Prologo

338 51 104
                                    

"LoveGame di Lady Gaga".

***

Un anno prima.

E i miei piedi mi ci trasportano quasi a forza, fuori dall'orfanotrofio che di anni me ne ha strappati fin troppi — circa diciotto o poco più.

Le orecchie son tese, ma non troppo, ad ascoltare le parole di colei che per me ha ricoperto il ruolo di madre, accogliendomi tra le sue braccia per proteggermi dal mondo esterno. Parlo di Mary, la donna a capo dell'orfanotrofio che, non so per quale assurdo motivo, è riuscita ad affezionarsi a me, a una bambina che di bontà non era ingorda.

«Tornerai a farmi visita, vero, Margot?» mi dice lei, appoggiando le mani sulle mie spalle. Vorrei tanto dirle che sì, tornerò, ma purtroppo non penso accadrà. Ho bisogno di staccarmi dal mio passato e di vivere il mio presente per costruire il mio futuro.

Imprimo nella mia mente la sua immagine per l'ultima volta, con i capelli biondi a incorniciarle il viso dalla candida pelle e gli occhi piccoli e chiari.

Rivolgendole un ultimo e malinconico sorriso, mi incammino verso la fermata dove il pullman per il centro della città mi aspetta.

Mi siedo e, dopo aver depositato i pochi bagagli che possiedo, abbandono la testa sul freddo vetro del finestrino. Il sole è stato pestato a sangue dalla luna, che mica si è preoccupata di medicarsi le nocche, poi. Le ha tenute sbucciate e con il sangue che colava e, bingo!, son nate le stelle.

Dopo circa due ore, finalmente noto il pullman parcheggiare in un'area di servizio che sembrerebbe anche accogliente, se non la guardassi con occhio critico. Questo perché le pareti sono rovinate, ma il rosso scuro dona loro un'aria più calda e calorosa. Penso che la cosa più importante, per una tavola calda lungo la strada, sia proprio l'accoglienza che viene offerta ai viaggiatori.

Dando un'occhiata in giro, noto la presenza di qualche famiglia e la cosa mi fa ribrezzo, ché io che posso saperne di ciò che si prova a fare un viaggio con i propri genitori? Assolutamente niente. Per diciotto lunghi anni ho provato a immaginare la mia vita insieme a loro, i compleanni che avrei potuto trascorrere insieme alle persone che mi hanno data alla luce. Invece no, accidenti.

Prima di entrare, domando all'autista quanto tempo sosteremo e mi risponde che ho solo quindici minuti per sgranchirmi le gambe. Sicuramente io li sprecherò nel comprarmi un pacchetto di sigarette, un po' di cibo e nell'andare in bagno.

Di soldi non ne ho tanti e quindi non posso buttarli via per i primi pacchetti di caramelle che mi capitano davanti agli occhi. "Usali con parsimonia" mi ha detto Mary, quindi scelgo di ascoltarla. Prendo due panini, una bottiglietta d'acqua e un pacchetto di sigarette a caso. Sia chiaro, io non ne ho mai fumata nessuna, ma adesso sento il bisogno di creare una barriera tra me e la vecchia Margot, qualcosa che mi differenzi da lei.

«Philip Morris, uno, grazie» dico al commesso dietro la cassa che con voce roca e raschiata dal mal di gola – forse – mi dice il prezzo. Gli consegno la banconota e, dopo aver riposto nel mio zaino i viveri, intasco anche il veleno.

Poiché non mi rimane molto tempo, decido di andare alla toilette. Appena entro nell'antibagno noto la presenza di lavandini in comune e due porte che separano i due sessi. Entro in quello femminile, ma trovo davanti a me una visione orripilante: è tutto sporco, piastrelle del pavimento comprese, insieme a un odore nauseabondo che mi spinge a uscire alla svelta.

ProhibitedDove le storie prendono vita. Scoprilo ora