CAPITOLO TREDICI.

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15.05.2018
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«Ogni giorno ti porto una rosa, bianca. Il bianco è il colore che simboleggia la purezza e l'innocenza e fidati ti si addice tutto questo... Non posso vederti così non per molto ancora, sento di sta per cedere» sospiro, sorrido e lascio scivolare una lacrima dal mio viso. Le prendo la mano e continuo a parlare.

« Sono due settimane, due settimane che non vivi, due settimane che non posso guardarti negli occhi, due settimane che sei lì immobile, senza neanche accennare un singolo movimento, mi stai uccidendo. Due settimane che sei qui dentro, immune alla vita esterna, immune a me, mi fa stare male, vederti così è una cosa ingestibile.  non puoi abbandonarmi, non ora, ti prego, svegliati. Ho bisogno di te.
Ti giuro che quel bastardo lo faccio fuori, guarda come ti ha ridotta, mi ha annientato con quello che ti ha fatto.»
Le mie emozioni prendono il sopravvento, sto per esplodere, dovrei uscire da qui.
«Ciao bella addormentata» tiro su con il naso e cercando di trattenermi invano.
La saluto dandole un bacio sulla fronte e vado via.
La situazione mi sta consumando, mi manca così tanto. Non posso farcela io non ci riesco.
Senza nemmeno accorgermene mi ritrovo in un bar.
«Cosa posso darti» si avvicina la cameriera
«La cosa più forte che hai» le rispondo.
Credo di essere al settimo drink.
Pago e prendo una birra, forse più di una.

Sto vagando per le strade di Hollywood ubriaco fradicio. Non riesco neanche a reggermi in piedi giro intorno ad un palo per mezz'ora poi lo prendo a pugni. Ma sei pazzo?
Si lo sto diventando. Non serve a niente l'alcool, è sempre nei miei pensieri, ci ha preso casa ormai.
Anche da ubriaco la penso, che cosa mi sta facendo? Ti stai innamorando,  non l'hai capito? Forse si...

IMMENSAMENTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora