questa serata è pallosa. maya mi ha dato buca all'ultimo minuto, shawn dorme e io non conosco nessuno tranne il mio capo che però va da una parte all'altra. mi chiedo ancora per quale motivo abbia deciso di tenere starbucks aperto per la promozione di un libro. controllo l'orologio: mancano ancora due ore alla fine di questa "festa".
un ragazzo moro, con una camicia azzurrina e i jeans stretti viene verso di me.
«ciao.» mi dice.
«ciao.» ribatto. «se vuoi qualcosa, sappi che la macchinetta del caffè non è più a disposizione del pubblico. ho smesso di fare frappuccini mezz'ora fa.»
«no, non voglio un frappuccino tranquilla.» dice e ridacchia, mostrandomi una fila di denti bianchi. «piacere, mi chiamo james.»
«alison.» dico io e stringo la mano che mi porge.
«da quanto lavori qui?» mi domanda lui.
«due anni. tu invece che fai?» chiedo io. finalmente sto parlando con qualcuno che non mi faccia ribrezzo e anche qualcuno che sembra avere due anni in più di me e non venti.
«mi occupo dell'impaginazione di libri.» risponde lui. io alzo le sopracciglia come per dire "wow, interessante" e annuisco un po'.
«quindi ti sei occupato tu del libro che stanno praticamente pubblicizzando.» constato io e lui annuisce.
«senti, vuoi qualcosa da bere?» domanda lui e nota la bottiglia di spumante poco lontana. io annuisco. lui si alza, riempie due bicchieri e poi torna a sedere sullo sgabello davanti a me.
«grazie.» dico e bevo un sorso.
«senti ma ti va di uscire un po' di qua? io non sopporto le feste.» dice lui e io accenno un sorriso.
«menomale lo hai detto.» dico io. mi alzo, avviso il mio capo, prendo il cappotto e usciamo dal negozio. iniziamo a camminare per le vie di los angeles e parliamo del più e del meno finché non ci fermiamo in un bar a mangiare delle patatine.
«posso farti una domanda?» chiede lui.
«già questa è una domanda.» sorrido io e lui alza gli occhi al cielo ma mantiene il sorriso.
«sei impegnata?» chiede lui e mi guarda negli occhi. io per poco non mi strozzo con una patatina.
«è complicato...» rispondo io, abbassando lo sguardo.
«ah... in che senso?» domanda lui. quando lo guardo, mi sento quasi in colpa. penso proprio che sperasse in una risposta completamente negativa.
«siamo impegnati l'uno con l'altra ma io non voglio che si sappia a giro.» rispondo io.
«e per quale motivo?» domanda nuovamente con un sopracciglio inarcato.
«perché ho paura di quello che potrebbero pensare gli altri.» rispondo io. non so con quale coraggio io sia riuscita ad aprirmi così tanto con uno sconosciuto ma fa bene parlare con una persona che non sa niente di te, riguardo a queste cose. non può giudicarti più di tanto.
«posso darti un consiglio?» dice lui e io annuisco. «se ti interessa veramente, non nasconderlo. prima o poi lui si stancherà di tenere la relazione all'oscuro.»
io annuisco e lo ringrazio. mi offre le patatine e poi mi riaccompagna a casa.
«magari ci possiamo comunque sentire.» dice lui mentre scrive il suo numero su un foglietto.
«sì, certo. grazie ancora per le patatine.» dico io e dopo averlo salutato con la mano, entro in casa, vado in camera e mi addormento completamente vestita e truccata.