Capitolo 6:

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18 Dicembre 2017

Nicholas si fermò davanti ad un enorme cancello in ferro battuto di un bel colore grigio argenteo, estrasse un telecomando nero da uno dei cassetti posti di fianco al posto del conducente e premette uno dei due tasti presenti.

I cancelli stridendo si spalancarono.
L'autista rimise in moto l'auto che lentamente imboccò l'ingresso.
Il percorso procedeva dritto per qualche metro.
Intorno a loro c'era un enorme prato completamente ricoperto di neve, le foglie erano cadute dai pochi alberi presenti nel giardino e insieme creavano un manto colorato che passava dal rosso acceso al bianco pallido.
Poco più avanti si innalzava un'imponente villa, dall'esterno era visibile un balcone che si sviluppava al secondo piano, aveva una ringhiera, se così poteva essere definita, fabbricata completamente in vetro trasparente.
Abbassando lo sguardo perpendicolarmente alla porta finestra del secondo piano si apriva l'ingresso all'abitazione, per essere raggiunto era necessario percorrere una scalinata composta da quattro singoli scalini bianchi.
"Wow..." Si lasciò sfuggire Eriel vedendo quel luogo così affascinante.
"Ben venuto a casa" Disse l'attore sorridendo orgoglioso.
Nicholas si fermò qualche metro prima della scalinata, scese e corse ad aprire la portiera a Mikail, l'uomo lo fulminò con lo sguardo, evidentemente non voleva che l'autista facesse certi sforzi.
Lapo saltò giù dall'auto e si mise a correre in giro, il guinzaglio che gli s'infilava tra le zampe ad ogni passo gli intralciava il cammino, ma il cane sembrava non farci nemmeno caso. Lapo adorava i grandi spazi aperti in cui poteva correre e rotolarsi a terra e, quel posto gli sarebbe senz'altro piaciuto.
"Lapo fermati!" Esclamò Eriel con tono preoccupato, seguendo il cane con lo sguardo verde smeraldo.
Mikail lo affiancò, con la valigia del moro al seguito.
"Non preoccuparti. La proprietà è interamente circondata da una recinzione, è impossibile che si perda o rischi di farsi del male" Eriel osservò attentamente Lapo, stava trotterellando verso di loro, evidentemente per una volta aveva ascoltato il suo comando.
Quando il cane gli fu di fianco si chinò e gli tolse il guinzaglio, l'animale ululò contento ed iniziò a scavare nella neve, lasciandosi poi cadere sopra la buca umida.
"Vedi di non fare troppi danni" Lo avvertì il padrone, incrociando le braccia contro al petto.
Lapo abbaiò e scodinzolando ricominciò a correre.
"Vieni entriamo. Nicholas ci vediamo domani. Per favore, te lo chiedo in ginocchio, non sforzarti troppo, ok? Tua moglie mi ucciderebbe se ti succedesse qualcosa" Il vecchietto ridacchiò, passandosi un mano davanti al viso.
Si tolse il cappello e si passò una mano tra i radi capelli bianchi, terribilmente imbarazzato.
"Certo, certo. A domani Signor Nikolayev" L'attore lo salutò con un gesto della mano.
Nicholas salì a bordo della vettura e sparì alla vista dei due uomini più giovani.
"Prego" Disse Mikail facendo un piccolo inchino.
Tese la mano vero Eriel, che l'accettò volentieri, avvicinandosi poi all'abitazione.
"Immagino tu non voglia dormire con me, perciò ti cederò la camera degli ospiti, a meno che tu voglia farmi compagnia..." Eriel arrossì, ma non si azzardò a rispondere, temeva di poterlo offendere in qualche modo, così si lasciò guidare verso l'ingresso dell'imponente villa.
Varcata la porta un finto legno c'era un enorme attico illuminato da una lampada posta in un angolo, la quale aveva la forma di un albero e su ogni rampo era sistemata una lampadina, abbastanza forte da illuminare la stanza, ma non abbastanza da dare fastidio agli occhi.
Sopra a questa c'era una rampa di scale, composta da assi di legno incastrate nel muro da un lato, mentre dall'altro rimanevano sospese, anche qui, come per il terrazzo c'era un parapetto fatto di vetro posto in modo da impedire a chiunque di cadere.
Al centro della stanza c'era un divano a ferro di cavallo in pelle nera ed in alcuni punti erano stati buttati dei cuscini dai colori sgargianti. 
Sul pavimento c'era un tappeto peloso anch'esso nero, in un angolo una poltrona ed attaccato alla parete bianca un televisore ultrapiatto.
Di fianco a questo c'era una porta in legno bianco, probabilmente che dava sulla cucina.
"È davvero bella" Commentò il moro, guardandosi attorno con aria sognate. Quello sembrava il classico interno che mostravano sulle riviste per la casa.
Gli arredamenti che tutti amano ma che nessuno si può permettere.
"Felice che ti piaccia" Rispose l'attore. Mikail si diresse verso le scale, prese nuovamente in spalla la valigia e cominciò a salire gli scalini sospesi.
Eriel mise un piede sul primo gradino ed abbassò lo sguardo su di esso. Quegli scalini non sembravano troppo stabili, però riuscivano a sostenere Mikail che pesava il doppio di lui e la sua valigia che aveva un peso non indifferente perciò, le ritenne abbastanza sicure.
Correndo lo raggiunse e lo affiancò, continuando comunque a tenere lo sguardo puntato sugli scalini dall'aria pericolante.
Una volta superata la scalinata si trovarono davanti ad un corridoio lungo all'incirca sei metri che terminava con una finestra che dava sul grande giardino innevato.
Sia sul lato destro che sul lato sinistro c'erano due porte, sulla sinistra c'erano ben due bagni, uno più piccolo dotato di doccia e i servizi, mentre il secondo comprendeva una doccia, una vasca da bagno in grado di contenere quattro persone e i servizi.
Mentre a destra c'erano le camere, quella di Mikail e quella degli ospiti, che da quel momento sarebbe stata occupata da Eriel.
"Prendi tutto il tempo che vuoi per sistemare le tue cose. Quando avrai terminato mi troverai al piano di sotto" Disse Mikail. Depositò la valigia ai piedi del letto e lasciando una pacca sulla spalla di Eriel uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Il moro prese un grosso respiro e osservò la stanza e gli oggetti che la caratterizzavano.
Al centro c'era il letto matrimoniale coperto da un piumino rosso decisamente natalizio, i guanciali erano bianchi con disegnate delle renne stilizzate, anche queste dello stesso colore del piumino.
Ad entrambi i lati del letto c'erano due comodini, entrambi forniti di abat-jour, sveglia e altri piccoli oggetti.
Attaccato alla parete c'era l'armadio. In quanto a larghezza era chiaramente il doppio rispetto a quello di Eriel, e anche senza aprirlo il moro dedusse che dovesse contenere un gran numero di abiti.
Sulla parte opposta invece c'era una porta finestra che dava sul terrazzo, evidentemente sia la sua stanza che quella di Mikail avevano l'accesso al balcone.
Infine, di fronte al letto c'era una scrivania, sul piano era stato messo un porta penne, un plico di fogli bianchi e a quadretti. 
Eriel sfregò assieme le mani pallide ed aprì la valigia nera.
Ne estrasse i vestiti, li posò sul letto e soltanto dopo aver dato loro una "stiratura" con le mani li depositò nel grande armadio.
Spinse la valigia sotto al letto e prendendo un grosso respiro tornò al piano inferiore.
Mikail era seduto comodamente sul divano, teneva le gambe accavallate elegantemente e tra le mani teneva una rivista, la stessa che Natasha aveva portato ad Eriel quella mattina.
"C'è da dire che siamo venuti davvero bene" Commentò Mikail senza sollevare lo sguardo.
Eriel sobbalzò, credeva di non essere stato visto, non aveva emesso nessun rumore nello scendere le scale.
"Già" Rispose Eriel. Scese gli ultimi gradini e raggiunse il biondo.
Si passò le mani contro il tessuto dei pantaloni e si sedette di fianco al Mikail. Sollevò lo sguardo e si mise ad osservare la fotografia.
Il biondo era venuto decisamente bene, i flash delle fotocamere rendevano i suoi capelli ancora più chiari.
Mentre Eriel sembrava il figlio di Babbo Natale.
"Tu sei venuto bene. Io sono ubriaco e... ubriaco" Commentò Eriel rilassandosi un poco contro lo schienale del divano.
Mikail si lasciò sfuggire un sorriso e depositò la rivista su un tavolino poco distante, si girò verso il moro e gli passò un braccio intorno alle spalle. "Facciamo un gioco, ti va? Così per conoscerci meglio" Domandò Mikial, evidentemente sperava che la prospettiva del gioco invitasse Eriel a parlare con lui.
Il moro storse il naso, ma alla fine annuì e si lasciò andare contro lo schienale del divano, allontanandosi di poco dal braccio del biondo.
Mikail non sembrò prendersela, semplicemente appoggiò il braccio contro lo schienale.
"Io faccio una domanda a te e tu una a me. Inizia tu" Lo invitò l'attore, lasciandogli la possibilità di iniziare il gioco. 
Eriel annuì e pensò per qualche istante a quale domanda potergli porre.
"Quanti anni hai?" Domandò Eriel. Aveva vagliato tutte le domande che gli erano passate per la mente e aveva deciso che quella fosse la più adatta. Non voleva rischiare di mettere il biondo in imbarazzo o sotto pressione.
Mikail inarcò un sopracciglio, Eriel si limitò a sorridere e a passarsi una mano fra i capelli.
"Ventotto. Abbiamo pochi anni di differenza. Hai fratelli? Sorelle?" Domandò l'attore, appoggiando la caviglia destra sul ginocchio sinistro. "No, anche se ho sempre voluto una sorellina, ma purtroppo i miei non hanno avuto l'occasione giusta. E tu?" Rispose Eriel.
Appoggiandosi con la base della schiena al bracciolo del divano, così da riuscire a guardare il biondo dritto negli occhi.
"Una sorella, Marika di 26 anni. Un fratello, Jonathan di 34 anni e un altro  fratello, Ian di 19 anni. Non ci assomigliamo molto né fisicamente né caratterialmente, ma ci vogliamo molto bene" Rispose Mikail. Eriel si ammutolì ed arricciò le labbra in un'espressione scioccata.
"Oh... Hai una famiglia davvero numerosa" Commendò il moro, mordendosi il labbro inferiore.
Il biondo sorrise.
Adorava la propria famiglia, anche se a volte era insopportabile ed invadente e, ora che aveva un fidanzato sarebbe diventata ancora più insopportabile.
"Hai sempre vissuto a New york?" Domandò Mikail, volendo continuare ad indagare riguardo la vita del giovane. Eriel negò con il capo.
"No. Quando compii dieci anni io e i miei ci trasferimmo in Canada, mio padre aveva ottenuto un lavoro a Toronto, tre anni fa dopo la scuola ho deciso di tornare qui per lavoro. Mio padre aveva un amico qui in zona, un vecchio compagno di classe, mi ha ospitato fino a quando non sono riuscito a reggermi sulle mie gambe" Spiegò Eriel.
Andava molto fiero del suo percorso fino a quel momento.
Gli piaceva il suo essere indipendente. Mikail annuì pensieroso.
"E tu? Hai sempre vissuto a New York?" Il biondo riportò l'attenzione su Eriel.
Senza dire una parola si alzò da divano e si diresse nella spaziosa cucina, aprì il rubinetto e riempì due bicchieri d'acqua.
"No. Sono di origini russe, mi sono trasferito qui a diciotto anni quando ottenni la prima parte in un film, mia madre e i miei fratelli sono rimasti in madre Russia!" Disse, calcando particolarmente sulle ultime due parole ed inserendo l'accento natio che di solito possedevano le persone trasferitesi da poco in un paese. "Wow! Non hai nessunissimo accento, ho conosciuto un cliente del signor Hunt, viveva in America da quasi quarant'anni eppure aveva ancora un forte accento straniero" Disse Eriel, impressionato dalle proprietà linguistiche dell'attore.
Mikial tornò in salotto e porse un bicchiere bombato al moro che lo accettò con gratitudine, aveva la gola secca, terribilmente secca. "Probabilmente nonostante la lontananza da casa parlava molto spesso la sua lingua madre" Spiegò Mikail.
Eriel posò il bicchiere sul basso tavolino e riportò la propria attenzione sul biondo, attendendo la prossima domanda.
"Che lavoro fanno i tuoi genitori?" Domandò quindi l'attore, dopo aver deglutito. Eriel si premette due dita sulla punta del naso rosso e poi rispose.
"Mio padre è un banchiere, mentre mia madre fa la casalinga. Una volta lavorava come receptionist in un hotel, poi sono nato io. Inizialmente mi lasciava a mia nonna, ma una volta tornò a casa e trovò mia nonna seduta al tavolo con davanti due bottiglie di vino vuote e io che dormivo tranquillamente nel mio lettino, quattro ore con me e mia non si era ridotta all'alcolismo" Commendò Eriel con tono divertito, rivangando le vecchie storie che la madre gli raccontava.
Mikail scoppiò a ridere, si piegò in avanti e si tenne la pancia con una mano, alcuni ciuffi biondi, quelli sfuggiti alla crocchia in cui erano stati legati si spostarono in avanti e gli ricaddero davanti agli occhi.
"Hey!" Protestò Eriel in imbarazzo, anche se sul suo viso era stampato un grande sorriso. Finalmente iniziava a rilassarsi.
"E i tuoi che lavoro fanno?" Domandò il moro, appoggiando il viso ad una mano.
Mikail si passò la lingua sulle labbra e prese un sorso d'acqua, schiarendosi poi la voce.
"Mia madre è un ex modella, mentre mio padre era l'assistente di mio nonno, ora lo ha sostituito ed è diventato il direttore di un industria di grandi magazzini " Eriel si lasciò sfuggire un fischio di approvazione.
"Ex modella? È per questo che sei così bello?" Domandò quasi senza rendersene conto.
Eriel si portò subito le mani davanti alla bocca, arrossendo fino alla punta delle orecchie. 
"Scusa, non volevo dire che..." Mikail lo zittì lasciandogli, dandogli una pacca sul braccio, rassicurandolo. "Nessuno problema.
I complimenti che provengono da te non possono fare altro che rendermi felice" Sussurrò il biondo con tono ammaliatore.

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