7

8.3K 631 73
                                        

Stavo aspettando da un'ora e quaranta sotto il mio nuovo condominio. Era fine settembre ma il caldo non accennava a voler abbandonare la penisola. Sembrava luglio inoltrato e io stavo grondando sudore da ogni poro. Il top che indossavo mi si era appiccicato addosso. Sbuffavo e ingannavo il tempo abbassando e alzano i manici delle mie due valigie. Non potevo giocare con il telefono perché la batteria era scarica e le poche tacche rimaste mi occorrevano per fare la decima chiamata alla mia proprietaria di casa che era in ritardo.

Alla fine arrivò. Era una vecchietta dell'età di mia nonna, con le spalle curve e un vestito a fiori. Non mi arrivava nemmeno alla spalla e aveva l'aria di chi ti sta per rifilare una truffa. Sperai di sbagliarmi, anche se l'affitto troppo basso non mi rincuorava.

«Tu sei la nuova ragazza dunque. Io sono la signorina Pascal, non provare a chiamarmi signora, non sono sposata.» minacciò.

Non mi chiese nemmeno il nome, mi ordinò di seguirla all'interno del palazzo fino al quinto piano.

Era un palazzo storico e qualcuno si era prodigato per far mettere un ascensore di ultima generazione al posto di spendere soldi per una ristrutturazione. Temevo che tutto potesse crollarmi addosso da un momento all'altro.

Benedè, per duecento euro che pretendevi?

Faticai per far entrare le due valigie nell'ascensore e ovviamente la megera non mi diede la benché minima mano.

«Prima di andarmene devi darmi l'anticipo per due mesi.» mi ricordò con un sorrisino strafottente che rivelò una dentiera bianchissima.

«Lo so.» mi limitai a rispondere.

Non era esattamente l'accoglienza che desideravo.

Arrivammo all'ultimo piano e subito davanti a noi si stagliò un enorme portone in legno con una serratura che non pareva delle più sicure in circolazione.

Non riuscii a tenere a bada la lingua.

«Quella serratura non mi sembra molto sicura.»

La vecchia fece spallucce.

«Costa troppo metterne una nuova. Tranquilla, una delle tue coinquiline è cintura nera di karate, se entrano dei ladri non la passeranno liscia.»

«E se questa ragazza non è in casa qualora i ladri dovessero fare irruzione?»

Fece di nuovo spallucce.

«Affari tuoi.»

Spalancai la bocca in un misto di orrore e rabbia dinanzi a tutta quell'indisponenza. Mia nonna a confronto era un bocciolo di rosa.

«Noi ci salutiamo qui. Le ragazze dentro ti spiegheranno tutto.»

La guardai stupefatta. Non doveva mostrarmi la casa almeno?

Diamine, sei la padrona!

«I soldi...» disse con il solito sorrisino furbo e allungò la mano nella mia direzione.

Presi dalla borsa il portafoglio ed estrassi le banconote, lei le afferrò di scatto e rientrò nell'ascensore.

«Buona permanenza.» si congedò. Mi salutò con la mano deformata dall'artrosi e poi scomparve risucchiata verso il basso.

Tutto era partito con il piede sbagliato e il top incollato alla schiena per il sudore non faceva che ricordarmelo.

Spinsi il pulsante del campanello. Non emise alcun suono. Provai di nuovo. Ancora. Ancora una volta. Era rotto.

Maledetta strega.

Bussai al portone così forte che le nocche della mia mano scricchiolarono. Con un cigolio assordante venne aperto da una ragazza altissima e con i capelli castani alla garçonne.

«Ciao! Tu sei quella nuova! Io sono Paola.» allungò una mano verso di me e ricambiai la stretta con poca convinzione.

«Sì. Mi chiamo Benedetta.»

Fu così gentile da aiutarmi a portare le valigie dentro l'appartamento. Un appartamento che verteva in condizione pietose. Era pulito, ma tutto lì dentro era troppo vecchio, ogni cosa sembrava un reperto del primo Dopoguerra. C'era un corridoio lungo il quale si dislocavano le varie stanze, i muri erano ingialliti e una parete era occupata da un armadio privo di alcune ante e sui cui ripiani erano sparse carabattole. Sull'altra parete c'erano quadri dalle tele stinte raffiguranti lugubri fiori alternati a poster di cantanti e attori famosi. Tutto l'ambiente era cupo, scurito dal mobilio cadente, tarlato e marcio. In fondo al corridoio c'era un'inquietante culla dei primi del Novecento, in legno, a dondolo, che cigolava in modo sinistro. Mi avvicinai con il cuore il gola, spostai una delle doppie e impolverate tende bianche e guardai all'interno allarmata. C'era una bambola di porcellana con gli occhi di ghiaccio che mi fissava e mi rivolgeva un ghigno malefico.

«Sì, lo so. Mette paura. Era la culla della signora... ehm, pardon, signorina Pascal e quella la sua bambola preferita da piccola...»

Ora capisco perché è cresciuta così disturbata.

«Pretende che rimanga qui, nell'esatto punto di quasi novant'anni fa. È sopportabile, tranne quando la culla dondola per il vento e scricchiola, lì mette ansia.» spiegò Paola.

Volevo morire. Volevo tornare a casa e costringere mio padre a vivere in quell'appartamento.

«Siamo tre ragazze, con te quattro. Daiana è a lavoro, lavora per un'agenzia di turismo religioso, la conoscerai stasera per cena. Sharon, invece, la vedrai tra pochissimo. Io sono un'hostess di giorno e la sera, quando ho voglia, vado a ballare la lap dance in un locale qui vicino.» mi strizzò un occhio. «Si guadagna da paura e mi regalano l'intimo con cui lavoro. Yamamay, Victoria's secret, Intimissimi, quello che vuoi.»

Già mi vedevo dei magnaccia dentro casa. Sarebbero entrati senza problemi con quella serratura. Potevo vederli mentre mi obbligavano a prostituirmi e mi picchiavano e mi stupravano e...

«Tu sei cintura nera di karate?» domandai preoccupata. Avevo bisogno di qualcuno che mi difendesse, non avevo i soldi per pagarmi un corso di krav maga.

«No, ho iniziato un corso di Kung fu dance.»

«Kung fu dance?» ripetei.

«Sì. Balli riprendendo delle mosse del kung fu.»

«Quindi non sai mettere al suolo un eventuale ladro?»

«Certo che no, al massimo se mi dai un palo posso fargli la bandiera davanti.»

Mi strizzò di nuovo l'occhio e lasciò schioccare la lingua contro il palato ammiccando. Sembrava avesse dei tic nervosi.

La proprietaria di casa mi aveva mentito di nuovo. Avrei fatto una brutta fine in quel palazzo, a meno che non crollasse in quell'istante ponendo fine a tutti i problemi. C'era una bella differenza tra una cintura nera di karate e il Kung Fu Dance che non sapevo nemmeno cosa fosse, ma dal nome non sembrava garantire la massima autodifesa.

Su quante altre cose mi hai mentito, strega decrepita?

Camera vista ColosseoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora