Capitolo 1:

8.3K 366 34
                                    

La testa doleva in maniera allucinante, anche se non aveva ancora aperto gli occhi riusciva a sentire il mondo intorno a sé girare, proprio come se fosse stato su una giostra.
Sentiva le tempie pulsare dolorosamente, come se il cervello avesse voluto lasciare il suo cranio, mai era stato così male in vita sua, e mai una volta si era ubriacato, soprattutto.
Non capì neanche dove avesse trovato la forza per aprire gli occhi e cercare con una mano la sveglia posta sul comodino, che solitamente si trovava di fianco al suo morbido letto. Impiegò qualche istante per capire che quello che stava toccando da più di cinque minuti non era il comodino di camera sua e che soprattutto, era troppo morbido per essere un qualsiasi mobile e troppo poco peloso per essere Lapo, il suo adorato cane. Quando finalmente riuscì a mettere a fuoco lo spazio che lo circondava trasalì.
Quella non era decisamente camera sua, quello non era il suo letto e il ragazzo che gli dormiva di fianco non era nessuno di sua conoscenza.
Solo dopo qualche minuto riuscì a capire che la cosa che stava palpeggiando insistentemente pensando fosse il suo comodino in realtà era la spalla muscolosa dell'uomo che dormiva placidamente al suo fianco.
Il suo braccio muscoloso ed abbronzato gli circondava la vita in modo possessivo, le dita sfioravano leggermente la pelle morbida e pallida del suo fianco, provocandogli un leggero solletico, mentre l'altro braccio passava sotto al collo di Eriel e gli avvolgeva una spalla.
Il primo pensiero di Eriel fu, è davvero bello.
Ed era la verità, l'uomo con cui aveva dormito non poteva essere definito brutto, né accettabile.
Aveva una chioma di capelli biondi che gli ricadevano scompostamente davanti al viso e contro il cuscino di morbide piume bianche, le palpebre purtroppo erano abbassate e non gli permettevano di vedere il colore delle iridi.
I tratti del viso erano duri e marcati, la mandibola era squadrata, quasi definibile tagliente, il naso era piccolo e dritto, appena sotto questo iniziava a crescere la barba bionda tenuta corta ed ordinata, quest'ultima faceva da cornice alle labbra sottili e rosa. Deglutendo Eriel fece scivolare verso il basso il leggero lenzuolo bianco, così come le braccia anche il busto era muscoloso, i pettorali erano ricoperti da un leggero strato di peluria bionda, gli addominali erano ben definiti nonostante fossero a riposo e infine, dall'inguine coperto da un boxer bianco partiva una striscia di peli biondi che si congiungeva all'ombelico.
Anche la v-shape era ben definita. Quell'uomo appariva in tutto e per tutto una statua greca.
Eriel riuscì a districarsi con non poca fatica dalla presa ferrea dell'uomo, lasciò cadere con delicatezza ed attenzione il braccio del biondo contro il materasso e, poi si occupò di ricoprire il suo corpo mezzo nudo.
Per prima cosa controllò lo stato del suo corpo al di sotto della cintola, i boxer erano ancora lì, ben saldi contro i suoi fianchi stretti, così come quelli dell'uomo che dormiva ancora placidamente al suo fianco.
Una volta in piedi Eriel si guardò attorno alla ricerca dei propri oggetti personali, trovò il telefono sopra al comodino, lo afferrò e lo accese, controllando per prima cosa l'ora.
Sul display erano segnate le 6:30, era ancora presto.
Aveva ancora due ore di tempo prima di doversi presentare in ufficio.
Cercò con lo sguardo i propri vestiti, erano stati piegati con cura e posati sopra ad un divano bianco latte posto contro una finestra di vetro che comprendeva un'intera parete.
La curiosità ebbe la meglio sul buon senso, invece di vestirsi Eriel si avvicinò alla parete a vetri e si mise ad osservare lo spettacolo oltre quello strato trasparente così sottile da parere invisibile.
Dall'alto si vedeva Times Square che prendere vita, molti taxi gialli sfrecciavano veloci lungo la strada scura, sollevando leggersi schizzi d'acqua.
Uomini e donne camminavano velocemente per la strada, tutti stretti in spessi cappotti, avvolti in sciarpe pesanti e con ai piedi scarpe calde, molti di loro parlavano al telefono, controllavano l'ora sul'orologio o sorseggiavano un caffè preso da Starbucks.
L'uomo mugugnò qualcosa e si voltò di lato, allungò un braccio verso il lato del letto rimasto vuoto e quando incontrò il cuscino bianco se lo strinse contro al petto, come fosse un bambino che abbraccia l'orsacchiotto. Eriel sospirò sollevato, non avrebbe saputo cosa fare o dire se quell'uomo si fosse svegliato.
Si domandò ancora come fosse finito in quella camera d'hotel.
Alzò le spalle contento di non aver perso la propria castità e sopratutto di non aver fatto cose di cui si sarebbe potuto pentire e s'infilò i jeans attillati, che aveva indossato la sera prima.
Fece passare la cintura nera tra i passanti, prese la maglietta bianca a maniche lunghe e dal collo alto, e infine s'infilò il morbido maglione rosso porpora.
Il periodo delle feste natalizie era vicino ed in ufficio tutti avevano iniziato a festeggiare in anticipo, così Eriel aveva deciso di andare a lavoro con qualcosa di rosso, in modo da ricordare il grasso vecchietto che portava doni ai bambini, certo lui non era nè grasso nè vecchio, ma si poteva lavorare con la fantasia.
Afferrò il parka verde che era stato appoggiato sopra la schienale di una sedia di plastica nera e dura e lo indossò, si diresse verso la porta bianca, ma prima di varcarne la soglia ebbe un ripensamento e tornò indietro.
Afferrò un foglietto dalla tasca interna della giacca e con una penna trovata su una scrivania nera scrisse un ringraziamento, lo posò sul cuscino bianco, che l'uomo stava ancora abbracciando e lasciò la stanza.
Si ritrovò in un lungo corridoio adornato da molti quadri dalle cornici dorate, il tappeto sotto i suoi piedi aveva ricamati ghirigori bizzarri e impossibili da decifrare.
Eriel scosse il capo, non volendo perdere tempo ad osservare quei dettagli inutili e con spasso svelto raggiunse l'ascensore.
Attese che le porte scorrevoli si aprissero ed entrò nel grande abitacolo.
Osservò per alcuni istanti il quadro che mostrava i pulsanti che portavano ai vari piani e alla fine pigiò su quello con incisa la lettera T.
Una volta giunto al piano terra una ragazza seduta dietro una scrivania gli sorrise cordialmente e lo salutò, invitandolo a tornare presto.
Eriel la salutò con un sorriso, non avrebbe saputo cosa rispondere e dire quindi, semplicemente si avvicinò alle porte.
Una volta uscito dall'edificio rimase per qualche secondo ad osservarne l'insegna, il nome di quell'hotel a cinque stelle era Black Diamond, aveva già sentito quel nome, forse lo aveva letto in una qualche rivista mentre aspettava il proprio turno dal dentista, non ne era del tutto sicuro. Fermò un taxi giallo e si fece portare davanti all'edificio in cui lavorava, pagò il taxista che gli sorrise gentilmente, felice di aver guadagnato quel bel gruzzoletto.
Una volta sceso dal veicolo giallo Eriel scattò verso le scale che lo avrebbero condotto nell'atrio.
Un unico pensiero fisso.
Doveva assolutamente parlare con Natasha.

L'uomo si svegliò a mattina inoltrata. Fosse stato per lui avrebbe dormito altre due ore, avrebbe passato tutto il giorno avvolto in quelle morbide coperte, steso sotto le coltri calde, ma il suo manager sembrava avere altri progetti.
Il suo cellulare aveva iniziato a vibrare rumorosamente contro la superficie del comodino, che sembrò amplificare ulteriormente quello sgradevole rumore.
Abbandonò il caldo giaciglio e osservò il lato vuoto del letto, sperando di ritrovare ancora quell'adorabile ragazzo addormentato tra le sue braccia.
Come aveva detto di chiamarsi?
Oh, si Eriel.
Un ragazzo davvero dolce, gli aveva raccontato il perché si trovasse rinchiuso all'Ibiscus, un locale notturno adatto a tutti, frequentato maggiormente da ragazzi decisamente giovani, ma anche da cinquantenni che si annoiavano la sera.
A quanto pareva la sua migliore amica, non che collega lo aveva trascinato in quella folle serata di divertimenti e alcool, ma una volta trovata la compagnia giusta lo aveva abbandonato al bancone e lui aveva alzato un po' troppo il gomito.
Dopo la breve storia gli era praticamente svenuto addosso e così lo aveva portato all'hotel dove alloggiava, non se l'era sentita di lasciarlo svenuto in quel locale, alla mercé di chiunque.
Sperò soltanto che nessun paparazzo lo avesse visto.
Anche se sperare in certi casi è inutile.
Con gesti svogliati rifece in qualche maniera il letto, in ogni caso ci avrebbero pensato le cameriere una volta che avesse lasciato la stanza.
Mentre sistemava il morbido cuscino le sue mani incontrarono un foglietto di carta dagli angoli appuntiti, lo prese tra le dita lunghe e robuste e ne lesse il contenuto.

Buongiorno, sono il ragazzo che con molta probabilità hai soccorso la notte scorsa, sei stato molto gentile e ti ringrazio, insomma non è da tutti! Ti chiedo scusa se ho detto o fatto qualcosa di strano, ma sai è la prima volta che bevo tanto al punto da ubriacarmi.
Ti lascio scritto il mio numero di cellulare, credo che questa stanza costi parecchio. Se vuoi che paghi la metà basta farmi una telefonata. Purtroppo non ricordo nemmeno il tuo nome, scusami.Grazie mille. Eriel Mclean

L'uomo si ritrovò a sorridere.
Non lo aveva riconosciuto.
Eriel non aveva riconosciuto una delle star più conosciute del momento.

The Russian ModelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora