La mattina seguente mi svegliai riposata e allegra, la semplice consapevolezza di non dover prendere la macchina per andare all'università era più rilassante di un corso semestrale di yoga. Faceva freddo, ero riluttante ad abbandonare il piumone e lasciarmi torturare dal gelo natalizio, ma la fame ebbe la meglio, così rinunciai al tepore del letto per andare a fare colazione.
Erano le nove di mattina e mia madre già era davanti ai fornelli. Metà del tavolo della cucina era occupato da un numero spropositato di pietanze.
«Perché stai cucinando per un esercito?» domandai con la bocca ancora impastata di sonno.
Lei si girò e sgranò gli occhi interdetta.
«Che giorno è oggi, mia cara?»
Impiegai poco a realizzare. Era il 22 dicembre, il compleanno di mia nonna paterna. Essendo nata il 25 l'ideale sarebbe stato festeggiare a Natale stesso, in pratica però mia nonna era un tipo permaloso e aveva sempre avuto la sindrome da primadonna, condividere il giorno del suo compleanno con qualcun altro lo riteneva un affronto
«E chi sarebbe lui?» diceva sempre.
«Gesù Cristo.» le ricordavamo tutti.
«E quindi? Scegliete, o me o lui!»
Alla fine avevamo scelto entrambi, lei il 22 e Gesù il 25. La scelta si traduceva in un ulteriore cenone che spesso e volentieri risultava ancora più abbondante di quello Natale, in una torta di compleanno alle fragole perché mia nonna la pretendeva con le fragole ignorando come non fossero di stagione e per di più con tante candeline quanti erano gli anni che compieva. Le candeline con due semplici numeri non le piacevano, pretendeva quelle singole.
«Hai comprato ottantacinque candeline?» chiesi sghignazzando.
«Ti prego, non farmici pensare. Ho girato almeno una ventina di negozi per trovarle.»
«Non potevi ordinarle su internet.»
«Ti pare che io sappia usare quel coso?»
Mia madre era in grado di scovare in un mercato delle pulci, sepolto da una valanga di cianfrusaglie e schifezze, un mobile in stile veneziano dal valore centinaia di euro, ma non sapeva nemmeno accendere un computer.
«Quando hai fatto colazione, cambiati e vieni a darmi una mano qui in cucina. Renditi utile che non è che torni a casa per fare l'ospite! Devi collaborare.»
«Va bene.» brontolai alzando gli occhi al cielo.
Dovetti sopportare per una mattina e un intero pomeriggio mia madre che mi impartiva ordini.
«Prendi la tovaglia verde ricamata, quella rossa la usiamo a Natale.»
«Siamo venticinque in totale, prendi venticinque bicchieri di cristallo dalla credenza e fai attenzione a non rompere nulla.»
«Vai nel capanno dietro casa a prendere la legna per il fuoco.»
«Porta giù uno scialle per tua nonna e mettilo in un angolo, appena inizierà a digerire avrà freddo e non voglio sentire alcun suo lamento.»
Mi sfruttò come un colone, impietosa e sempre pronta a invitarmi a darmi una mossa. Mia sorella ovviamente non aveva fatto nulla.
«È stanca, poverina.»
«Certo, io che studio dalla mattina alla sera invece gioco a carte.»
Gli invitati sarebbero arrivati alle sei e noi finimmo di curare ogni dettaglio alle cinque e un quarto.
Con le gambe doloranti e le braccia indolenzite per aver impastato una quantità indefinita di dolci, mi trascinai verso il bagno per fare una doccia. Non feci in tempo nemmeno ad abbandonarmi al caldo getto ristoratore che mia sorella bussò alla porta.
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Camera vista Colosseo
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