sedici

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Spazio Autrice:
Il capitolo di ieri non l'hanno letto in molti, quindi fatemi sapere se c'è qualcosa che non va o altro.
Inoltre ditemi cosa ne pensate di questo capitolo, buona lettura.
-xx

Filippo entrò in fretta in camera nostra e cacciò le ragazze.
Era molto agitato e sarebbe esploso da un momento all'altro.

"Sei così stupida, cazzo!" urlò verso di me.

"Che ti prende adesso?" domandai confusa.

"Che mi prende?! Davvero, Lucrezia? Mi hai lasciato un mese prima della morte di tuo padre, ti rendi conto? Non ti sei fatta aiutare da me, mi hai allontanato nel periodo più brutto della tua vita" disse avvicinandosi.
"In più devo venire a scoprire la verità in puntata, ti costava tanto dirmelo?" chiese successivamente.

"Non volevo che mi urlassi contro e sapevo che l'avresti trovata una scusa stupida" dissi abbassando lo sguardo.

"Non ti sto urlando contro perché penso che il tuo motivo sia stupido, ma perché hai deciso di allontanarmi" mi spiegò.
"Sei arrivata al punto di non mangiare più, cazzo"

"E tu cosa avresti potuto fare, eh? Imboccarmi? Starmi accanto finché non ti saresti stufato di me? Finché non ti saresti reso conto di quanto fossi depressa? Eh, Filippo, che cazzo avresti fatto?!" mi alzai dal letto, arrivando ad un centimetro dal suo viso.

"Che cosa avrei fatto? Sei così stupida, Lucrezia. Mi sembra logico che sarei rimasto al tuo fianco" rispose sincero.

"Ma io non volevo che in quel periodo stessi con me. Dovevi essere felice e non volevo farti cadere nel mio stesso dolore, lo capisci?" gli urlai contro.

"E sai cosa ti dico, allora? Hai solo peggiorato le cose, perché non solo ho perso te ma il mio contratto è andato a farsi fottere. Ma tanto tu pensi solo a te stessa!" Filippo alzò ancora di più la voce.

"Il tuo contratto?" domandai.

Alzò gli occhi al cielo, "non ascolti nemmeno durante le puntate di Amici da quanto sei egocentrica"
"Sì, il mio contratto è andato a puttane"

"Perché cazzo non me ne hai parlato?" urlai.

Filippo fece uscire dalla sua bocca una risatina, "quando? Dopo il funerale di tuo padre? Oppure quando non mi volevi più vedere?" domandò retorico.

Non risposi, non avendo niente da dire.
Fissai a lungo i suoi occhi. Era così arrabbiato, cavolo.
Io e Filippo litigavamo spesso in passato per sciocchezze. Risolvevamo tutto con uno sguardo dopo un paio di minuti di silenzio e scoppiavamo a ridere. La nostra relazione era perfetta, nonostante i litigi, il suo essere geloso, il mio essere troppo sensibile. Perché dopo i litigi c'era l'amore, dopo la sua scenata di gelosia c'erano i baci e dopo i miei pianti gli abbracci.
Mentre io pensavo, Filippo rimase a fissarmi.

"Potevi chiamarmi, scrivermi, sfogarti con me" dissi semplicemente.

"Lucrezia, sai come sei fatta. Non mi avresti dato retta e poi non potevo piagnucolare con te, hai perso tuo padre" spiegò.

"Filo, mi dispiace non avertene parlato prima" ammisi.

"Anche a me" si girò e avanzò verso la porta. Se ne sarebbe andato, se non l'avessi fermato.

"Te ne vai?" gli chiesi.

Annuì, "sono stanco di litigare"

"Filo, ho capito. Ti ho lasciato senza un motivo valido per te, ma"

"No, Lù, non ho mai detto che non è un motivo valido, cazzo. Volevo essere al tuo fianco" mi interruppe.

"Tra di noi le cose stavano andando alla grande" commentai in un sussurro.

"Lo so, ma adesso ho bisogno di qualche giorno per farmi passare tutto. Sai come sono fatto e mi deve passare l'incazzatura" non mi fece controbattere e se ne andò.

"Stupida, stupida, stupida" commentiai buttandomi sul letto.
Le ragazze rientrarono dopo pochi minuti, probabilmente erano rimaste a sentire le nostre urla e cercarono di parlare con Filippo così come cercarono di parlare con me.

"Secondo me Filippo ha ragione" commentò Nicole, sedendosi al mio fianco.

"Non sei d'aiuto, Nicole" commentò Biondo, il quale era entrato da poco.

"Dico solo quello che penso. Filippo ha fatto bene ad incazzarsi, ma penso che dia più la colpa a se stesso che a Lucrezia"

"Potete lasciarmi sola con Simone?" chiesi.

Qualcuna di loro stava per ribattere, ma Simone le mandò tutte fuori come se fosse il padrone di quella stanza.
Si mise seduto al mio fianco e, senza dire nulla, rimase ad abbracciarmi.
Io e Filippo non ci urlavamo mai contro, almeno non come oggi. Oggi, più io alzavo la voce più lui la superava. Sembrava una gara, chi urlava di più avrebbe vinto.
Ma nessuno dei due ha vinto. Adesso entrambi siamo chiusi nella propria stanza e nessuno dei due sembra voler chiedere scusa all'altro per il troppo orgoglio.
Così me ne sto qui seduta sul lettino con Simone al mio fianco, il quale non disse una parola perché sapeva che preferivo il silenzio alle prediche. Questo non significa che prima o poi non me ne avrebbe fatta una.

Fragile | Irama PlumeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora