9. Incertezze

539 29 1
                                    

I piedi di Jim battevano forti sul cemento della strada. Io cercavo di restare calma. Contavo i passi, pensavo...
Ci fermammo a qualche isolato dalla centrale.
Lui non diceva niente, io nemmeno. Ogni volta che scrutavo il suo sguardo notavo gli occhi infuocati, le sopracciglia inarcate, i denti digrignati. Era una bomba pronta ad esplodere.
Non sapevo cosa dire.
«Quindi... niente più cinema?» domandai ironica.
Nessuna risposta, ovviamente.
«Perchè non sei rimasta con Harvey?!» chiese Jim aggressivo.
I miei occhi si spostarono sul cemento.
«Lui era impegnato. Mi stavo annoiando...»
«E così hai pensato bene di andare a fare quattro chiacchiere con Jerome Valeska!» disse lui alzando le mani al cielo.
La mia voce si fece sempre più tremolante.
«M.. m.. ma... non stava facendo nulla di male...»
«È un criminale, Malia!» sbraitò Jim con un tono troppo forte. Non mi aveva mai risposto così. Si ricompose poco dopo notando la mia faccia paralizzata dallo spavento.
«Un solo passo falso e sei finito» disse puntandomi un dito sul petto.
Io lo ascoltavo in silenzio.
«Ascoltami bene, lo so che da dietro le sbarre i criminali possono sembrarti innocui... Ma non hai idea di che cosa sono capaci di fare».
«Non ha alzato un dito contro di me» provai a controbattere.
«Ha ucciso sua madre! Cosa ti fa pensare che non possa farti del male?».
Ammutolii.
Mio padre si mise le mani tra i capelli. La sua fronte grondava di sudore.
«Mi dispiace» dissi.
Lui fece un mezzo sorriso e mi accarezzò la spalla. Tornammo alla macchina, diretti verso casa.
Guardai lo specchietto retrovisore.
Notai un grosso furgone della polizia: dei poliziotti stavano trasferendo i detenuti ad Arkham. Tra questi vidi il ragazzo dai capelli rossi. Non era affatto preoccupato, anzi. Rideva, nonostante la camicia di forza e la consapevolezza che avrebbe passato il resto della sua vita in un manicomio. I nostri sguardi si incrociarono. In quel momento, non so come o perché, fui certa che quello non sarebbe stato il nostro ultimo incontro.
L'idea mi faceva paura e elettrizzava al tempo stesso. Quel ragazzo sapeva delle cose. Dovevo solo scavare più a fondo.

...

«Va tutto bene?» domandò Jim.
Alzai lo sguardo dal tavolino da caffè.
«Sì, perché?»
«Non mangi» mi fece notare.
Il piatto di spaghetti era ancora pieno. Mi scusai.
«Stavo... pensando» dissi.
«A Jerome?» chiese lui. Un brivido mi corse lungo la schiena.
«No io...» provai a dire ma venni interrotta dal suono del campanello. Mi alzai e andai ad aprire. Chi poteva essere a ora di cena?
Dietro la porta comparve Selina Kyle. Aveva i capelli già sistemati per il ballo della Wayne Enterprises. La feci entrare velocemente in casa. Jim se ne era andato in cucina per non disturbarci.
«Malia mi devi aiutare!» gridò Selina senza aggiungere altro. Non si era neanche tolta il giubbotto di pelle.
«Ciao Selina, felice di rivederti anch'io» dissi ironica. Selina non si perse in chiacchiere.
«Malia ti prego! Non ho niente da mettermi per il ballo di stasera!».
Sbuffai scocciata. Vestire Selina Kyle non era esattamente tra i miei programmi per la serata. Frugai nell'armadio in camera di Jim. Erano rimasti alcuni vestiti di Barbara. Dalla scarpiera presi inoltre un paio di decolté della mamma. Portai il tutto a Selina la quale mi fissò con stupore.
«Wow! Con questa roba sono pronta per Hollywood!» esclamò.
Sorrisi.
«Avanti, il red carpet ti aspetta!» dissi trascinandola in bagno. Una volta vestita la aiutai a truccarsi. Per gli occhi utilizzai un ombretto rosa pesca in tinta con il vestito. Per le labbra scelsi invece un rossetto un po' più scuro. Era bellissima. Bruce sarebbe sicuramente caduto ai suoi piedi. Approfittai per chiederle di lui.
«Allora... Ho saputo che andrai con Bruce stasera».
Selina si limitò ad annuire, concentrata a fare una linea di eyeliner senza sbavature.
«Bruce è carino no?» dissi per stuzzicarla. Selina sorrise e si girò verso di me.
«Avanti Mal, non fare tanti giri di parole. So di piacergli».
Rimasi spiazzata.
«E tu... che intenzioni hai?» domandai con un filo di voce. Fece spallucce.
«Non lo so... è carino, molto educato»disse.
Non ci dicemmo più nulla. Si mise le scarpe e, anche se un po' a fatica, uscì di casa ringraziandomi.

Okaaaay. Questo era il nono capitolo. Spero vi sia piaciuto. Presto (spero) uscirà il decimo dove succederanno cose interessanti... MUHAHAHAH. Comunque volevo dirvi che il motivo per cui ho messo quella foto a inizio capitolo è perchè sono stata a Berlino🛩
È una città molto bella quindi se non ci siete mai stati ve la consiglio 😜. Al prossimo capitolo 💋💫

Cute But Psycho|| Jerome ValeskaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora