15. L'evasione

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Non sapevo cosa Jerome aveva voluto farmi intendere quel giorno ad Arkham. Sicuramente niente di buono se detto da un pazzo criminale. Devo ammetterlo, avevo paura. Gotham non era una città come tante altre: il crimine era all'ordine del giorno. Per le strade ognuno pensava a sè stesso. Solo i più forti sopravvivevano. Ma cosa può rendere forte una persona? La criminalità? La corruzione? Io non ero così. Sarei stata schiacciata come tanti deboli?
Tantissime domande e pensieri mi frullavano nella mente senza fermarsi un attimo. Mi girava la testa. Volevo solo che tutto finisse.

...

Mi ero persa. La strada non mi era familiare. Mi guardai un po' intorno ma riuscii a vedere solo un enorme groviglio di vicoli scuri. I miei occhi si fermarono poi su una farmacia. Entrai per chiedere informazioni. C'era la fila. Osservai gli scaffali per ammazzare il tempo quando le parole della donna di fronte a me attirarono la mia attenzione:
«Lee Thompkins» disse.
La farmacista infilò un farmaco in una busta di plastica e lo diede alla signora, la quale uscì dalla farmacia così velocemente da non poterle vedere bene il viso. Era il destino? Forse quella donna era veramente la Lee di mio padre.
«Come posso aiutarti?» domandò la farmacista da dietro il bancone.
«Non fa niente» dissi schietta senza neanche rivolgerle lo sguardo. Corsi via dalla farmacia ma Lee Thompkins non c'era più.
Tornai a villa Wayne e raccontai l'episodio a Bruce. Selina se n'era andata, come al solito.
«Jerome deve saperne qualcosa» dissi.
«Non puoi continuare ad entrare ed uscire da Arkham, l'ultima volta ti hanno quasi beccata» disse Bruce.
Aveva ragione. Ma era l'unico modo.
Lasciai Bruce e andai in camera degli ospiti per pianificare tutto.
Era meglio non dirlo a nessuno, neanche a Selina. Mentre giravo per le strade avevo notato in vetrina delle parrucche: un travestimento mi avrebbe fatto comodo. Senza farmi notare da Alfred uscii e andai a comprare l'occorrente: parrucca, lenti a contatto. Optai per prendere delle lenti marroni. I "capelli" della parrucca erano castani. Ero praticamente irriconoscibile. Avere un travestimento ed un piano segreto mi spaventava e allo stesso tempo esaltava. Mi sembrava di essere come quelle spie dei film. Chiamai un taxi per Arkham. Mentre ero nel veicolo provai a pensare ad un nome per il mio personaggio.
«Eliza Smith» dissi all'infermiere di turno.
«A quest'ora gli internati si trovano nella sala comune» affermò l'uomo.
«Capisco... Potrebbe portarmici adesso?» domandai trascinando delle banconote sul bancone. L'infermiere si guardò intorno e svelto afferrò il gruzzolo.
«Prego, mi segua» disse. Sorrisi e lo seguii.
La sala comune era forse uno degli spazi più inquietanti di Arkham. Già da fuori riuscivo a sentire le risate, le urla e una musichetta che suonava ripetutamente.
«Le concedo mezz'ora» disse l'infermiere lasciandomi entrare.
Osservai i vari volti nella stanza per trovare Jerome. Era seduto su un tavolo vicino ad altri internati tra cui Barbara. Mi avvicinai a loro. Mia madre non mi riconobbe.
«Ti sei persa tesoro?» disse un uomo facendo un ghigno malefico.
«No... sono esattamente dove dovrei essere» risposi un po' intimorita.
Barbara si girò verso di me.
«E chi saresti?» mi chiese. Era sdraiata su Sionis, un uomo che aveva arrestato Jim. Guardai Jerome. I suoi occhi, incrociandosi con i miei, si spalancarono.
«Malia Gordon!» esclamò.
Rimasi scioccata. Come aveva fatto a riconoscermi? Mi tolsi la parrucca.
«Sono colpita» dissi. Jerome sorrise. Barbara rimase a bocca aperta.
«Adesso, se non vi dispiace, dovrei parlare da sola con Jerome» affermai. Il rosso si alzò. Ci spostammo in un angolo della stanza.
«Queste visite si stanno facendo frequenti» mi disse.
«Non ho tempo da perdere. Ora dimmi tutto quello che sai su Lee Thompkins»
«Cosa ti fa pensare che io sappia qualcosa?» domandò.
«Lavora qui giusto? Avrai sentito parlare di lei...».
«Cosa ottengo in cambio?»
«Potrei non romperti il naso, per esempio» risposi furiosa. Jerome rise.
«Mi piace la tua determinazione... Lee Thompkins eh? Bhe... so che è fidanzata con Jim Gordon...».
Sbuffai.
«Dimmi qualcosa che non so». Jerome fece spallucce.
«E tutto quello che so» rispose. «Il punto è: è veramente questo il motivo per cui sei qui?».
Rimasi in silenzio. Lui fece un risolino e tornò a sedersi. Stetti ferma nell'angolo a riflettere. Passò qualche minuto finchè nella stanza venna buttata una bomboletta. Tutti la osservarono incuriositi. Dopo un secondo la bomboletta rilasciò uno strano gas. Svelta mi coprii il naso e la bocca e corsi via. Con la coda dell'occhio vidi vari internati svenire. Corsi per i corridoi. Sentivo urla, spari... Era questo che Jerome voleva dirmi? Mi fermai un attimo per vedere se c'era qualcuno dietro di me. Non vedendo nessuno mi tranquillizzai e presi fiato. Gli spari erano cessati. Il battito del mio cuore stava via via rallentando.
L'ultima cosa che ricordo è che qualcuno mi mise un fazzoletto sulla bocca. Avevo provato a dimenarmi ma non era servito. La mia vista si era offuscata. Avevo perso i sensi.
Alloooora, come promesso ecco qui il capitolo 15. Ora che è finita la scuola (non riesco ancora a crederci) prometto che posterò più spesso. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Aggiornerò presto! ❤️🎪

Cute But Psycho|| Jerome ValeskaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora