo piano piano con te, ma tu non stai facendo lo stesso con me." aveva detto, con la voce leggermente tremante. "Sei sempre col sorriso sulle labbra, ma io lo so che c'è qualcosa che ti turba, perché non me ne vuoi parlare?".
La sua mano si avvicinò nuovamente al biondo, cercando quella guancia con la fossetta che ormai era diventata la sua casa, ma Newt fu più veloce e si scostò, alzandosi in piedi. "No, non ne voglio parlare." aveva risposto rude, causando una stretta al cuore al povero pianista, che col respiro mozzato aveva chiesto il perché.
"Perché tu non lo sai quello che ho vissuto io! Tu non sai niente del mio passato quindi non puoi pretendere che io te lo racconti come se niente fosse."
Per la prima volta Thomas sentì la voce di Newt tremare, come se volesse piangere. Si sentì terribilmente in colpa per ciò che aveva detto e avrebbe voluto tornare tra le sue braccia per consolarlo, per dirgli che andava tutto bene.
"Io non voglio obbligarti a dire niente, Newt!" urlò il ragazzo esasperato, non curandosi di essere scoperti. "Però se davvero ci tieni a me, ti fideresti anche." continuò, concentrando lo sguardo a terra per non fare vedere al soldato che stava già piangendo.
"Non capisci niente, Thomas." affermò in fine il biondo, così piano che più che le parole a Thomas arrivò il tono d'odio con cui erano state dette. Lo lasciò lì solo con quelle parole, mentre Thomas si accasciava a terra in quel pavimento freddo come la sua anima, di nuovo. Accovacciato e terribilmente infreddolito, pianse tutto ciò che aveva in corpo.
Il cuore di Thomas non batteva più.Marzo 1917, San Pietroburgo.
Anastasija non vedeva Thomas da circa due settimane. Un servo le aveva detto che il pianista era malato, e che le lezioni sarebbero continuate solamente quando fosse stato meglio. Ma la ragazzina non era per niente stupida e quando notò che Newt era ogni giorno più triste, collegò entrambe le cose.
Avrebbe dovuto sentirsi felice per ciò, ma vedere il suo adorato Newt in quelle condizioni non faceva altro che farla stare male. Lo abbracciava spesso e lui ormai non ricambiava quasi mai. Gli sorrideva spesso, ma lui pareva aver dimenticato come si sorridesse. E questo la faceva sentire anche peggio di come stava Newt stesso.
Ma la situazione a San Pietroburgo era ancor più grave, perciò Anastasija non aveva molto tempo per pensare al suo soldato e al suo pianista.
Tra il popolo serpeggiava il malcontento, la crisi era aumentata in maniera drastica e i poveri contadini non arrivavano più a fine mese. Il comunismo si era ormai insidiato ovunque, e né lo zar, né il Governo Provvisorio potevano fare qualcosa.
Thomas, però, non ne sapeva nulla di tutto questo. L'unica cosa che aveva visto in quelle due settimane erano le sue lenzuola e la finestra della sua camera, da cui raramente filtrava un po' di luce. Si era chiuso in quella stanza e non era più uscito. Non piangeva più però, il povero Thomas. Si era ormai rassegnato all'idea che tutto ciò che aveva pensato su di Newt era sbagliato. Era riuscito a fargli del male anche con delle semplici parole e il senso di colpa gli stava lacerando l'anima, consumandola per sempre.
Durante quelle notti e quei giorni sotto le lenzuola, a compiangersi e a disperarsi, Thomas arrivò ad una sola soluzione. Era innamorato di Newt, lo amava. Altrimenti di certo non si sarebbe sentito così male da non uscire dal letto per giorni interi.
Quando era arrivato al Palazzo, di certo non avrebbe mai pensato che si sarebbe innamorato di qualcun altro. E poi era arrivato lui, col suo sorriso e i suoi occhi splendenti che avevano distrutto ogni briciolo di difesa che Thomas negli anni aveva costruito. Si stava anche lasciando andare con lui, tra carezze e coccole, ma poi aveva sbagliato a parlare e tutto era crollato come un castello di carta.
Gli mancava da morire Newt. Gli mancavano le sue mani, il suo profumo, la sua risata bellissima che gli entrava sempre dritto nel cuore, la più bella sinfonia di sempre. Ma ormai era tutto andato e Thomas aveva provato in tutti i modi a dimenticarlo, con scarsi risultati ovviamente anche perché vivevano comunque sotto lo stesso enorme e magnifico tetto.
Una mattina a inizio Marzo, la solita serva pagata profumatamente da Thomas affinché gli portasse qualcosa da mangiare ogni giorno durante la sua prigionia in camera, entrò in stanza con un vassoio pieno di pane, bevande e altri viveri, quanto bastava per sopravvivere tutta la giornata. "Grazie Teresa." aveva detto alla serva, provando a sorridere. Ma prima che Teresa chiudesse la porta alle sue spalle, una grande mano la bloccò e Thomas l'avrebbe riconosciuta tra mille. Il suo cuore si bloccò e le lacrime già premevano per uscire.
Newt si infilò subito dentro la stanza, lasciando la cameriera un po' scioccata, che però chiuse ugualmente la porta.
"Che cosa vuoi Newt?" chiese Thomas, sedendosi sul letto e evitando il suo sguardo. Non aveva il coraggio di guardarlo in faccia, di vedere in che condizioni fosse. Non aveva il coraggio di riguardare quegli occhi che tanto amava e quelle labbra che tanto desiderava.
"Parlarti." aveva risposto solamente, avvicinandosi al pianista con passi lenti e facendo scricchiolare i suoi stivali neri. "Tommy hai una pessima cera."
Su questo certo non poteva dargli torno. Era dimagrito molto in quelle due settimane, aveva due occhiaie marcatissime e il volto scarno. La barbetta ben curata era diventata più lunga e incolta, le guance che di solito si imporporavano erano due fossi ormai.
"Io non voglio parlarti." aveva detto duro Thomas, cercando di apparire più sincero possibile. Newt aprì la bocca in segno di stupore, mentre i suoi occhi castani diventavano leggermente lucidi. Si piegò sulle ginocchia, accanto a Thomas seduto sul letto, prendendogli una mano. "Ti prego." mormorò ancora il soldato, in una preghiera che il pianista non avrebbe ascoltato.
"Vattene." continuò Thomas, spingendo via la sua mano e alzandosi dal letto. "Non voglio più parlarti, Newt. Vorrei anche non vederti più, ma in questo Palazzo mi è impossibile quindi per favore, ti sto chiedendo di andartene."
"Tommy.." disse piano il soldato, cercando lo sguardo dell'altro. Ma Thomas, di fronte alla finestra a guardare chissà che cosa, non si azzardava neanche a voltarsi.
Così il soldato fu costretto a ritirarsi per quella volta, ma di certo non si sarebbe arreso così facilmente.
Quando Newt se ne fu andato e la porta sbatté in un rumore sordo, Thomas pianse tantissimo. Era stato costretto a mandarlo via, anche se in realtà tutto ciò che voleva fare era abbracciarlo e baciarlo come non aveva mai fatto. Ma gli aveva già fatto del male una volta e non voleva fargliene ancora. Lo aveva cacciato dalla sua stanza, ma di certo ancora non era il tempo di cacciarlo dal suo cuore.

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sinfobie | newtmas
Fanfic"Vedi Luke, questa storia parte da molto lontano. Però devi sapere una cosa. La melodia che hai sentito non è stata scritta a caso, né per scopi economici. Thomas scrisse quello spartito per una e una sola persona a questo mondo: il suo amato Newt."