1.9 - Martedì, 16 Settembre 2014

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Martedì, 16 Settembre 2014

La sveglia l'ho tolta ma mi sveglio alle sette comunque, chissà perché.
Abitudine, credo.
Faccio una doccia, controllo venti volte il cellulare nella vana speranza di trovare un tuo messaggio che ovviamente non c'è, e poi scendo per la colazione. Risalgo in camera due minuti dopo, non mi andava di mangiare.
Quando esco dall'hotel c'è un sole stupendo, e Roma quasi brilla.
Prendo la metro e scendo ad una fermata a caso, poi proseguo un po' senza effettivamente una meta, e arrivo da Swarovski. Mi piace un braccialetto. È bianco e nero. Ying e Yang, io e te. Il bianco sono io però, perché sono buona. A te ti odio. "A te ti" non si dice, lo so, scusa. Va bene dai, non è vero, non importa, il braccialetto non lo compro. Esco e ti vedo. No, non sei tu. Ma ti assomiglia sai, Aurora, è bella come te. Ma gli occhi non sono come i tuoi, i suoi sorridono, i tuoi no.
I tuoi urlano e bruciano.
E tu finisci per urlare e bruciare con loro.
E io piango.
Sono stanca di piangere, Aurora, non ho più lacrime ormai. Mi pizzicano gli occhi e non esce più niente, perché non c'è più niente. Solo tanto tanto dolore. E tu non te ne accorgi.
Quando eravamo piccole mi leggevi il dolore e la tristezza negli occhi, e facevi la stupida per farmi ridere.
Poi mi portavi al Luna Park e mi compravi lo zucchero filato perché io le montagne russe non le volevo fare, e quando tornavamo a casa io ero felice. Ma ero una bambina, e all'incirca lo eri anche tu, e sai bene che ci vuole poco per far felici i bambini. Loro non serbano rancore, si arrabbiano con te ma se gli dai un pezzo di cioccolato tornano a sorriderti anche più di prima. A loro bastano un paio di coccole per sentirsi amati, una bambola o una macchinina come regalo di Natale, una festa di compleanno con tanti palloncini colorati e la Befana che porta loro la calza con le caramelle perché hanno fatto i bravi. Loro non lo sanno cos'è il dolore, perché quando cadono tempo due secondi e sono di nuovo in piedi. E il cuore non se lo rompono mai, tutt'al più si sbucciano un ginocchio o si graffiano un gomito. Ma il cuore, almeno quello, resta intatto. E per fortuna, dico io, visto che il mio è rotto e so bene come ci si sente.
E questo a causa tua, Aurora, perché tu ti diverti proprio a romperla gente, ci provi gusto nel frantumarla e vederla cadere ai tuoi piedi per poi passarci sopra come se niente fosse.
Sto quasi per fermarmi da McDonald's per pranzo ma decido che è una pessima idea.
Detesto vomitare il pane degli hamburger, esattamente come tu detesti vomitare gli spinaci e quindi non li mangi.
A pensarlo fa quasi ridere, ma io non rido più.
Guarda a che punto siamo arrivate!
Da bambine mangiavamo una cosa perché ci piaceva, ora la mangiamo perché non ci dà fastidio vomitarla.
Sembra una barzelletta!
Passo oltre il McDonald's e c'è un'enorme bancarella che vende frutta. Abbastanza strano vendere frutta accanto a un fast food, non trovi?
Compro un paio di fette di cocomero che chissà da dove viene – il cocomero a settembre, ma ti prego! - e mi siedo sulle scalinate di piazza di Spagna per mangiare un po' in pace.
Adoro il cocomero, ma se avessi un genio con tre desideri da esprimere uno di questi sarebbe sicuramente far scomparire quegli orribili semini neri, 'ché a toglierli ci impieghi sempre una vita.
Il cocomero è come le persone, Aurora, non esiste senza imperfezioni.
E da questo dovresti capire molte cose, è inutile che cerchi di essere perfetta perché finirai per non esistere più.
A furia di togliere semi getti via anche la polpa.
A volte devi semplicemente lasciare che qualcuno ti entri in bocca e poi magari sputarlo.
Nel cestino Aurora, non sulle persone, 'ché tu questa mania di sputare sulle persone ce l'hai sempre avuta e non ti è mai passata.
Aurora, Aurora, Aurora... Quante cose devo insegnarti io...
Sai, passeggiare per Roma è confusionario ma liberatorio al tempo stesso, non ho paura di perdermi, la conosco come le mie tasche.
Che poi, pensandoci, è un modo di dire piuttosto assurdo, non trovi?
Soprattutto riferito alle persone.
Perché proprio quando credi di conoscere qualcuno ecco che spunta fuori in lui qualcosa che non conoscevi, come quando fai il cambio stagione e ritrovi nelle tasche di vecchi giacconi invernali banconote da cinque euro un po' stropicciate.
Quindi, Aurora, anche le persone che crediamo di conoscere meglio nascondono sempre qualcosa che sveleranno col tempo, o che probabilmente nasconderanno per sempre.
Non è un'allusione a Luca, sta tranquilla.
O magari, tranquilla no.
Arrivata in Villa Borghese non vorrei più dover andar via.
Quel posto è magico, io te l'ho sempre detto.
Giro e rigiro, mi fermo ad ammirare i cavalli, sorrido nel vedere bambini che improvvisano partite di calcio e quasi mi commuovo quando una coppia di anziani mi passa davanti dividendosi un gelato al cioccolato.
Poi raggiungo il laghetto e mi siedo in quello che, quando abitavamo nella città eterna, era il mio posto segreto.
Ci venivo sempre e a volte vi trascorrevo l'intero pomeriggio, e quando tornavo a casa al tramonto la mamma si arrabbiava perché era preoccupata.
E poi finivamo sempre per ridere tutte insieme perché le sue arrabbiature duravano sempre dieci minuti.
Le tue invece, Aurora, sono infinite.
Quando tornerai a parlarmi?
Non so più né che pensare né cosa sperare.
Devo ancora comprare il biglietto di ritorno, ma non so che giorno tornare.
Va beh, ci penserò domani, ora è tardi Aurora, devo dormire.
Buonanotte,

A.

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