11-Why?🙅🏻‍♀️

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È da più di un'ora che fisso una crepa del tetto, in realtà nonostante il mio sguardo è li fisso non ho mai pensato per un'attimo ad essa.

La sveglia suona inutilmente e io non ho voglia alcuna di alzarmi.

Mi trascino con forza in bagno, cerco come sempre di evitare lo specchio, non vorrei che mi venga un colpo.
Entro nel box doccia e mi appoggio al muro e lascio che l'acqua scivoli sul mio corpo.

Cerco qualcosa di adeguato per andare in un ospedale psichiatrico giudiziario e alla fine opto per un semplice vestitino nero.

Mia mamma mi accompagna davanti il grande edificio grigio, mal ridotto e insignificante. Entro da sola poiché mia madre fin da subito ha messo in chiaro che nonostante fosse ritornata in città con me non avrebbe voluto avere niente che fare con quel viscido, mia mamma non lo nominava più da anni e quando dopo aver ricevuto la chiamata le ho parlato di questa storia lei mi ha pregato dicendomi che era uno sbaglio e che avevano fatto bene a rinchiuderlo, non ho mai capito dove volesse parare, lei sapeva qualcosa in più di quello che sapevo io e sicuramente sapeva la storia che ha portato mio padre qua dentro.

Peccato che a me di vuoi non importava un bel niente, porto il suo cognome e non voglio cambiarlo per il semplice fatto che ormai dopo 17 anni è diventato mio.

Quando entro dentro l'ospedale non sento alcuna emozione, sento solo una vocina che chiede in continuazione il motivo per cui si trova qui!

"Signorina mi segua."

Mi dice autoritaria una signora sulla cinquantina, con i capelli bianchi e rosa.
Forse anch'io devo cambiare colore di capelli o forse devo tagliarli penso mentre la seguo lungo gli stretti corridoi mal messi.

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Entro dentro la stanza e trovo quello che una volta consideravo mio padre accovacciato in un angolo a ridere come jocker in un film horror.

"Signor Losito, sua figlia."

I suoi occhi dello stesso colore dei miei mi scrutano e all'improvviso smette di ridere.

"Vi lascio soli se le servono informazioni o le serve aiuto basta chiamare."

"No."

La blocco subito.

"Io voglio solo firmare quello che c'è da firmare, devo andare via ho impegni."

Dico con lo sguardo fisso ancora su quel paziente che ha i miei stessi occhi e il mio stesso sangue.

"Certamente signorina Losito, mi segua."

La seguo e ripercorriamo tutta la strada che abbiamo fatto per arrivare alla stanza a ritroso.

"Signorina si accomodi, non so se lei sa ma suo padre ha bisogno di cure e per portarle avanti abbiamo bisogno del consenso di un familiare, maggiorenne."

"Oh."

Dico pensando al semplice fatto che io non sono ancora maggiorenne.

"Non ha ancora compiuto 18 anni?"

Scuoto la testa.

"Sua madre potrebbe aiutarci?"

Scuoto nuovamente la testa.

"Lei sa perché suo padre si trova qui?"

E come se il cane mi avesse mamgiato l lingua ripeto il movimento di capo che ho già fatto.

"Suo padre ha tentato il suicidio."

Mi manca l'aria ma non per quello che la stramba infermiera mi ha riferito ma perché non provo emozioni, perché non mi importa.
Lui ogni giorno tornava a casa fatto di cocaina e con gli occhi rossi picchiava mia madre, il  giorno che mia madre stava preparando le valige io uscii con Luciano, rientrando a casa la trovai distesa sul pavimento con il naso sanguinante e li capii che mostro era mio padre.

"Sinceramente non mi importa, fate quello che vi pare lui non è più mio padre e mia a mia madre non interessa tutto ciò."

Mi alzo dalla sedi e mi aggiusto il vestitino le porgo la mano che lei stringe affettuosamente sorridendomi con compassione.

"Signorina se su madre cambiasse idea e vorrebbe aiutarci ci faccia sapere."

Annuisco ed esco.

"Come è andata?"

Mi chiede mia mamma.

"Bene volevano una firma per dargli delle medicine, non mi hanno neanche fatto problemi per non essere maggiorenne."

Mia mamma mi sorride e fa partire l'auto.

Chiamo Sammy per chiederle se vuole venire a prendere un caffè e  subito mi risponde dicendomi che sta con il fidanzato.

Così faccio due passi.
Mi siedo sull'altalena rossa e chiudo gli occhi lasciando che i ricordi prendano forma.

Esco di casa e vado al parco so che Luciano mi sta aspettando già la.
Peccato che al mio arrivo lui non c'è, mi siedo sull'altalena e cerco di spingermi invano, sono triste e sempre Luciano a spingermi io non ho mai imparato come farlo da sola. Qualcuno compare di colpo gridando "buu" io sobbalzo e cado dall'altalena mentre Luciano si piega in due per le risate e il cerco di non piangere. Ho il ginocchi sbucciato, quando Luciano se ne accorge smette di ridere si inginocchia davanti a me e da un bacino alla ferita.
"Non avrei mai voluto farti del male, non volevo. Non te ne farò mai."
Faccio l'arrabbiata per un po' lui si allontana e ritorna con due enormi gelati, me ne porge uno limone e cioccolato i miei gusti preferiti ed un sorriso compare sul mio volto.

Apro gli occhi e trovo una scena agghiacciante forse lui non si è accorto di me ma proprio dietro lo scivolo rosso c'è il bambino dolce e premuroso dei miei ricordi. Ha il cappuccio alzato e tiene un profilo basso, sta parlando con un ragazzo finché non esce 50€ e il ragazzo gli mette qualcosa in tasca.
Capisco subito che ho appena assistito all'acquisto di droga, non posso dire se semplice erba o cocaina ma sono sicura che Luciano ne fa uso e dentro di me scatta un'allarme.
Sto per avvicinarsi ma lui mi nota e mi guarda con gli occhi come due spilli, abbassa la testa e sale in macchina velocemente.

Ed io rimango la con il vento che mi soffia tra i capelli, sola e ancora una volta delusa.

Tra odio e amore -Luciano SpinelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora