Donne I

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Caro diario,

Ti confesso che ho paura, come mai ne ho avuta. Più questa cosa va avanti e più la paura cresce, rendendomi sofferente. Quando lo vedo il mio corpo diventa preda di un incommensurabile senso di passione, vincolandomi alla sua anima con un nodo impossibile da sciogliere. Lo voglio, con tutta me stessa. Da quando i miei sentimenti si sono risvegliati, mi sento parte di un universo parallelo, dove qualsiasi cosa faccio è legata al fatto di volerlo avere più vicino a me. E sono egoista, fottutamente egoista. Questo desiderio mi sta avvelenando e potrebbe portarmi alla distruzione; ma come può una cosa così bella essere così pericolosa? Non so come guarire!

L'unica verità che conosco è che fremo dalla voglia di vederlo, ardo di impazienza. Cresce ad ogni ora, minuto e secondo. Non lasciarmi mai, tienimi sempre con te. Cosa mi hai fatto? Perché tremo al solo pensiero di incontrare i tuoi occhi? Non hai idea di quanto vorrei che il tempo si fermasse quando siamo insieme, in modo da essere ibernati in uno stato di eterna gioia e spensieratezza. Credo che la mia condizione di impazienza non si attenuerà nel tempo, ma crescerà in modo direttamente proporzionale ai miei sentimenti. Al contrario di come molti credono, il tempo non guarisce le ferite, si limita solo medicarle. 
Quanto durerà il nostro per sempre?

Grazie di ascoltarmi sempre,
Linda.

La ragazza chiuse il piccolo quadernino e lo ripose al solito posto. Era un mantra, un rito. Tutte le sere, dalla sua minuscola cameretta, dialogava con le pagine di carta. Nessuno la poteva capire meglio e nessuno poteva ascoltarla come faceva lui.
Stese le gambe sul letto e spofondò la testa nel soffice cuscino. Il suo respiro era l'unico rumore. Osservava le stelle fosforescenti appese al muro e assaporava la magia della notte. Tutta la casa era avvolta dalle braccia dell'oscurità e la ragazza era sola, in quartiere di bestie e belve. In certe zone di Cogoleto la notte era terrificante e accadevano cose orribili, che i cervi non potevano neanche immaginare. Il suo era un mondo dove solo i più forti sopravvivevano: non c'era pietà per gli agnelli.
Linda aveva messo da parte i conflitti interni, le guerre con la sua psiche e le battaglie di confine. Si trovava in uno stato di pace temporanea. La sua camera al buio era bellissima: i libri, le foto e i poster assumevano un'aria mistica. La magia stava proprio nel poterle solo intravedere le cose, conferiva loro un aurea misteriosa.
Sentì il comodino vibrare. Il telefono la distrasse dalla sua meditazione.
I grilli cominciarono a cantare e la brezza filtrava nella stanza attraverso la finestra.
Il messaggio citava:
Sali sul tetto.

Una delle cose più belle in natura, dove tutto è meraviglioso, è lo sguardo, o l’incontro degli occhi; questa comunicazione rapida e perfetta che trascende parola e azione. Perché a volte ci sono parole che non dicono niente, ma sguardi che dicono tutto.
Mario la stava aspettando. Non appena si videro scattò quel qualcosa che scattava tutte le volte che due anime gemelle si incontravano. Essi però lo ignorarono e rimasero qualche secondo ad osservarsi in silenzio.
Le stelle brillavano nel cielo limpido e tutta Genova si estendeva davanti a loro. Il mare sembrava essere un tutt'uno con le luci della città, non si riusciva a vedere il confine. La luna si rifletteva sulla specchio d'acqua, creando un'atmosfera pulita ed argentea.
Erano i primi di maggio, ma la brezza era molto fresca: entrambi avevano la pelle d'oca.
"Hai freddo" Linda non usò un tono né dolce e né acido, si limitò a fare una semplice constatazione.
"Anche tu" I capelli di Mario erano come sempre disordinati, ma Linda cominciò a sospettare che fosse lui stesso a metterli in quel modo.
"Si" Lei si avvicinò un poco. Una pantera che tastava un territorio molto pericoloso.
"Vuoi la mia felpa?" Non lo disse affatto per cortesia, ma solo per convenzione.
"Figuriamoci" Una regina non accettava questo tipo di regalo. Una regina non si mostrava debole, mai.
"Era ovviamente una domanda retorica. Ho così freddo che neanche l'assenzio riuscirebbe a scaldarmi" La pelle olivastra era tutta rialzata e le labbra avevano assunto una leggera tonalità violacea.
"Io ci riuscirei" Linda fece ancora una constatazione, senza utilizzare quell'orribile tono malizioso. Non cercava di provocarlo, lei era abbastanza sveglia da poterselo prendere da sola.
"Di sicuro" Il ragazzo si avviò verso il bordo, camminando cautamente sul tetto. Le tegole facevano rumori strani e si spostavano leggermente al suo passaggio.
"È inagibile, dovresti fare più attenzione" Linda conosceva bene il tetto, prima che venisse chiuso lei ci andava sempre. Sapeva dove mettere i piedi e conosceva le parti più stabili. La zona verso la quale si stava dirigendo Mario era la più pericolosa.
"Va bene" Le parole della ragazza gli entrarono da un orecchio e gli uscirono dall'altro. Continuò a proseguire verso il bordo.
Mario pensava di sapere quello che faceva, era convinto di non rischiare. Era abituato a camminare sui tetti ad altezze impressionanti. Tutti i giorni sfidava la sua paura, combatteva contro le vertigini. Aveva sempre avuto timore dei posti troppo alti, ma da qualche anno a quella parte la paura si era trasformata quasi in terrore. Due anni prima aveva preso un forte colpo vicino ad un orecchio, durante un match di pugilato. I cristalli si staccarono dai canali interni dell'orecchio e ciò determinò il peggioramento dell'equilibrio e di conseguenza, diede impulso all'aumentare delle vertigini.
Era così immerso nel ricordo del match passato, che non si rese conto di trovarsi su una tegola pericolante. Non era lontano dal bordo del tetto.
Un movimento azzardato e si sarebbe spiaccicato sulla strada, a circa 30 metri di distanza.
La paura paralizza, risucchia i riflessi. Non riusciva ad indietreggiare, non riusciva ad andarsene. Era come se una forza invisibile lo avesse imprigionato, impedendogli di muoversi.
Era già proiettato nella caduta ma non riusciva ad immaginare l'atterraggio.
Morire davanti alla prima ragazza che aveva amato non era certo la fine più dignitosa.
Poi una mano lo tirò, facendolo indietreggiare.

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