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É il giorno successivo.
La sera successiva.
Sono davanti la porta di casa, dopo aver mangiato qualcosa in un bar con Jimin, che ormai è come un migliore amico.

Prendo le chiavi dalla tasca e inserisco quella giusta nella serratura.
Tre giri per sbloccarla.

Apro la porta e metto un piede dentro l'abitazione.
Subito una forte puzza invade le mie narici.
Odore di alcol.
Strizzo gli occhi, chiudendomi alle spalle la porta.

«Papà?»

Nessuno risponde.

La stanza è quasi del tutto buia, se non fosse per la televisione accesa, che non emette nessun rumore, e per gli spifferi delle serrande che fanno entrare un po' di luce, nonostante siano chiuse.

Mi guardo attorno, con il cuore che palpita a mille.

Mi tolgo lentamente le scarpe e dopo riprendo a guardarmi attentamente attorno, per cogliere ogni minimo particolare.

Grazie alla poca luce riesco a vedere delle bottiglie di birra, penso, e una grande di vino vicine allo spigolo del divano.
Dei pacchetti di patatine sul tavolino in legno, posizionato tra la televisione e il divano in pelle nera che sopra, prima, aveva dei cuscini, gettati rovinosamente per terra.
Dei pezzi di vetro, o porcellana, non so, sparsi per terra.
Dei coltelli.

Alla vista delle armi, il battito cardiaco aumenta ancora di più ed istintivamente indietreggio.

Ma la mia schiena si poggia su qualcosa, o meglio, qualcuno.

Le palpebre si spalancano fin da subito e mi volto di scatto, guardando la figura, nascosta nell'ombra, di mio padre.

Infila le falangi tra i miei capelli, stringendole in una presa ferrea, che mi fa emettere un versetto di dolore.
Strizzo immediatamente le palpebre tra di loro, portando le mani al polso di mio padre per provare a togliere la sua.

«Sei arrivato finalmente...» Dice mio padre, in un sussurro, che riesco però a sentire decisamente bene.

«P-Papà...l-l-lasciami, t-ti prego...» Sussurro anche io, non guardandolo neanche un secondo in faccia.

Ho paura del suo sguardo.

Inizia a trascinarmi con forza verso il divano, dove inciampo e finisco con la schiena su di esso.
Lui si mette velocemente a cavalcioni sopra di me.

Non toglie la mano dai miei capelli, non ne ha la minima intenzione.

«Oh...Taehyung. Mi hai lasciato così solo...la mamma non ne sarebbe assolutamente felice!»

Dopo quell'affermazione di mio padre, quest'ultimo mi tira un pugno sulla guancia.
Emetto un forte verso di dolore, mentre la mia espressione diventa sofferente.

«P-Papà...» Separo le labbra, mentre il respiro diventa irregolare.

«GUARDAMI FOTTUTO STRONZETTO!» Urla mio padre, dandomi poi un pugno sullo stomaco.

Sento il ventre perforarsi e subito una sensazione di rigurgito si fa strada nel mio corpo.
Ma non vomito...è solo nausea, tanta nausea.

Infila una mano dentro la tasca, dalla quale estrae qualcosa.
La mia vista è offuscata, e quindi subito non riesco a capire cosa sia quell'oggetto.
Mio padre, con un movimento veloce del pollice, fa uscire un'affilata lama.

Spalanco gli occhi, sentendo il respiro ancora più corto.
Provo a tirami indietro, ma un altro pugno sul ventre blocca completamente ogni mio possibile movimento.

Sputo del sangue, che sporca leggermente la sua mano.

Lentamente, e con la paura che scorre fluida e veloce nelle vene, poggio il mio sguardo semi-distrutto sul suo, che mi guarda con odio e disprezzo.

«Sei uno schifoso frocetto, lo sai?»

Mette la lama tra i denti, con due occhi che sembrano rossi, per via della rabbia.
Ha uno sguardo omicida...

Sento qualcosa stringersi sul mio collo.
Subito gli occhi si spalancano, e la bocca si apre come se volesse far entrare più aria possibile.

N-Non riesco a-a....r-respirare.

Gli occhi diventano immediatamente lucidi, e stringo le mani sui suoi polsi.
Sta provando a strozzarmi.

S-Sto morendo?

Solo questo riesco a pensare, in quei secondi così lenti e dolorosi.

Ma proprio quando ho perso ogni speranza mi toglie le mani dal collo.

Passa il polpastrello dal collo alle clavicole, fino ad arrivare al bordo della mia maglietta nera.
Con il coltello stesso la taglia e la distrugge in mille pezzettini, mentre i miei polmoni si riempiono di aria.
I miei occhi continuano ad essere spalancati.
Ho troppa paura in questo momento.

Si slaccia via la cintura e dopo poco la ritrovo attorno al collo, che la stringe.

Ho perso l'ultima briciola di speranza.
I miei polmoni richiedono ossigeno.
I miei occhi neri come la pece sono così pesanti, che stanno per chiudersi.

Il gesto che in quel momento mi sconvolge di più è lui che lascia la presa.
Mi toglie la cintura dal collo e, dopo essersela rimessa, esce dall'abitazione lasciandomi da solo.

Inizio a riprendere velocemente fiato, portandomi le mani al collo.
Lascio uscire delle calde lacrime dagli occhi, che non riesco per niente a trattenere, alzandomi col busto per respirare meglio.

S-Scusa m-mamma se non s-sono così forte...

Abbandono il mio corpo da qualsiasi comando, finendo con la schiena poggiata sul divano.

Guardo il soffitto, a bocca aperta.
I miei occhi sono così lucidi.
Lo stomaco mi fa così male.
La guancia duole molto.
Le mani tremano.
Le gambe pure.
In quella gelida e orribile nottata, riesco a sentire unicamente il rumore del mio cuore.
Tum.
Tum.
Tum.
Un battito così veloce.

Porto una mano al petto ed una alle labbra: con la prima ascolto l'unico suono che riesco a sentire, mentre con la seconda pulisco le labbra dal sangue.

Un mezzo sorriso mi compare in volto.

«P-Posso tro-v...» Tossisco sputando dell'altro sangue. «-a-are...l-la mia l-luce?»

I miei occhi non reggono.
Il mio corpo neanche.
Cado, quindi, tra le braccia di Morfeo, che mi culla in un misto di emozioni: paura ed ansia, tensione e rabbia, umiliazione e demotivazione, vergogna e vuoto, pietà e fragilità.
Ma sotto sotto, la piccola briciola di speranza, che pensavo fosse scomparsa, é ritornata.

~•~•~•~•~•~
Non uccidetemi, vi prego!
Vi piace come è scritto il capitolo?

In un anello mi si rompe la gemma in continuazione, nonostante la ripari ogni volta.
Urlo.

Anelli rompicazzo, ciao.

"Bruise"࿇к◊◊к√Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora