Due anni dopo: Eveline

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-Vuoi farmi impazzire, Evy?- domandò Marco con la ragazza a cavalcioni su di lui.
-Posso farlo?- domandò a sua volta. Non era cambiata. Almeno, non la sua tenacia. Il suo corpo era diventato più formoso, più sinuoso.
Adesso sapeva anche come muoversi per far impazzire un chirurgo molto più grande di lei.
-Ci stai già riuscendo.- ansimò l'uomo con le mani sui fianchi di lei.
Si muoveva velocemente, voleva di più. Cominciò a sbottonargli la camicia, mentre si strusciava freneticamente sopra l'erezione di lui.
-Fermati, Eveline, non qui.- Marco non aveva torto, erano in ospedale, lei era una tirocinante e sarebbe stato meglio non farlo sapere a nessuno che si frequentavano. Ma in fondo, era l'alba, nessuno li avrebbe cercati a quell'ora.
-Eveline, fermati.- ma lei aveva già cominciato a spogliarsi e a chinarsi fra le sue gambe. Gli sbottonò i pantaloni e cominciò a succhiare.
Sapeva che il dottore aveva un particolare entusiasmo per quell'atto e lei ne approfittò.
Marco le prese la testa mentre la sua ciondolava per il piacere.
Eveline si staccò e si rimise a cavalcioni sopra di lui, stavolta completamente nuda.
Cominciò a cavalcarlo e ad ansimargli nell'orecchio. E in quel momento, non si sa per quale motivo, gli venne in mente Aleksei. Sarebbe stato sicuramente diverso con lui, più selvaggio. Non avrebbe mai lasciato che lei conducesse la situazione, avrebbe guidato lui il gioco.
Innervosita dai pensieri sul ragazzo che gli aveva confessato il suo amore, solo per poi sparire nell'ombra, allargò di più le gambe e si lasciò andare, sentendo che Marco faceva lo stesso.
-Scoparti nel mio ufficio è sempre un piacere.- sussurrò l'uomo baciandole il collo.
-Veramente ho fatto tutto io!- sorrise beffarda Eveline.
-Ci vediamo dopo lezione, a casa mia questa volta?-
-La lezione! Oh merda, ho una riunione col professore di psichiatria!- si rivestì in tutta fretta e corse verso la porta.
-Ehi, il mio bacio!- implorò Marco con un sorriso.
-Stasera, tutti quelli che vorrai!- promise Eveline correndo verso l'uscita dell'edificio.
Merda, merda, merda, arriverò in ritardo!
A Milano le strade erano sempre trafficate, perfino alle sei del mattino. La metro la terrorizzava e così finiva per andare in tram all'università, però sarebbe dovuta partire da casa almeno un'ora prima per poter arrivare puntuale.
Mentre camminava a grandi falcate verso la sua fermata, si concesse il lusso di pensare a ciò che aveva appena fatto con quell'affascinante chirurgo di  quindici anni più di lei. Si era appena immersa nel mondo della medicina e già ne stava venendo risucchiata.
Si era lasciata trasportare da Marco, dai suoi occhi azzurri e dalle sue mani esperte. Peccato che fra loro non ci sarebbe mai stato futuro.
L'unica persona con cui aveva provato ad avere un futuro fu Mattia, circa l'anno prima.
Devastata dalla situazione con Aleks, si rifugiò nelle braccia dell'amico e per un po' le era sembrata la cosa più giusta da fare; ma non era quello che voleva. Desiderava ardentemente innamorarsi di Mattia, o di chiunque non fosse Aleksei, in verità. Ci aveva messo un po' ad accorgersene: era innamorata di Aleks Volkov. Nonostante le ferite ancora aperte, il matrimonio mancato con la sorella e il vuoto che aveva lasciato andando via dopo un ben congegnato 'Ti amo'. Fu quello il problema. Ora lo capiva. La sua confessione d'amore le risultava fasulla perfino dopo due lunghi anni.
Prese il tram. Guardava fuori dal finestrino. Nella sua mente vagavano i ricordi. Galleggiava nell'aria ogni momento ed ogni parola vissuta con lui. Per questo Ev provava a non pensare ad Aleksei, perché non riusciva a smettere, una volta cominciato.
Voleva solo continuare a vivere, umiliando i ricordi e cancellando le sue emozioni.
Eppure non riusciva a placare le sensazioni che provava, anche solo ripensando a quei momenti straordinari in cui credeva davvero che fra loro potesse funzionare.
Scese dal tram e camminò verso l'edificio.
Assurdo pensare ancora al ragazzo che l'aveva abbandonata, dopo che aveva fatto l'amore con un uomo che le prometteva il mondo intero.

La lunga riunione era finalmente terminata.
Sentiva parlare il Professor Bravo, ma non ascoltava davvero. La sua testa vagava fra i ricordi, di quella nottata passata con Marco e di quei momenti fugaci con Aleksei.
Adesso, mentre correva per prendere il tram, fu attratta dalla figura di un uomo che entrava nell'auto del suo professore.
Non può essere, pensò e cambiò la sua direzione.
Sapeva che non poteva essere Aleks, eppure il suo cuore batteva come quando lo vide la prima volta. No, non poteva essere lui.
-Professore, devo parlarle!- non sapeva di cosa, era chiaramente una scusa.
Aleksei scese dalla macchina sbattendo la portiera. Le sue spalle erano larghe sotto la camicia bianca, i fianchi stretti nei jeans e i capelli spettinati.
-Aleks, fermati!- gridava rincorrendolo, ma lui non si fermava.
-Aleksei- si fermò di scatto e vide la più traumatica delle scene. Un pirata della strada l'aveva investito senza fermarsi. I capelli scuri impregnati di sangue sino alle punte. Il suo cuore mancò un battito. Le gambe cedettero. -Aiuto!- gridò a tutti, a nessuno, a se stessa... a chiunque potesse salvarlo. No, no, no! Non posso perderti ora che ti ho ritrovato!

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