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Ero così presa dal disastro in cui si era trasformata la mia vita che, quando mi ero seduta a terra a piangere, non mi ero accorta di aver piazzato il sedere su una pozza d'olio. Purissimo olio extravergine di oliva fatto dal nonno di Paola e arrivato direttamente dalla Puglia per inzuppare i miei jeans preferiti. Nella mia camera c'era davvero di tutto, dalle conserve di pomodoro alle patate germogliate, dai sacchi a pelo ai tappetini per fare ginnastica. C'era anche un armadio, vecchio tanto quanto il letto; non appena avevo aperto le ante mi era caduta addosso una coperta in lana ammuffita, che ovviamente avrei gettato via per evitare di prendere la peste visto che sembrava risalire al Medioevo.

Impiegai una giornata intera a sistemare la mia camera. Mi sbarazzai delle cose inutili, passai la candeggina a terra per ben tre volte e pulii ogni angolo fino a sentire le mani bruciare per l'eccessivo contatto con i prodotti chimici. Mi armai anche di cacciavite per sistemare un vecchio armadio sul balcone dell'appartamento così da poterci alloggiare l'olio, le conserve e tutte le cianfrusaglie che non sapevo dove ficcare.

Ogni tanto buttavo un occhio alla stanza di Marco, era così vicina che sembrava ci fossi dentro. Era una camera enorme e molto ordinata, con l'arredo moderno completamente bianco e così luminosa da illuminare di riflesso la mia, ombrosa e umida. C'era un letto matrimoniale con una trapunta nera e davanti ad esso un televisore enorme di ultima generazione. C'era un Mac portatile sul letto e su una scrivania un Mac fisso. Doveva avere un sacco di soldi per permettersi quella roba.

'Soldi che io non ho.'

Con amarezza ricordai di avere venduto pochi mesi prima la mia Cinquecento per ricavare un po' di denaro. La mia macchina, il mio regalo dei diciotto anni... Ero stata costretta a salutarla assieme ai bei momenti che avevamo passato assieme per una cifra irrisoria. Quando mia madre me lo aveva proposto avevo dato di matto, ma era bastato poco a convincermi, o meglio due parole: bollo e assicurazione. Non potevo pagarli, ogni centesimo doveva essere finalizzato alla mia formazione universitaria.

Quando arrivò la sera ebbi una piccola gioia, le mie coinquiline mi avevano preparato da mangiare risparmiandomi l'onere di cucinare. Volevano che cenassimo tutte assieme per conoscerci meglio.

Paola era una brava cuoca, aveva preparato del pollo con delle patate da leccarsi i baffi. Conobbi anche Daiana, la coinquilina mancante; aveva comprato una torta gelato in mio onore mentre tornava dal lavoro, peccato che fosse quasi del tutto sciolta una volta arrivata a casa.

Daiana era una Jamie Sullivan ancora più bigotta, la famosa protagonista de I passi dell'amore a confronto era la reincarnazione della blasfemia. Daiana girava con una boccetta di acqua santa al collo, che gettava in modo random addosso alle persone per benedirle. La boccetta veniva ogni sera rimpinguata da un boccione d'acqua prelevata direttamente da Lourdes. Aveva i capelli raccolti in una coda bassa e vestiva un abito senape accollato lungo fino alle caviglie. Capii all'istante perché lavorava per un'agenzia di turismo religioso.

Sharon, con la puzza sotto il naso, mangiava in silenzio e ogni tanto mi lanciava qualche battuta sarcastica, spostandosi con nonchalance i capelli biondissimi.

«Non affacciarti troppo alla finestra, potresti fare incontri terribili.» avvisò.

'Certo, quegli addominali sono terribilmente perfetti.'

«Ti riferisci a Marco? Già ci siamo presentati.» dissi con finta noncuranza mentre ingurgitavo un pezzo di pollo.

«Esatto, non ci puoi fare affidamento. Chiudi la finestra e fai finta che non esista.» sbottò.

Sharon rubò l'ultima porzione di patate. Me lo aveva fatto apposta, lo sapeva che quella porzione spettava a me visto che non ne avevo toccata nemmeno una.

Camera vista ColosseoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora