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 E con questo buonanotte :)

Il 25 dicembre fu un Natale memorabile. Mio padre al termine del pranzo, con del vino che gli infondeva coraggio, disse ogni cosa. Si colpevolizzò e pianse dinanzi a tutti, io nel frattempo dovetti pizzicarmi un braccio per non scagliargli addosso un piatto.

Tutti i presenti divennero attoniti, poi iniziarono le domande, poi le proposte per cercare un'eventuale soluzione e infine, quando compresero come non ci fosse più nulla da fare, si limitarono a dare pacche a mio padre sulle spalle e a ringraziare segretamente il Signore che gli aveva dato più sale in zucca rispetto a lui.

I miei nonni materni e mia nonna paterna erano amareggiati e arrabbiati, quando tutti se ne furono andati rimasero solo loro a dargli addosso e a ricordargli come fosse un cretino di prima categoria. Lui subì in silenzio, mentre mia madre fumava come una ciminiera per combattere il nervoso e mentre io e mia sorella piangevamo in silenzio, consapevoli del futuro che avevamo perso.

Mio padre promise che avrebbe rimediato in qualche modo, ma mio nonno gli disse di non fare nulla che, incompetente come era, avrebbe solo peggiorato la situazione. Non aveva tutti i torti.

I miei nonni si sentirono ancora più mortificati quando mi dissero che, anche volendo, non sarebbero stati in grado di coprire le mie spese universitarie. Potevano darmi un contributo, ma diecimila euro erano troppi.

Valutammo assieme l'idea chi chiedere un prestito in banca, ma non ce lo avrebbero concesso visto che mamma non lavorava e l'azienda non stava andando benissimo in quel periodo, infatti per pagarmi l'università avevamo sempre fatto affidamento sul denaro già in nostro possesso.

L'unica soluzione era aspirare a una borsa di studio, ma quando accedei al portale per scaricare i bandi, mi accorsi di come la data di scadenza fosse stata già superata. Sembrava una presa in giro: l'ultimo giorno per avanzare la richiesta era stato il giorno stesso in cui mi avevano comunicato la brutta notizia. Un orribile scherzo del destino.

Avrei potuto lavorare, ma comunque non sarei riuscita a raggiungere la quota stabilita. Per un attimo avevo pensato anche di iscrivermi a un'agenzia di squillo di lusso. In fondo ero dotata di una bellezza superiore alla media, ero sveglia e se me la fossi cavata bene avrei potuto guadagnare abbastanza da potermi pagare anche un master. Quando però stavo per indossare un microscopico tubino nero per scattarmi delle foto da inviare, mi ero resa conto che stavo esagerando, di aver raggiunto il limite, così avevo bocciato l'idea.

Dovetti arrendermi all'evidenza: non potevo più frequentare un'università privata.

Quando tornai a Milano dalle vacanze natalizie ero in uno stato di depressione misto ad angoscia sul mio futuro. Studiai per distrarmi il più possibile e il mio disperato tentativo mi permise di superare brillantemente gli esami, ma quando arrivò marzo la musica cambiò. Gli esami erano terminati e non avevo nulla su cui buttarmi a capofitto per non lasciarmi buttare giù dal conto in rosso della mia famiglia. Durante una serata organizzata con alcuni colleghi per festeggiare la fine della sessione invernale, ero riuscita a rilassarmi abbastanza da realizzare come non potessi lasciarmi sopraffare dagli eventi. Se non potevo combattere, almeno dovevo trovare una via di fuga. Il giorno successivo, ancora stordita per l'alcol ingerito la sera prima, dopo aver ingurgitato tre caffè, mi ero messa al computer per cercare l'università in cui avrei dovuto trasferirmi.

Trascorsi quindici ore davanti lo schermo, continuando a buttare giù caffè e sopportando gli occhi gonfi e arrossati.

Formulai un elenco delle università italiane statali che offrivano i migliori corsi di fisioterapia. Lessi le opinioni riguardo ognuno di essi, la percentuale di ragazzi che avevano trovato lavoro subito dopo la laurea, i contatti che le università vantavano con enti sportivi o cliniche di riabilitazione, le possibilità di ottenere delle borse di studio, la competenza dei docenti e la loro disponibilità. Restrinsi la rosa a poche università, poi proseguii la ricerca.

Per la scelta era importante tenere in considerazione anche la città. Doveva essere un posto che mi garantisse dei mezzi di trasporto adeguati visto che avevo deciso di vendere la mia auto per racimolare qualche migliaia di euro, ma soprattutto doveva essere una città importante e caotica. Avevo vissuto per anni in un posto tranquillo, dove tutto scorreva lentamente, al limite della noia, quando ero approdata a Milano mi era sembrato il paradiso. Gente che correva a destra e sinistra, caos, semplicemente, vita. Poco mi importava dello smog e dell'isteria della gente, amavo le grandi città perché c'era sempre qualcosa di nuovo da scoprire.

Analizzando le opzioni rimaste, fu quasi ovvia la scelta: Roma. Le rimanenti città erano delle province forse ancora più desolate di quella in cui ero stata allevata. Stando alle opinioni, a Roma i mezzi di trasporto lasciavano a desiderare nonostante fosse la capitale, ma nella mia condizioni mi rendevo conto che non potevo chiedere la botte piena e la moglie ubriaca. Se la scelta era tra una delle migliori facoltà in fisioterapia e degli efficienti mezzi pubblici, la prima avrebbe sempre avuto la meglio.

Al massimo la mattina mi sveglierò prima per non rischiare di sedermi nelle ultime file dell'aula.

Avevo deciso. Mi sarei trasferita a Roma. Quando lo comunicai alla mia famiglia non si opposero, i rapporti con loro erano divenuti più freddi e non avrebbero mai osato immischiarsi.

«Roma è cara come città.» commentò mia madre a disagio.

«Cercherò di farvi risparmiare il più possibile.»

Passarono gli ultimi tre mesi di lezione e a giugno sostenni tutti gli esami previsti portando a conclusione il secondo anno di corso.

I miei colleghi non si curarono molto del mio trasferimento, qualcuno ne gioì addirittura. Ero brava e una laurea in quell'università mi avrebbe garantito un ottimo posto di lavoro, posto a cui quindi avrebbero potuto aspirare altri. L'unico rammaricato fu Raffaele, un ragazzo gay con cui avevo legato molto nei due anni milanesi. Dopo aver firmato l'ultimo trenta e lode della sessione e aver sistemato le pratiche burocratiche per il trasferimento, ci eravamo concessi un aperitivo assieme. Era davvero dispiaciuto.

«Posso venire a trovarti a Roma?» chiese con tristezza.

«È diverso, se non vieni a Roma mi offendo e ti ci trascino io assieme al tuo fidanzato.»

Trascorsi luglio e agosto dentro casa. Il viaggio in Finlandia era saltato per ovvi motivi visto che non potevo permettermi una vacanza, e tra l'altro non avevo nemmeno amiche strette con cui partire. Dedicai così quei mesi alla ricerca di stanza da prendere in affitto. La capitale brulicava di annunci e per giorni interi spulciai i siti internet. Alla fine trovai una sistemazione che mi allettava e nemmeno poco.

Camera vista Colosseo.

Era una camera in un appartamento all'ultimo piano di un palazzo storico. Avrei dovuto condividere la casa con altre tre coinquiline e per me sarebbe stata un'esperienza tutta nuova visto che avevo sempre vissuto in un monolocale. La stanza non era in ottimo stato, ma era vicino alla metropolitana e mi chiedevano solo duecento euro di affitto mensile, un prezzo ridicolo per essere al centro di Roma, soprattutto considerando che dalla finestra si vedeva il Colosseo.

Quel prezzo basso e la posizione centrale puzzavano di marcio, ma non mi posi troppe domande visto che era l'unica opzione che mi potevo permettere. In alternativa era disponibile allo stesso prezzo una stanza in una villa sperduta nelle campagne di Roma e non mi sembrava il caso visto che dovevo far fare riabilitazione alle persone a non alle mucche.

Guardai le foto della stanza più volte, fino a stamparmele bene in testa. Roma aveva sempre suscitato in me un certo fascino e mi ero sempre ripromessa di visitarla un giorno, per una serie di eventi invece ero sul punto di andarci proprio a vivere, in una casa che dava sul simbolo della città Eterna. Il Colosseo, magnificenza allo stato puro. Aveva resistito agli anni e alle intemperie, era un punto fermo della storia, un emblema di stabilità.

Potevo già immaginarmi mentre mi affacciavo alla finestra e me lo ritrovavo davanti agli occhi in tutta la sua bellezza. Sorrisi davanti al computer e per un attimo quel cambiamento radicale nella mia vita non mi sembrò più così terribile.

Spero che tu possa diventare anche il mio, di punto fermo.

Camera vista ColosseoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora